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Cappuccetto Rosso Sangue: la favola originale in tutte le versioni

Il 22 aprile uscirà nei cinema il film Cappuccetto Rosso Sangue (Red Riding Hood), una versione fantasy-horror diretta da Catherine Hardwicke con Amanda Seyfried, Gary Oldman, Billy Burke, Michael Shanks, Lukas Haas, Virginia Madsen, Julie Christie, Shiloh Fernandez, Max Irons, Michael Hogan, Darren Shahlavi (ecco il trailer italiano).Oggi Cineblog vuole presentarvi le differenti versioni della

di carla
pubblicato 19 Aprile 2011 aggiornato 1 Agosto 2020 12:53


Il 22 aprile uscirà nei cinema il film Cappuccetto Rosso Sangue (Red Riding Hood), una versione fantasy-horror diretta da Catherine Hardwicke con Amanda Seyfried, Gary Oldman, Billy Burke, Michael Shanks, Lukas Haas, Virginia Madsen, Julie Christie, Shiloh Fernandez, Max Irons, Michael Hogan, Darren Shahlavi (ecco il trailer italiano).

Oggi Cineblog vuole presentarvi le differenti versioni della favola di Cappuccetto Rosso, quella di Charles Perrault, dei fratelli Grimm, un racconto italiano e una storia del XX secolo. Ringrazio il sito La nuova bottega dell’Elefante per gli scritti. Le foto nel post sono del film Cappuccetto Rosso Sangue.

Una piccola premessa: La versione scritta più antica della fiaba è del 1697, Le Petit Chaperon Rouge di Charles Perrault. I Fratelli Grimm addolcirono la pillola, salvando la piccola e la nonna grazie al Cacciatore, anche se rimangono espliciti i temi della violenza e del cannibalismo. Meno noti sono invece gli aspetti della prostituzione (“la ragazza nel bosco” può essere associata al mestiere più antico del mondo e la favola può invitare a non esercitare la professione perché… si finisce male) e della maturità sessuale (il mantellino rosso rappresenta le mestruazioni e il bosco è la femminilità misteriosa, il lupo è poi l’uomo-predatore). Ma vediamo le quattro versioni:

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Cappuccetto Rosso di Charles Perrault (traduzione di Carlo Collodi)
C’era una volta in un villaggio una bambina, la più carina che si potesse mai vedere. La sia mamma n’era matta, e la sua nonna anche di più. Quella buona donna di sua madre le aveva fatto fare un cappuccetto rosso, il quale le tornava così bene a viso, che la chiamavano dappertutto Cappuccetto Rosso. Un giorno sua madre, avendo cavate di forno alcune stiacciate, le disse:
“Va’ un po’ a vedere come sta la tua nonna, perché mi hanno detto che era un po’ incomodata: e intanto portale questa stiacciata e questo vasetto di burro.”
Cappuccetto Rosso, senza farselo dire due volte, partì per andare dalla sua nonna, la quale stava in un altro villaggio. E passando per un bosco s’imbatté in quella buona lana del Lupo, il quale avrebbe avuto una gran voglia di mangiarsela; ma poi non ebbe il coraggio di farlo, a motivo di certi taglialegna che erano lì nella foresta.
Egli domandò dove andava. La povera bambina, che non sapeva quanto sia pericoloso fermarsi per dar retta al Lupo, gli disse:
