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Il cacciatore di giganti: Recensione in Anteprima

Tra fagioli magici e giganti assetati di vendetta, Jack intraprende l’avventura di una vita. Da povero sconosciuto a salvatore di un Regno, a cavallo tra realtà e leggenda. Sarà riuscito nella sua di impresa Bryan Singer?

pubblicato 27 Marzo 2013 aggiornato 31 Luglio 2020 16:24

«Ucci ucci, sento odor di cristianucci!». È questa la frase tormentone rimasta impressa da una delle fiabe inglesi più famose di sempre, ossia Jack e il fagiolo magico. Poco importa che in originale si trattasse di cristiani, bensì semplicemente di inglesi: la storia, ma soprattutto la nostra infanzia, ce la consegna così. Ma la vicenda di Giacomino viene qui rielaborata, non tanto attualizzata, quanto resa più “adulta” rispetto all’originale.

Trattasi essenzialmente del primo, fatale errore di Bryan Singer e soci. Essendo peraltro Il cacciatore di giganti ascritto ad un fenomeno oramai in piena voga, vale a dire quello di riadattare fiabe antiche per il grande schermo, stiamo oramai maturando un’idea via via più precisa circa l’opportunità di spingere l’acceleratore su certe operazioni. Non una questione essenzialmente ideologica, per cui il mero snaturare la fonte possa divenire oggetto di incondizionate recriminazioni; ma è evidente che partire da certi presupposti per poi approdare altrove comporti dei rischi, spesso non alla portata.

Come in questo caso, dove Singer indovina felicemente l’atmosfera per tre buoni quarti d’ora, salvo poi non riuscire ad evitare che la narrazione coli a picco. E paradossalmente tutto tende inesorabilmente al guasto proprio nel momento in cui il film avrebbe dovuto ingranare la quarta, cioè alla comparsa dei giganti. Tutto ciò che propizia tale momento è costellato di ottime trovate, già nelle primissime fasi. È questo il caso della sequenza in cui, attraverso semplici ma efficaci raccordi di montaggio, vengono alternati due contesti servendosi di un indissolubile filo logico che li lega entrambi, e che coinvolgono Jack il poveretto e la principessa Isabella. Figure speculari le loro, che nell’immaginario di questa storia contemplano in sé stessi la parte migliore dell’uomo: quella che non smette mai di mettere tutto costantemente in discussione.

Trattasi, in quest’ultima fattispecie, di uno dei pochi legami sinceri all’universo fiabesco; un velato messaggio rivolto a grandi e piccini, per un film non esattamente strutturato quale opera preminentemente per ragazzini. Anzi, come accennato sopra, in un primo momento Il cacciatore di giganti non fa sconti: con un ritmo vieppiù crescente riesce a suscitare la giusta soggezione nei riguardi di questi strani mostri mitologici, dapprima presentati sotto forma di pura leggenda, che però va a poco a poco concretizzandosi.

Pregevole, in tal senso, la gestione sullo schermo del primo gigante che ci viene mostrato. Una scena dai toni spielberghiani, in cui l’incombente presenza si avverte prima ancora di entrare nell’inquadratura, mediante misure ben rodate come l’ondeggiamento di alberi, macchine da presa sovrastanti i personaggi e via discorrendo. Non bastasse questo, prima di scorgerne nitidamente la figura, Singer ci lascia ancora col fiato sospeso, con una soggettiva di Jack che, pancia in su sott’acqua, osserva impietrito il passaggio del terribile gigante. Non c’è che dire: chapeau!

Ma l’inceppamento avverrà di lì a poco, prestando il fianco ad un shock dovuto proprio alla buona conduzione di questa prima parte. Dal momento in cui i giganti/nemici non rappresentano più un mistero, è come se l’appeal della trama si vaporizzasse. Non crediamo che tutto ciò sia una diretta conseguenza del vivere pressoché tutte le fasi successive a stretto contatto con quella che, fino a poco prima, era considerata un’oscura minaccia; solo che, ad un certo punto, è come se Il cacciatore di giganti mollasse malamente la presa. Queste enormi creature sono i soliti, rozzi barbari in cerca di vendetta, pronti a tutto pur di ottenerla. La solennità della loro missione viene in parte attenuata dalla simpatica scena in cucina, quando il cuoco tenta di preparare tre involtini: due a base di maiale, il terzo a base di Ewan McGregor.

