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The Host: Recensione in Anteprima

Stephenie Meyer torna in sala abbandonando vampiri e licantropi per abbracciare uno sci-fi movie con protagonista una razza aliena. E un amore a ‘tre’ quasi impossibile…

pubblicato 27 Marzo 2013 aggiornato 31 Luglio 2020 16:56

Archiviato il boom di Twilight, l’ex casalinga mormona Stephenie Meyer torna a prestare al cinema uno dei suoi scritti, provando ovviamente a bissare il successo della precedente esperienza. Cambiando però genere. Perché dal mondo dei vampiri e dei licantropi con The Host siamo passati a quello paradossalmente ancor più inquietante e pauroso dell’invasione aliena.

The Host è infatti uno sci-fi a tutti gli effetti, con annessa immancabile storia d’amore solo apparentemente impossibile. Per riuscire a convincere la critica, la Meyer ha preteso un regista di peso, e in grado di sapersi muovere con sapienza all’interno del genere. Detto, fatto, perché Andrew Niccol è finito nella tela di The Host. Padre di Gattaca ed In Time, ma anche sceneggiatore di The Truman Show, il regista neozelandese ha così dato vita ad un mondo invaso dagli alieni, piombati sulla Terra per colonizzarci ed impossessarsi dei nostri corpi.

Una sorta di Invasione degli Ultracorpi riveduta e corretta, nobile nella regia e nelle intenzione ma assai deficitaria in cabina di sceneggiatura. Dovendo fare un paragone immediato con Twilight, The Host merita comunque tutt’altro trattamento, essendo ‘film’ a tutti gli effetti, con annessi pregi e difetti, e non un altro malloppone sentimentale in grado di sopravvivere per 4 lunghi anni grazie solo e soltanto agli ormoni sovreccitati dei propri spettatori.


Un nemico solo apparentemente invisibile minaccia l’umanità intera. E’ venuto dallo spazio, ha già colonizzato circa 10 pianeti, ed ora vuole fare altrettanto con la Terra, sempre più sfruttata da un’umanità che non merita di sopravvivere. Invadendo i corpi di uomini e donne, queste entità extracorporee, note come “anime”, stanno portando la razza umana alla sua estinzione. Se non fosse che alcuni ribelli si oppongano con tutte le forze a questa inevitabile realtà. Tra questi spicca l’umana Melanie, catturata ed ‘invasa’ da un’aliena, ma in grado di ‘gestire’ l’ingombrante presenza esterna. Accade così qualcosa di inedito ed inaspettato: le due anime entrano in simbiosi e l’aliena, che dovrebbe usare la ragazza come una pedina per arrivare agli altri ribelli, scopre invece la forza dell’amore, a lei fino a quel momento totalmente sconosciuta, schierandosi così al suo fianco e andando alla ricerca dell’amato Jared, fidanzato di Melanie, e del suo piccolo fratello.

L’amore vince sempre, su tutto. Anche sugli alieni venuti da mondi lontani e sopravvissuti oltre 1000 anni. Questo in conclusione il messaggio partorito da Stephenie Meyer, in grado di virare nettamente dai precedenti romanzi, prendendo a piene mani dal mondo della fantascienza letteraria per costruire un’altra storia d’amore impossibile, perché centrata su alieni ed umani. Se la trama non trasuda originalità, l’intreccio narrativo riesce comunque ad incuriosire lo spettatore, grazie soprattutto alla mai banale regia di Andrew Niccol, da sempre molto vicino al mondo della fantascienza e qui ancora una volta confermatosi maestro del genere. D’altronde siamo proprio così sicuri che gli extraterrestri venuti da altri Pianeti siano pericolosi, e soprattutto più cattivi di noi? Difficile a dirsi, visto che geneticamente non possono uccidere nessuno, non conoscono armi, dicono sempre la verità e rispettano i mondi che non vanno solo a colonizzare, ma di fatto a salvare da abitanti incapaci di cogliere quanto abbiano tra le proprie mani.