“Vo’ a vedere la mia nonna e a portarle una stiacciata, con questo vasetto di burro, che le manda la mamma mia.”
“Sta molto lontana da qui?” disse il Lupo.
“Oh altro!” disse Cappuccetto Rosso. “La sta laggiù, passato quel mulino, che si vede di qui, nella prima casa, al principio del villaggio.”
“Benissimo” disse il Lupo; “voglio venire a vederla anch’io. Io piglierò da questa parte, e tu da quell’altra, e faremo a chi arriva più presto.”
Il Lupo si messe a correre per la sua strada, che era una scorciatoia, con quanto forza avea nelle gambe: e la bambina se ne andò per la strada sua, che era la più lunga, baloccandosi a cogliere le nocciuole, a dar dietro alle farfalle, e afre dei mazzetti con tutti i fiorellini, che incontrava lungo la via.
Il Lupo in due salti arrivò a casa della nonna e bussò.
“Toc, toc.”
“Chi è?”
“Sono la vostra bambina, son Cappuccetto Rosso” disse il Lupo, contraffacendone la voce, “e vengo a portarvi una stiacciata e un vasetto di burro, che vi manda la mamma mia.”
La buona Nonna, che era a letto perché non si sentiva troppo bene, gli gridò:
“Tira la stanghetta, e la porta si aprirà.”
Il Lupo tirò la stanghetta e la porta si aprì. Appena dentro, si gettò sulla buona donna e la divorò in men che non si dice, perché erano tre giorni che non s’era sdigiunato. Quindi richiuse la porta e andò a mettersi nel letto della nonna, aspettando che arrivasse Cappuccetto Rosso, che, di lì a poco, venne a picchiare alla porta.
“Toc. toc.”
“Chi è?”
Cappuccetto Rosso, che sentì il vocione grosso del Lupo, ebbe dapprincipio un po’ di paura; ma credendo che la sua nonna fosse infreddata rispose:
“Sono la vostra bambina, son Cappuccetto Rosso, che vengo a portarvi una stiacciata e un vasetto di burro, che vi manda la mamma mia.”
Il Lupo gridò di dentro, assottigliando un po’ la voce:
“Tira la stanghetta e la porta si aprirà.”
Cappuccetto Rosso tirò la stanghetta e la porta si aprì. Il Lupo, vistala entrare, le disse, nascondendosi sotto le coperte:
“Posa la stiacciata e il vasetto di burro sulla madia e vieni a letto con me.”
Cappuccetto Rosso si spogliò ed entrò nel letto, dove ebbe una gran sorpresa nel vedere com’era fatta la sua nonna, quando era tutta spogliata. E cominciò a dire:
“O nonna mia, che braccia grandi che avete!”
“Gli è per abbracciarti meglio, bambina mia.”
“O nonna mia, che gambe grandi che avete!”
“Gli è per correr meglio, bambina mia.”
“O nonna mia, che orecchie grandi che avete!”
“Gli è per sentirci meglio, bambina mia.”
“O nonna mia, che occhioni grandi che avete!”
“Gli è per vederci meglio, bambina mia.”
“O nonna mia, Che denti grandi che avete!”
“Gli è per mangiarti meglio.”
E nel dir così, quel malanno di Lupo si gettò sul povero Cappuccetto Rosso, e ne fece un boccone.
MORALE:
La storia di Cappuccetto Rosso fa vedere ai giovinetti e alle giovinette, e segnatamente alle giovinette, che non bisogna mai fermarsi a discorrere per la strada con gente che non si conosce: perché dei lupi ce n’è dappertutto e di diverse specie, e i più pericolosi sono appunto quelli che hanno faccia di persone e pieni di complimenti e di belle maniere.

