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Moebius: recensione in anteprima del film di Kim Ki-duk

Festival di Venezia 2013: evirazioni, sangue, incesto, shock e risate. Moebius è un Kim Ki-duk estremo e radicale, sin dalla scelta di non utilizzare dialoghi. Il regista coreano firma un ready-made spiazzante, che all’inizio non si sa manco come prendere. Cinema fatto con niente e libero, da difendere con le unghie e i denti.

pubblicato 4 Settembre 2013 aggiornato 31 Luglio 2020 10:28

Padre, Madre e Figlio legati dal filo di Moebius: “Io sono il padre, la madre è me e la madre è il padre”. Se Pietà vi era sembrato estremo, non avete ancora visto l’ultimo Kim Ki-duk, che firma un lavoro ancora più radicale di alcune sue opere della prima parte della sua filmografia. Roba tostissima e dura, che vedremo se avranno davvero il coraggio di distribuirlo in sala da noi…

Piccolo preambolo di quello che è successo in Sala Perla alla proiezione ufficiale del film con tanto di regista in sala: boati di disgusto, risate, e persino una signora che si è alzata indignata a causa di “questo maledetto film!”. Sì: il cinema sa ancora sconvolgere e shockare, e Moebius è cinema “bestiale” che lo shock lo cerca di continuo e lo trova.

Ma la cosa più interessante del film, al di là del facile shock visivo, è che la sua natura è davvero spiazzante. Non si sa manco come prenderlo, per i primi tre quarti d’ora: disgustoso e folle, Moebius regala sin da subito una dose di scene talmente crude e sanguinose che si rischia di restarne subito nauseati. Ma che bisogna fare? Bisogna voltare lo sguardo? Si deve ridere (involontariamente)? Ci si deve indignare?

Il film inizia con la Madre che, consumata dall’odio nei confronti del marito che la tradisce, vuole evirarlo per vendicarsi. Visto che non ci riesce, evira il Figlio e se ne va di casa. Il Padre cerca di fare qualcosa per il ragazzo, ed inizia quindi a pensare ad un trapianto del pene per il Figlio: è disposto a tagliarsi il suo per donarlo al ragazzo, espiando così anche la sua colpa.

Dopo la crisi economica di Pietà, Kim Ki-duk va dritto alla radice della questione: all’organo genitale. Padre, Madre e Figlio “uniti” da un’ossessione freudiana, in cui pare di scorgere l’idea che Kim ci stia dicendo addirittura che l’amore estremo dei due genitori verso il figlio sia talmente “oltre” da procurargli solo danni.


È la madre che attenta alla sua virilità togliendogli la possibilità di avere l’orgasmo, ed è il padre che gliela ridà, salvo poi provocargli un dolore estremo, letteralmente. Il Padre infatti scopre su Internet che il dolore estremo porta all’orgasmo, e quindi gli dice di provare a scartavetrarsi la pelle con una pietra. Solo che poi il dolore che segue ogni volta l’orgasmo è insopportabile…

Tra satira e sadismo, risalta fuori la solita idea di mondo di Kim. I personaggi li disintegra nell’anima e nel corpo, tra peni tagliati ed ingoiati, dita morsicate, coltelli conficcati nella schiena e poi rigirati nella carne, stupri e quant’altro. Sudicio e sporco, il cinema di Kim trova in Moebius sia un ulteriore tassello nella sua meditazione sulla famiglia, sia una particolare “purezza” del mezzo cinematografico stesso.

La scelta di non utilizzare dialoghi è fondamentale. Con una storia del genere, così semplice e a suo modo un po’ sciocchina, Kim capisce che i dialoghi non servono a un bel niente. Anzi, sfrutta il fatto di non far parlare i suoi protagonisti per far recitare gli attori con gesti, sguardi e smorfie estremizzate. Se l’effetto all’inizio può far storcere il naso è proprio perché non si capisce quale sia l’intenzione del regista.

Ma basta attendere qualche minuto per avere la conferma che si può ridere senza farsi troppi problemi: perché Moebius è una commedia, la più nera che troverete in circolazione. Tecnicamente scarso, ma è una scelta voluta e ricercata a tutti i costi, il film è talmente esagerato ed esasperato che lo si guarda spesso con gli occhi sbarrati, aspettando la prossima provocazione.

Sotto però ci sta un ragionamento sincero sulla dicotomia orgasmo/dolore, sesso/morte, all’interno dei confini della famiglia, sempre e comunque cellula fondante della società. Quello di Kim è un cinema che nella superficie dichiaratamente sadica trova la sua “profondità”, e nel finale forse persino una nota di spiritualità. Niente preziosismi, niente patine: meglio un Moebius che dieci L’arco.

Due chicche: Cho Jae-hyun, il Padre, non lavorava con Kim dai tempi di Address Unknown e Bad Guy; Seo Young-ju, la Madre, si trasforma ed interpreta pure l’amante del marito. Corto circuito!

Voto di Gabriele: 8

Moebius (Corea del Sud 2013, drammatico 90′) di Kim Ki-duk; con Cho Jae-hyun, Seo Youngju, Lee Eunwoo. Dal 5 settembre in sala grazie a Movies Inspired.

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