Peccato che il resto sia uno sterile trascinarsi fino al più che scontato epilogo, impreziosito solo dal notevole dispendio tecnico, frutto di una computer grafica effettivamente notevole ma che non per questo abbisognava necessariamente del 3D. Ed è proprio grazie all’impianto visuale che Il cacciatore di giganti riesce a farsi seguire da un certo punto in poi, rendendo appetibili scene che diversamente avrebbero forse lasciato perplessi, come il lancio di alberi infuocati per far breccia in territorio ostile. Ma in contesti del genere, tutto ciò non basta.

Stonano certe misure tese a rendere, se non realistico, più verosimile un’ambientazione che di scientifico non ha nulla. Se nella fiaba non facciamo fatica ad immaginarci il giovane protagonista salire e scendere per quella pianta di fagiolo che arriva fino al cielo, il solo dover mostrare questa scalata vanifica l’accettabilità di un passaggio di questo tipo. Limitatamente a quest’ultimo aspetto, non ce la sentiamo di dare addosso agli autori; solo che, semplicemente, non funziona.

Insomma, manca qualcosa in questo Il cacciatore di giganti, e, come ravvisato in apertura, tale mancanza attiene già alle premesse. Eppure per un po’ assistiamo ad una progressione notevole, nonostante poco si riesca ad entrare in quello scenario da regno duecentesco. Ad una prima parte che svolge comunque più che dignitosamente le proprie funzioni, segue una seconda scialba, appiattita proprio dall’incapacità (in sede di sceneggiatura) di tenere il passo degli eventi. Finché tutto si sgonfia, perdendo lentamente quota, fino ad adagiarsi freddamente sul terreno. I produttori, con un presunto ma ridicolo “colpo di scena” in chiusura, lasciano aperta la porta ad un potenziale sequel. Ci riusciranno?

Voto di Antonio: 5

Breve recensione di Federico

Uno dei flop più roboanti di questi ultimi anni. E tra i più immeritati. Perché Il cacciatore di giganti sarà sicuramente infarcito di difetti, ma è intrattenimento allo stato puro. Dal taglio fantasy e fiabesco. Colossale nella sua rappresentazione, il film di Singer ha il pregio di non andare mai incontro a momenti di stanca, trascinando lo spettatore in un’autentica giostra cinematografica, tra piante dall’altezza epocale e giganti in CG che muoiono dalla voglia di sterminare il genere umano. Cavalcando con forza l’eccesso visivo, a tratti anche volutamente ‘trash’, Singer ha confezionato un più che sufficiente blockbuster per famiglie, mal promosso negli States dalla stessa Warner e immeritatamente andato incontro ad una critica eccessivamente severa. Difettoso, questo è poco ma sicuro, tra prologhi da cestinare e autentiche banalità di sceneggiatura, ma estremamente divertente e supportato da un importante apparato tecnico-scenografico, anche se condito dal solito ed apparentemente inutile 3D. Non ci crederete, ma Il cacciatore di giganti è superiore al più celebrato Il Grande e potente Oz.
Voto: 6+

Il cacciatore di giganti (Jack the Giant Slayer, USA, 2013) di Bryan Singer. Con Nicholas Hoult, Eleanor Tomlinson, Stanley Tucci, Ian McShane, Bill Nighy, Ewan McGregor, Warwick Davis, Ewen Bremner, Eddie Marsan, John Kassir, Ben Daniels, Lee Boardman, Duncan JC Mais, Russell Balogh, Caroline Hayes, David Frost, Simon Lowe, Danny Stewart e Charles Harris. Nelle nostre sale da domani, giovedì 28 Marzo.