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Cappuccetto Rosso di Jakob e Wilhelm Grimm (traduzione di Tommaso Landolfi)
C’era una volta una piccola, dolce bimba di campagna, e l’aveva cara ciascuno che solo la vedesse, ma sopra tutti sua nonna, la quale non sapeva che cosa regalarle. Un giorno le regalò un cappuccetto di velluto rosso, e poiché le stava a pennello ed essa non volle più portare nient’altro, la chiamarono soltanto Cappuccetto Rosso.
Una volta la mamma le disse: “Guarda, Cappuccetto Rosso, c’è qui un pezzo di focaccia e una bottiglia di vino, portali alla nonna; essa è malata e debole e questa roba le farà bene. Avviati prima che faccia troppo caldo, e quando sarai fuori, cammina seria e perbenino e non correre fuori della strada, sennò caschi e rompi la bottiglia e la nonna non avrà nulla. E quando entrerai nella sua stanza, non dimenticare di dir buongiorno, e non andar ficcando il naso in tutti gli angoli”.
“Farò tutto perbene” disse Cappuccetto Rosso, e diede la mano in segno di promessa.
Ma la nonna abitava lontano nel bosco, a una mezz’ora dal villaggio. Appena giunta Cappuccetto Rosso nel bosco, s’imbatté nel Lupo. Cappuccetto Rosso però non sapeva che cattivo animale era quello, e non ebbe paura.
“Buongiorno, Cappuccetto Rosso” disse lui.
“Tante grazie, Lupo”.
“Dove si va così di buonora, Cappuccetto Rosso?”
“Dalla nonna”.
“E che porti sotto il grembiule?”
“Focaccia e vino: ieri abbiamo infornato, e alla nonna malata e debole farà un po’ bene e le darà forza”.
“Cappuccetto Rosso, dove sta la nonna?”
“Ancora un quarto d’ora buono più in là nel bosco, sotto le tre grandi querce, là è la sua casa, e più sotto c’è la macchia di noci, sai dov’è” disse Cappuccetto Rosso.
Il Lupo pensò: “La piccola creatura tenerella è un bocconcino succulento e deve essere anche più buona della vecchia: devi inventare qualche trucco da papparle tutte e due”.
Egli allora camminò un tratto con Cappuccetto Rosso, e poi disse: “Cappuccetto Rosso, ma vedi quanti bei fiori ci sono da tutte le parti, perché non ti guardi intorno? Scommetto che non senti neppure gli uccellini che cantano cosi piacevolmente: Tu te ne vai per conto tuo come andassi a scuola, e invece è tanto allegro là nel bosco”.
Cappuccetto Rosso spalancò gli occhi, e quando vide i raggi del sole danzare qua e là fra gli alberi e che c’era un pieno di bei fiori, pensò: “Se porto alla nonna insieme al resto un mazzo di fiori freschi, anche questo le farà piacere; è tanto presto che arriverò sempre in tempo”, e corse via dalla strada nel bosco e si diede a cercar fiori. E quando ne aveva colto uno, s’accorgeva che più in là ce n’era un altro più bello e vi correva, e così s’addentrava sempre più nel bosco.
Ma il Lupo se n’andò di filato alla casa della nonna e picchiò all’uscio.
“Chi è”
“Cappuccetto Rosso che porta focaccia e vino, apri”.
“Pigia il nottolino” disse la nonna. “Io son troppo debole e non posso levarmi”.
Il Lupo pigiò il nottolino, la porta s’aprì ed egli andò, senza dire una parola, diritto al letto della nonna e la divorò. Poi si mise la sua veste, e in capo la sua cuffia, si pose nel letto e tirò le cortine.
Nel frattempo Cappuccetto Rosso era andato correndo in cerca dei fiori, e quando ne ebbe raccolti tanti che non poteva portarne più, si rammentò della nonna e si diresse da lei. Restò meravigliata al vedere che l’uscio era aperto, e quando entrò nella stanza, tutto le apparve così strano che pensò: “Ahi mio Dio, come ho paura oggi, eppure dalla nonna ci sono sempre stata tanto volentieri!”
Ella disse: “Buongiorno”, ma non ebbe risposta.
S’avvicinò allora al letto e scostò le cortine. La nonna giaceva là, e s’era rincalzata la cuffia fin sulla faccia e aveva un aspetto tanto strano.
“Ahi nonna, che orecchie grosse che hai!”
“E’ per udirti meglio”.
“Ahi nonna, che occhi grandi che hai!”.
“E’ per vederti meglio”.
“Ahi nonna, che mani grosse che hai!”.
“E’ per afferrarti meglio”.
“Ma, nonna, che bocca terribilmente grande che hai!”.
“E’ per mangiarti meglio”.
Aveva il Lupo appena detto questo, che fece un gran salto dal letto e divorò la povera Cappuccetto Rosso.
Dopo aver calmato il suo appetito, il Lupo si rimise a letto, s’addormentò e cominciò a stronfiare fieramente. Il Cacciatore passava in quel punto davanti alla e pensò: “Come ronfa la vecchia! Devo andare a vedere se le serve qualcosa”.
Entrò allora nella stanza e quando fu davanti al letto vide che dentro c’era il Lupo.
“Ah, ti trovo, vecchio peccatore,” diss’egli “t’ho cercato per tanto tempo”. E stava per puntare il suo schioppo, ma gli sovvenne che il Lupo poteva aver mangiato la nonna, ed era possibile ancora salvarla: perciò non sparò, ma prese un paio di forbici e cominciò a tagliare la pancia del Lupo che dormiva.
Dopo qualche forbiciata, vide brillare il cappuccetto rosso, e dopo qualche altra forbiciata ecco che la bimba saltò fuori e disse: “Ah, come avevo paura, come c’era buio nella pancia del Lupo!”. E poi venne fuori la vecchia nonna ancora viva e appena poteva respirare.
Cappuccetto Rosso andò allora in fretta a prendere delle grosse pietre, di cui riempirono la pancia del Lupo, e quando egli si svegliò volle saltar via, ma le pietre erano così pesanti che subito cadde a terra morto.
Allora furono tutti e tre contenti: il Cacciatore tolse al Lupo la pelliccia e se ne andò con quella a casa, la nonna mangiò la focaccia e bevve il vino che aveva portato Cappuccetto Rosso e si ristabilì, e Cappuccetto Rosso pensò: “Per tutta la tua vita non correrai più da sola fuor della strada nel bosco quando la mamma te l’ha proibito”.