Peccato che a frenare l’intera opera sia la sceneggiatura, un po’ troppo spesso condita da evidenti buchi in cui ciò che non si dice o si mostra stride pesantemente, così come a far storcere la bocca è la trama originale, ancora una volta limitata dall’autrice mormona, da sempre molto attenta nel far ‘accoppiare’ coppie non sposate. Ogni riferimento a Bella ed Edward, ovviamente, è puramente casuale. Anche in questo caso il personaggio di Saoirse Ronan si ritrova in situazione al limite del ridicolo sessuale, per poi lasciarsi andare ad un vero e proprio menage a trois in realtà giustificato dalla ‘doppia’ anima del suo personaggio, chiamato a baciare praticamente tutti per farsi ‘riconoscere’ dal mondo esterno. Perché se Melanie ama Max Irons, l’alieno invasore si prenderà una cotta per Jake Abel. Peccato che il corpo sia uno e solo uno, con tutte le conseguenze del caso.

Proprio Saoirse Ronan, chiamata praticamente a dialogare con se’ stessa e per il 90% del film dotata di lenti a contatto, dimostra pesantemente di aver creduto nel progetto, in quanto serenamente in parte, anche se maledettamente lontana dall’adolescente innamorata di cui il film avrebbe avuto bisogno. Nei tanti baci sviscerati manca infatti la passione, il coinvolgimento, l’irruenza fisica, tanto da tramutare in ‘gelide’ quelle scene che avrebbero invece dovuto scaldare i cuori degli spettatori. Al fianco della Ronan, che aveva già ampiamente dimostrato di essere notevolmente ‘action’ con Hanna di Joe Wright, spiccano i due bellocci di turno, Jake Abel e Max Irons, così come un William Hurt versione cowboy saggio ma dal cuore tenero, una quasi irriconoscibile e purtroppo malamente sfruttata Frances Fisher (mamma di Rose in Titanic), invecchiata e inizialmente restia al ritorno della Ronan, e soprattutto una algida, ferrea ed implacabile Diane Kruger, cercatrice ‘aliena’ pronta a tutto pur di trovare Saoirse e i suoi amici/parenti ribelli.

Approfittando di uno script tutt’altro che visionario nel mostrarci un mondo colonizzato dagli alieni (non si va oltre le carrozzerie a specchio, le lenti a contatto e gli abiti bianco latte), Andrew Niccol sfrutta il non ricchissimo budget a disposizione concentrandosi soprattutto sugli interni, tanto da non esaltarsi nemmeno con quei pochi effetti speciali necessari, nel doverci mostrare la vera (e mal realizzata) natura aliena. Ottimamente musicato da Antonio Pinto, The Host ha la pecca di seminare con cura nella parte iniziale, per poi ripetersi faticosamente in quella centrale e perdere la bussola in quella conclusiva, dove tra operazioni, corpi comparsi dal nulla, inspiegabili ostaggi e l’immancabile (ma evitabile) happy ending, tutto o quasi sembra indirizzato verso l’ovvio e lo scontato.

Maggiore coraggio, tanto di scrittura quanto di regia, avrebbe sicuramente portato più vitalità, anche se il prodotto finale nel suo complesso supera nettamente il paragone con la precedente saga della sua autrice. Non che ci volesse molto, questo è vero, ma è pur sempre qualcosa.

Voto di Federico: 5,5

The Host (Usa, fantascienza, 2013) di Andrew Niccol; con Saoirse Ronan, Jake Abel, Max Irons, William Hurt, Diane Kruger, Frances Fisher, Boyd Holbrook, Chandler Canterbury, Scott Lawrence, Raeden Greer, Marcus Lyle Brown, Shawn Carter Peterson, Mustafa Harris, Stephen Rider, David House, Phil Austin – uscita giovedì 28 marzo 2013 – qui il trailer italiano