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I gatti persiani – La recensione in anteprima

I gatti persiani (Kasi Az Gorbehaye Irani Khabar Nadareh) Regia di Bahman Ghobadi, con Negar Shaghaghi, Ashkan Koohzad, Hamed Behdad, Ashkan Koshanejad, Hichkas, Hamed Seyyed JavadiNonostante i loro guai con la giustizia iraniana, un ragazzo e una ragazza danno vita a un gruppo che aderisce al panorama indie rock che si muove clandestino nella città

pubblicato 16 Aprile 2010 aggiornato 2 Agosto 2020 02:34

I gatti persiani (Kasi Az Gorbehaye Irani Khabar Nadareh) Regia di Bahman Ghobadi, con Negar Shaghaghi, Ashkan Koohzad, Hamed Behdad, Ashkan Koshanejad, Hichkas, Hamed Seyyed Javadi

Nonostante i loro guai con la giustizia iraniana, un ragazzo e una ragazza danno vita a un gruppo che aderisce al panorama indie rock che si muove clandestino nella città di Teheran. Il regime proibisce questo genere di attività, ma la forza della loro passione per la musica è un’urgenza troppo grande. Il problema più grande è quello di non farsi scoprire dalla polizia, il secondo è quello di riuscire a organizzare tutto il necessario per la fuga verso l’Europa e l’agognata libertà. Trovare chi è in grado di fornire dei documenti non è facile e questi costano cari.

Fino al 1978 l’Iran era una delle nazioni mediorientali più avanzate sia dal punto di vista economico che da quello sociale. L’avvento al potere dell’ayatollah Khomeyni, riportò al governo del paese il movimento religioso islamico sciita, che impose leggi su base di un rigido moralismo fondamentalista. Sebbene la sua guida durò solo per dieci anni, fino alla sua morte, il regime teocratico è ancora in atto limitando fortemente la libertà della popolazione. Il processo di involuzione subito in questo periodo dalla società iraniana è ben descritto nello splendido film di animazione Persepolis, firmato da Marjane Satrapi e Vincent Paronnaud. In maniera analoga, ma ribaltata verso una prospettiva attuale, il film di Bahman Ghobadi illustra la realtà musicale di Teheran ma, in realtà racconta molto di più.

Esistono film che non solo hanno un grande valore artistico, ma che associano a esso un profondo significato politico per il coraggio della denuncia che lanciano. Questo è uno fra i più potenti. Ghobadi, regista di origine curda già autore di splendidi film come Il tempo dei cavalli ubriachi e Turtles Can Fly (mai arrivato in Italia), con il suo ultimo film ha infatti che ha saputo mette in luce le contraddizioni esistenti nella Teheran odierna, dove le imposizioni teocratiche si scontrano violentemente con le esigenze profonde dei giovani iraniani e il loro sogno di una vita normale.

I sogni e i desideri di una generazione si infrangono sulle rigide interpretazioni religiose che vengono imposte come legge. In una nazione dove un regista celebre come Jafar Panahi, voce storica dei dissidenti iraniani, è stato arrestato perché accusato di girare un film contro il regime di Teheran appare estremamente difficile riuscire a manifestare liberamente il proprio pensiero, a meno che questo non sia allineato con il potere. Ghobadi ha realizzato l’irrealizzabile, un film di fiction che racconta come un documentario la storia di due ragazzi immaginari ma che potrebbero essere mille giovani iraniani: Una generazione che vorrebbe urlare la propria rabbia ma che è soffocata dal moralismo imposto con la forza.

I Gatti persiani non è solo un film che offre uno spaccato della realtà musicale underground di Teheran ma è, come detto, un film che ha un profondo e violentissimo significato politico che lo rende un testo fondamentale per la filmografia del suo paese. Girato totalmente in modo clandestino, il film è un durissimo atto di accusa nei confronti al regime, raccontato con una tecnica che si distacca dai canoni del cinema iraniano fatto di luoghi desolati, personaggi solitari, silenzi esasperanti. Ghobadi racconta in modo moderno la generazione di MTV, degli mp3, di Internet a cui però viene negato tutto quello che il nostro tempo può offrire. La musica però è rivoluzione, lo è sempre stata e a Teheran, anche se vietato, esiste il rock, l’hip hop fino al heavy metal. Non dimentichiamo che per l’Islam la musica è impura, in quanto fonte di allegria e di gioia, proviamo quindi a immaginare se fosse una donna a cantare…

Ghobadi dimostra grandissimo coraggio, quasi al pari dei musicisti ribelli che descrive, dai pirati che smercano cd e dvd proibiti, da chiunque si oppone a un potere anacronistico che si mantiene grazie alla forza.

Strepitosa la colonna sonora, potente come il messaggio che il film vuole veicolare. Encomiabile il lavoro di tutto il cast, che ha rischiato tanto quanto il regista nella realizzazione del film. Il racconto di Ghobadi però ha un finale tragico, un messaggio inquietante che sottolinea quanto sia forte il pessimismo per il futuro. Ma la musica sopravvive. Sempre.

Curiosità: in Iran è proibito portare in giro cani e gatti, ma in casa sono molti che tengono dei costissimi gatti persiani. Questi sono come i musicisti del film, secondo Ghobadi, senza libertà e costretti a vivere nascosti per suonare la loro musica.

I gatti persiani esce nei cinema venerdì 16 aprile

Voto Carlo 8,5
Voto Gabriele: 8

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