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La finta nonna (a cura di Italo Calvino) – La versione italiana
(Abruzzo) Una mamma doveva setacciare la farina. Mandò la sua bambina dalla nonna, perché le prestasse il setaccio. La bambina preparò il panierino con la merenda: ciambelle e pan coll’olio; e si mise in strada.
Arrivò al fiume Giordano.
– Fiume Giordano, mi fai passare?
– Sì, se mi dài le tue ciambelle.
Il fiume Giordano era ghiotto di ciambelle che si divertiva a far girare nei suoi mulinelli.
La bambina buttò le ciambelle nel fiume, e il fiume abbassò le acque e la fece passare.
La bambina arrivò alla Porta Rastrello.
– Porta Rastrello, mi fai passare?
– Sì se mi dài il tuo pan coll’olio.
– La Porta Rastrello era ghiotta di pan coll’olio perché aveva i cardini arrugginiti e il pan coll’olio glieli ungeva.
La bambina diede il pan coll’olio alla porta e la porta si aperse e la lasciò passare.
Arrivò alla casa della nonna, ma l’uscio era chiuso.
– Nonna, nonna, vienimi ad aprire.
– Sono a letto malata. Entra dalla finestra.
– Non ci arrivo.
– Entra dalla gattaiola
– Non ci passo.
– Allora aspetta -. Calò una fune e la tirò su dalla finestra. La stanza era buia. A letto c’era l’Orca, non la nonna, perché la nonna se l’era mangiata l’Orca, tutta intera dalla testa ai piedi, tranne i denti che li aveva messi a cuocere in un pentolino, e le orecchie le aveva messe a friggere in una padella.
– Nonna, la mamma vuole il setaccio
– Ora è tardi. Te lo darò domani. Vieni a letto.
– Nonna ho fame, prima voglio la cena.
– Mangia i fagioletti che cuociono nel pentolino.
Nel pentolino c’erano i denti: La bambina rimestò col cucchiaio e disse: – Nonna, sono troppo duri.
– Allora mangia le frittelle che sono nella padella.
– Nella padella c’erano le orecchie. La bambina le toccò con la forchetta e disse: – Nonna, non sono croccanti.
– Allora vieni a letto. Mangerai domani.
– La bambina entrò in letto, vicino alla nonna. Le toccò una mano e disse:
– Perché hai le mani così pelose, nonna?
– Per i troppi anelli che portavo alle dita.
Le toccò il petto. – Perché hai il petto così peloso, nonna?
– Per le troppe collane che portavo al collo.
Le toccò i fianchi. – Perché hai i fianchi così pelosi, nonna?
– Perché portavo il busto troppo stretto.
Le toccò la coda e pensò che, pelosa o non pelosa, la nonna di coda non ne aveva mai avuta. Quella doveva essere l’Orca, non la nonna. Allora disse. – Nonna, non posso addormentarmi se prima non vado a fare un bisognino.
La nonna disse: – Va’ a farlo nella stalla, ti calo io per la botola e poi ti tiro su.
La legò con la fune, e la calò nella stalla. La bambina appena fu giù si slegò, e alla fune legò una capra.
– Hai finito? – disse la nonna
– Aspetta un momentino -. Finì di legare la capra. –Ecco, ho finito, tirami su.
L’Orca tira, tira e la bambina si mette a gridare: – Orca pelosa! Orca pelosa! – Apre la stalla e scappa via. L’Orca tira e viene su la capra. Salta dal letto e corre dietro alla bambina.
Alla Porta Rastrello, l’Orca gridò da lontano: – Porta Rastrello, non farla passare!
Ma la Porta Rastrello disse. – Sì, che la faccio passare, perché m’ha dato il pan coll’olio.
Al fiume Giordano l’Orca gridò: – Fiume Giordano, non farla passare!
Ma il fiume Giordano disse: – Sì che la faccio passare, perché m’ha dato le ciambelle.
Quando l’Orca volle passare, il fiume Giordano non abbassò le sue acque e l’Orca fu trascinata via. Sulla riva la bambina le faceva sberleffi.

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Cappuccetto Rosso nel XX secolo di James Thurber
Un lupo aspettava un giorno nel folto della foresta il passaggio d’una fanciulla che doveva portare un cestello di provviste alla nonna.
Finalmente la fanciulla arrivò: portava la cesta dei commestibili.
“Porti quel canestro alla tua nonna?”, domandò il lupo.
La fanciulla rispose di sì, che lo portava alla nonna.
Allora il lupo le chiese dove abitava la nonna; la fanciulla glielo disse, e quello scomparve nel bosco.
Quando la fanciulla aprii la porta della capanna vide che qualcuno stava nel letto, qualcuno con un berretto da notte.
Ma non s’era avvicinata più di tre metri al letto e già s’accorgeva che non si trattava della nonna, censì del lupo; giacché un lupo, anche se si mette il berretto da notte, non assomiglia a una nonna più di quanto il leone dei film della Metro Goldwyn assomigli al Presidente della Repubblica.
Allora la fanciulla trasse una pistola automatica dal cestello e freddò il lupo.

MORALE

Darla ad intendere a una fanciulla,
come si faceva una volta,
non è cosa facile al giorno d’oggi.