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Il nastro bianco – La recensione in anteprima

Il nastro bianco (Das Weiße Band) Regia di Michael Haneke. Con Christian Friedel, Leonie Benesch, Ulrich Tukur, Ursina Lardi, Burghart Klaußner, Steffi Kühnert, Josef Bierbichler, Rainer Bock, Susanne Lothar, Branko Samarovski, Detlev Buck, Marisa Growaldt, Janina Fautz, Jadea Mercedes Diaz, Sebastian Hülk, Michael Schenk, Leonard Proxauf, Theo Trebs, Fion Mutert, Michael Kranz, Maria-Victoria Dragus, Levin

pubblicato 30 Ottobre 2009 aggiornato 2 Agosto 2020 12:37

Il nastro bianco (Das Weiße Band) Regia di Michael Haneke. Con Christian Friedel, Leonie Benesch, Ulrich Tukur, Ursina Lardi, Burghart Klaußner, Steffi Kühnert, Josef Bierbichler, Rainer Bock, Susanne Lothar, Branko Samarovski, Detlev Buck, Marisa Growaldt, Janina Fautz, Jadea Mercedes Diaz, Sebastian Hülk, Michael Schenk, Leonard Proxauf, Theo Trebs, Fion Mutert, Michael Kranz, Maria-Victoria Dragus, Levin Henning, Johanna Busse, Yuma Amecke.

1913. Un paesino di campagna del nord della Germania viene turbato da alcuni strani eventi. In un primo momento sembra si tratti di incidenti fortuiti, presto appare evidente che qualcuno è responsabile di ciò che sta accadendo. Un cavo teso tra due alberi provoca il disarcionamento del medico, un fienile prende improvvisamente fuoco, due ragazzini vengono rapiti e torturati. Nella piccola comunità cominciano a sorgere i primi sospetti, sono in tanti a essere convinti di avere motivi fondati per credere di sapere chi sia il responsabile, ma questo non viene alla luce cominciano a per far inciampare il cavallo del medico, un fienile viene incendiato, due bambini rapiti e torturati. Il maestro del villaggio ha una sua teoria ma il resto degli abitanti del villaggio non sono disposti nemmeno a prenderla in considerazione. Una terribile verità si cela sotto il silenzio di una comunità complice dei delitti.

Haneke, dopo aver tentato la via americana con il remake di Funny Games, torna nel vecchio continente per girare un film profondamente europeo. Il ritorno sui suoi passi, corrisponde per Haneke al racconto di alcuni piccoli episodi ambientati in un villaggio contadino che possono essere letti come una durissima metafora di quello che sarebbe successo nei decenni successivi in Germania. Una volta ancora le immagini del film sono una lucida e spietata analisi di un microcosmo e delle relazioni umane che vengono intessute nel suo interno.

Attraverso un gelido bianco e nero, quasi come se Haneke avesse imparato la lezione da Ingmar Bergman, Michael Haneke osserva con l’attenzione di un entomologo le azioni e le reazioni di piccoli personaggi che nel loro essere posseggono gli elementi che il popolo tedesco dimostrerà con gli anni che seguiranno. Un luogo ristretto, un numero ben definito di personaggi, alcuni episodi inquietanti che turbano la pace ma che sono sintomo di un virus covato dall’organismo sociale, sono gli elementi fondamentali su cui si muove il demiurgo Haneke. Sebbene il motore narrativo della vicenda sembri quello che riguarda la ricerca e la scoperta del responsabile degli episodi di violenza verificatisi nel villaggio, Haneke preferisce dipingere un ritratto totalmente desaturato (non a caso monocromatico) di una società che porta in seno i germi della cattiveria di quello che esploderà nel nazismo.

La rigida gerarchia del paese, le usanze e le tradizioni imposte come un volere divino, provocano un rigido distacco tra classi sociali differenti ma anche tra diverse generazioni. I rapporti intergenerazionali infatti sono vissuti solo come autorità e sopruso, scarnificando completamente ogni rapporto umano. Così anche i ragazzi si comportano con gli adulti in modo freddo e distaccato. I giovani sembrano vivere in branco, con una solidarietà e una ferocia inimmaginabile. Bisogna ricordare che i bambini del 1910 sono i quarantenni che hanno costituito il mito della Grande Germania nazista prima della Seconda Guerra Mondiale.

Il nastro bianco che da il titolo al film è una punizione che il Pastore del villaggio impone ai due figli in modo da simboleggiare la purezza che sconfigge il peccato e la necessità di ottenerla per raggiungere la completa maturità. Michael Haneke non cerca alcuna purificazione perché possiede la consapevolezza storica che quegli stessi bambini si trasformeranno in soldati, S.S. e gerarchi nazisti di cui non si può avere alcuna pietà.

Haneke realizza così un capolavoro psicanalitico degno del maestro Bergman, un film durissimo e spiazzante, lontano dalle logiche commerciali ma che è valso una meritatissima Palma d’Oro al Festival di Cannes 2009. Non un film per tutti, però.

Il nastro bianco uscirà nelle sale il 30 ottobre.

Voto Carlo: 8,5
Voto Gabriele: 9

Festival di Cannes