Home Recensioni ToHorror 2011: Morituris – trailer e recensione del film di Raffaele Picchio

ToHorror 2011: Morituris – trailer e recensione del film di Raffaele Picchio

Da Spartaco ai giorni nostri: l’orrore non si ferma con Morituris

pubblicato 13 Novembre 2011 aggiornato 1 Agosto 2020 06:39

Nel ’73 a.C. Spartaco guidò la rivolta di 200 gladiatori contro Roma, non tollerando più la disumanità a cui venivano sottoposti. Resistettero a lungo, ma alcuni di loro impazzirono e si diedero a violenze, omicidi e stupri. Furono puniti da Spartaco stesso con la morte.

Ai giorni nostri, un gruppo di tre ragazzi italiani dell’alta borghesia romana e due ragazze straniere conosciute la sera prima, si recano in macchina nelle campagne un tempo teatro della rivolta dei gladiatori, alla ricerca di un rave party. Ma il rave non c’è e le intenzioni dei tre ragazzi potrebbero non essere così amichevoli come le ragazze speravano. Non è che l’inizio di un incubo allucinante di sopraffazione, violenza e morte che infesta il presente ma arriva dal passato.

Difficile parlare di Morituris senza svelare almeno un po’ della trama e dello svolgimento, quindi legga con prudenza (o si astenga) chi vuole vedere il film vergine di ogni informazione.

Morituris - film

E’ sicuramente il film più disturbante del TOHorror 2011. Violento, insopportabile nella lunga scena dello stupro e nella tristemente fantasiosa galleria di violenza sulla donna che propone, al punto da far sentire in colpa lo spettatore maschio per il solo fatto di esistere. E’ un film controverso, che riprende temi e situazioni dello slasher e del rape and revenge e quindi di film come L’ultima casa a sinistra, I Spit on your grave e L’ultimo treno della notte di Aldo Lado e, in linea con il genere, non arretra davanti a nulla.

Va comunque riconosciuto come non ci sia compiacimento nella descrizione della violenza, che più che mostrata viene “vissuta” attraverso la sofferenza negli occhi di chi la subisce, in un’empatia che è con la vittima e non con il carnefice. Solo che la vendetta, punto forte degli altri classici del genere, qui non ha niente di liberatorio e il film è intriso di una disperazione e un pessimismo disarmanti, figli forse dei nostri tempi bui, schiacciati da un passato, nel bene e nel male, più grandioso.

Il film inizia come un classico Non aprite quella porta, di cui ne ricalca lo schema personaggi, per poi rovesciarne più volte i ruoli tra vittime e carnefici e delineare la descrizione di un gruppo di odiosi fascistelli romani, ricchi, annoiati e razzisti che, a quanto si capisce, annoverano tra i loro divertimenti più frequenti picchiare e dar fuoco agli immigrati così come violentare e uccidere ragazze, in un totale disprezzo per l’altro, non riconosciuto come persona. Un ritratto di una gioventù de Roma tre metri sotto gli abissi della coscienza di una società che sta sprofondando nel baratro dell’individualismo, la cui violenza è del tutto nichilista e fine a se stessa (non c’è neanche l’obiettivo, criminale ma comunque ambizioso, della banda della Magliana di Romanzo Criminale, per dire), ma viene ammantata da lunghi e deliranti sproloqui filosofeggianti proto-nietzscheani. Un gruppo di meschini che dovranno scontrarsi con una violenza antica ben più grande e cieca di loro.

Un po’ scollegate dal resto le scene con il quarto amico, rimasto a torturare una ragazza nel suo ricco appartamento (con tanto di insostenibile scena con un topo, un tubo, una ragazza legata, la memoria di American Psycho e Il boia scarlatto di Pupillo proiettato su una parete), che mostrano come la violenza sia più vicina di quanto non immaginiamo, ma che, nella struttura del film, spezzano un po’ il ritmo e sembrano un po’ forzate per giustificare l’intervento finale del personaggio.

Non è sicuramente un film per tutti, molte persone potrebbero trovare offensiva la rappresentazione della violenza sulle donne e rigettarla (come in effetti avviene, leggendo le reazioni al film in giro per il web), ma è anche vero che l’ispirazione sono fatti reali (il massacro del Circeo, dicono gli autori, ma purtroppo non mancano cronache simili contemporanee), che avvengono quotidianamente anche più vicino di quanto non pensiamo e rimuoverli dalle nostre coscienze non li cancella dalla realtà. Detto questo, il confine tra rappresentazione della violenza e fascinazione per la stessa è sempre labilissimo e mi chiedo comunque se non fosse il caso di limitare almeno un po’ la già citata sequenza dello stupro.

Insomma, tirando le somme, Morituris è un film coraggioso e con un suo fascino perverso nel momento della comparsa dei mostri più antichi, realmente angosciante per la violenza realistica che è in grado di mettere in scena e che troppo spesso abbiamo letto nelle cronache dei giornali o vista, lì sì sfruttata in modo pornografico, nei programmi televisivi che si vorrebbero giornalistici. E’ anche un film che lascia un vago senso di incompiutezza, a tratti rozzo ed eccessivo, ma è un’opera prima, controversa e disturbante e allo stesso tempo coraggiosa e consapevole. Genere duro e puro, sporco e cattivo con tutto e tutti.

Molto bella la sequenza animata dei titoli di testa animati che rievoca la storia dei gladiatori e prefigura le violenze che seguiranno, curati la realizzazione (è girato in digitale con la Red) e il montaggio serrato. Grande scelta di canzoni dalla scena musicale estrema.

Voto Fulvio: 7

Morituris (Italia, 2011 – horror) Regia di Raffaele Picchio. Con Valentina D’Andrea, Desiree Giorgetti, Andrea DeBruyn, Giuseppe Nitti, Simone Ripanti, Francesco Malcom Trulli