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Milano Film Festival 2010 – The Limits of Control: la recensione in anteprima

The Limits of Control (The Limits of Control) Regia di Jim Jarmusch, con Isaach De Bankolé, Alex Descas, Jean-François Stévenin, Bill Murray, Gael García BernalUn killer dai modi fare estremamente posati e meticolosi decide di mettere fine alla sua carriera con una ultima missione criminale, per poi ritirarsi e godersi la pensione anticipata. L’ultimo lavoro

pubblicato 15 Settembre 2010 aggiornato 1 Agosto 2020 20:28

The Limits of Control (The Limits of Control) Regia di Jim Jarmusch, con Isaach De Bankolé, Alex Descas, Jean-François Stévenin, Bill Murray, Gael García Bernal

Un killer dai modi fare estremamente posati e meticolosi decide di mettere fine alla sua carriera con una ultima missione criminale, per poi ritirarsi e godersi la pensione anticipata. L’ultimo lavoro deve essere svolto in Spagna, tra Madrid, Siviglia e la Sierra desertica. Il compito non è semplice, per raggiungere l’obiettivo il killer dovrà seguire alcuni indizi molto improbabili e seguire le tracce lasciate da alcuni bizzarri personaggi incontrati lungo il suo percorso.

Jim Jarmusch torna sulla via del guerriero con un film che richiama molto del suo Ghost Dog, dove un killer solitario segue scrupolosamente un codice preciso per raggiungere i suoi scopi. Jarmush però con The Limits of Control cerca di costruire non più un film sulla filosofia del guerriero, ma un film filosofico a tutto tondo. La narrazione è costruita su una struttura ridondante e ciclica. Ogni incontro sembra la ripetizione di quello che lo ha preceduto e un’anticipazione di quello che seguirà, con alcune variabili che non cambiano la sostanza del racconto se non in superficie. Lo spettatore viene lasciato in disparte, Jarmusch non racconta mai esplicitamente i motivi per cui il killer è in azione, quali sono le colpe delle sue vittime, chi sono i curiosi personaggi che incontra lungo la sua strada (camei di nomi eccellenti come Tilda Swilton, Gael García Bernal, John Hurt e Bill Murray), ma lo fa con una ripetitività che si trasforma lentamente e in modo quasi impercettibile, come i due caffé espressi in tazze separate, le continue visite al Museo Reina Sofia, i continui scambi di pacchetti di fiammiferi e la presenza costante i un elicottero in cielo.

The Limits of Control punta quindi non a stimolare l’intelligenza del suo pubblico, ma attraverso la sua costruzione lenta, il montaggio reiterante (non ripetitivo) di Jay Rabinowitz e l’ipnotica fotografia di Cristopher Doyle, ne vuole solleticare le sensazioni che sono al di fuori del limite di controllo di ciascuno di noi. Accade quindi che il film di Jarmusch sia costruito con un meccanismo inverso a quello che si potrebbe aspettare da un thriller che racconta la storia di un killer (in questo si può collocare molto vicino a The American di Anton Corbijn) attraverso attese, tempi morti, tavolini da bar, senza alcuna sparatoria, inseguimento o colpo di scena adrenalinico.

Estremamente rigoroso e controllato è anche il volto di Isaach De Bankolé, impassibile protagonista di cui poco si sa e poco si scopre, ma che i bambini di un villaggio smascherano immediatamente chiedendogli se lui fosse un gangster americano.

C’è tanto del cinema di Jarmusch all’interno del suo ultimo film, sebbene questo abbia l’impressione di essere una cellula eccentrica rispetto alla geometri del suo universo cinematografico. L’estremo rigore con cui è stato costruito il film serve a evidenziare i limiti della prospettiva, alla possibilità che essa offra solo una porzione della realtà e non uno sguardo esaustivo, ecco quindi spiegato tutto il non detto e il non visto in cui viene lasciato solo lo spettatore a godere delle immagini e della musica ma non della narrazione.

The Limits of Control è stato acquistato per la distribuzione in Itala di Mikado, ma non si conosce ancora una data di uscita. Il film di Jim Jarmush sarà presentato in anteprima nazionale questa sera al Milano Film Festival. Qui potete vedere il trailer.

Voto Carlo 6,5