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Drift: Cavalca l’onda, la recensione

Lo script del 2007 di Tim Duffy riesce finalmente a riportare il surf al cinema, grazie anche al lavoro di Myles Pollard, produttore-protagonista abile nel tirare a bordo di Drift anche la stella Sam Worthington.

pubblicato 16 Agosto 2013 aggiornato 31 Luglio 2020 10:51

Da Un Mercoledì da Leoni (1978) in poi, il surf e il cinema non si sono incontrati molto spesso, ma quando l’hanno fatto, come anche nel caso di Point Break (1991), il passo per diventare una pellicola cult è stato sempre dietro l’angolo. Impossibile, del resto, resistere al fascino delle onde, come ben sa Tim Duffy, ispiratosi a una storia reale per portare l’Australia a cavallo tra gli anni ‘60 e ‘70 sul grande schermo: un concept ripreso poi da Morgan O’Neill, co-regista insieme a Ben Nott, intenzionati a di raccontare la storia di come la cultura underground dei surfisti sia riuscita nel periodo dell’amore libero ad assumere un’importanza sempre più grande, andando di pari passo con la nascita di una vera e propria industria dedicata a questo sport.

Drift – Cavalca l’onda ci racconta così la storia dei fratelli Kelly, abitanti di una cittadina sulla costa ovest dell’Australia. Andy (Myles Pollard) è il maggiore dei due, impegnato a tentare con un lavoro che gli sta stretto di mandare avanti la famiglia, orfana del padre abbandonato con una vera e propria fuga tempo addietro, mentre Jimmy (Xavier Samuel) è quello più giovane e ribelle, fenomeno del surf in grado di domare con la sua tavola onde alte 8 metri. L’arrivo della cultura hippie, impersonata dall’approdo in città di JB (Sam Worthington) e della bella Lani (Lesley-Ann Brandt), spingerà Andy a lasciare il proprio posto. L’obiettivo sarà quello di vendere mute e tavole da surf insieme agli amici e alla famiglia, per trasformare così uno sport di nicchia in quella che oggi è una disciplina ammirata in tutto il mondo, nel cui ecosistema lavorano ormai da tempo grandi marchi come Billabong, Rip Curl e tanti altri.

La sequenza iniziale di Drift, particolarmente indovinata anche grazie al ricorso all’effetto in bianco e nero, ci porta nell’Australia degli anni ‘60, mostrandoci Andy e Jimmy impegnati a scappare dal loro padre-padrone in compagnia della mamma, per andare dopo un lungo viaggio in cerca di miglior fortuna. Un guasto alla macchina in direzione Albany li convince a restare nel posto dove si trovano, perfetto per chi ama le onde ma forse un po’ meno per chi vuole stare lontano dai guai come ci mostrano gli attimi prima di passare al colorato presente. Il limite più grande di Drift è il suo aderire strettamente ai più conosciuti dei cliché, presentandoci personaggi di cui ci si rende presto conto di conoscere praticamente tutto: il fratello maggiore che non si dà mai per vinto e toglie quello minore dai guai, quest’ultimo che appunto s’infila in situazioni scomode a causa di un pericoloso mix d’ingenuità e generosità, la mamma pronta a vendere la casa pur di salvare capra e cavoli, la femme fatale che arriva e fa perdere la testa a entrambi i Kelly, e così via. Seppur narrata in modo convincente, non è da meno la storia, che segue il classico filone composto dal successo iniziale dell’idea di Andy, per passare poi alle varie (anche troppe) difficoltà incontrate lungo il percorso per arrivare poi al finale risolutore, che fortunatamente riserva un piccolo colpo di scena. Drift riesce però a dipingere solo a metà il quadro dei contrasti tra culture proprio dell’Australia di quel tempo, mentre le stesse sottotrame come la storia d’amore tra Andy e Lani e la tossicodipendenza dell’amico Gus, trovano pochi appigli, facendo rimpiangere la possibilità di vedere qualche sfaccettatura in più nei vari personaggi.

A conti fatti, è il comprimario JB ad apparire quello con il maggior spessore con le sue uscite da hippie e la sua passione per i viaggi e la fotografia, apparendo non a caso durante Drift praticamente quanto i due protagonisti; forse anche per dare risalto alla presenza di Sam Worthington, naturalmente il nome principale del film. Per quanto riguarda la recitazione, non ci sentiamo di bocciare nessuno degli attori coinvolti, grazie alla scelta di nativi australiani che riescono a portare sullo schermo il senso di appartenenza alla loro terra, compreso Myles Pollard che come il suo personaggio ha dimostrato di credere fermamente nel progetto, al punto da portarlo avanti come dicevamo con un secondo ruolo da produttore, oltre ad aver convinto Worthington a partecipare.

Menzione speciale infine per le riprese degli esperti in materia Rick Rifici e Rick Jankovich, in grado di rendere le scene in acqua una vera e propria gioia per gli occhi, riproducendo alla perfezione tutta la spettacolarità e l’adrenalina di una disciplina complessa come il surf. In conclusione, Drift può essere il giusto film per passare una serata estiva che sia rinfrescante almeno per gli occhi, facendosi seguire per tutta la sua durata, ma poco più.

Voto di Rosario: 6

Drift: Cavalca l’onda (Drift, Drammatico, Australia, 2012) di Morgan O’Neill e Ben Nott. Con Sam Worthington, Xavier Samuel, Myles Pollard e Lesley-Ann Brandt. Uscito in Italia il giorno 8 agosto 2013. Colonna sonora.