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Borgman: recensione in anteprima del film di Alex Van Warmerdam

L’olandese Alex van Warmerdam presenta al Festival di Cannes 2013 il primo ufo del concorso: Borgman. Una satira anti-borghese a metà tra Haneke e i Coen che reinventa il Teorema di Pasolini. Per alcuni è già il film cult del festival: ma sembra più un abbaglio collettivo. Leggi la recensione in anteprima.

pubblicato 19 Maggio 2013 aggiornato 31 Luglio 2020 14:43

Camiel Borgman (Jan Bijvoet) dorme come un vampiro in una bara sottoterra in un bosco. Viene svegliato da un prete e due uomini che vogliono eliminarlo. Riesce a fuggire e a svegliare altri due uomini che, come lui, dormono sottoterra. Si ritrova poi a bussare alla porta della villa di Marina (Hadewych Minis) e Richard (Jeroen Perceval), coppia sposata con tre figli. Il marito lo respinge, ma la moglie accetta di tenerlo nascosto per alcuni giorni in casa…

Ad ogni edizione di grandi festival internazionali come Cannes e Venezia ci ripetiamo, ma è sempre così: in concorso c’è sempre almeno un ufo. Un film difficile da catalogare e metabolizzare all’istante, e che può essere accolto in ogni modo. Il primo ufo di Cannes 2013 è proprio Borgman dell’olandese Alex van Warmerdam, classe 1952 e otto film alle spalle.

Con il suo nuovo lavoro, van Warmerdam usa tutte le sue armi possibili per confezionare un’opera sicuramente a prima vista non poco originale, a metà strada tra il Michael Haneke di Funny Games e l’ironia stralunata dei Coen. Un’operazione rischiosa che punta, secondo il regista stesso, a dimostrare la banalità del male, che si annida dove meno te lo aspetti. Quindi anche all’interno di una ridente villetta residenziale in cui vive la perfetta famiglia del Mulino Bianco.

Reinventando la lezione del Teorema pasoliniano, van Warmerdam fa introdurre una presenza sconosciuta all’interno di questa famiglia e la fa “scoppiare”, tra scatti di gelida violenza ed ironia nera. Borgman infatti decide, dopo il periodo in cui è rimasto nascosto, di palesarsi e vivere con la famiglia all’interno della casa: elimina il giardiniere cementandogli la testa e buttando il corpo nel fiume, e poi trova il modo di farsi assumere, tagliandosi la barba e rendendosi così irriconoscibile.


Con lui “collaborano” al suo piano malefico i due uomini citati in precedenza, che si faranno passare per aiuto-giardinieri, e due donne. Il diavolo e i suoi aiutanti? Un demone e le sue streghe? I fantasmi e le pulsioni recondite della famiglia che si manifestano? Chi può dirlo: fatto sta che Borgman porta stampato addosso la parola “metafora” sin dalla sinossi. Va bene lo schematismo di fondo: però la voluta monotonia del film, a tratti pure “divertente”, arranca proprio nell’ultimo atto.

È chiaro che Van Warmerdam stia parlando anche del suo paese, dipinto non proprio nel migliore dei modi. La relazione tra i due coniugi dimostra sin dall’inizio che c’è una forte ostilità ed una tensione che si è accumulata tra i due negli anni, pronta ad esplodere da un momento all’altro. Colpa forse anche di una vita ormai logorata ed ancorata al concetto misogino che la moglie deve stare a casa. Al massimo la donna può puntare a fare la baby-sitter, ecco…

Non manca pure una bella dose di razzismo e soprattutto di diffidenza verso lo sconosciuto. Quando Borgman entra nella vita della famiglia, tutto questo esce allo scoperto: e il teorema viene (nuovamente) dimostrato. A molti è parsa un’operazione comunque piuttosto accattivante: ma alla fine della partita Borgman ha una base piuttosto vecchiotta e, più che il cult del festival, sembra un abbaglio collettivo.

Voto di Gabriele: 5

Borgman (Olanda 2013, thriller 118′) di Alex Van Warmerdam; con Jan Bijvoet, Hadewych Minis, Jeroen Perceval, Alex Van Warmerdam, Tom Dewispelaere, Sara Hjort Ditlevsen, Elve Lijbaart, Dirkje van der Pijl, Pieter-Bas de Waard, Eva van de Wijdeven. Qui il trailer.

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