Home Torino Film Festival Virzì: “Il mio Torino Film Festival sarà una rassegna popolare”

Virzì: “Il mio Torino Film Festival sarà una rassegna popolare”

Il 22 novembre all’Auditorium del Lingotto il primo film in concorso, Last Vegas, di Jon Turteltaub. Le dichiarazioni pre Festival di Paolo Virzì.

pubblicato 29 Ottobre 2013 aggiornato 31 Luglio 2020 07:59

Il regista più livornese d’Italia ha un profondo passato torinese: Paolo Virzì, l’erede della grande commedia all’italiana, ha vissuto nel capoluogo piemontese durante l’infanzia e ora sta per affrontare la sua prima edizione del Torino Film Festival in veste di Direttore. Che il regista di Ovosodo abbia sempre avuto una spiccata sensibilità nei confronti delle classi popolari non è certo un mistero e Torino, aristocratica e austera, ma anche proletaria e vivace, rappresenta per Virzì una seconda casa, alla quale è affettivamente legato fin dall’infanzia, quando vi si trasferì con la famiglia.

I film in concorso sono ancora un segreto, ma il Direttore ha svelato da tempo chi sarà la madrina, la torinese doc Luciana Littizzetto e anche quale pellicola aprirà la rassegna: Last Vegas di Jon Turteltaub, con un cast di stelle composto da Michael Douglas, Robert De Niro, Morgan Freeman e Kevin Kline, in trasferta a Las Vegas per un addio al celibato ben più “maturo” rispetto a quello di Un notte da leoni.

Virzì ha intenzione di portare la gente alle proiezioni e pur non rinunciando al cinema sperimentale, vuole titoli che piacciano alla gente e non solo alla critica, portando avanti una linea già inaugurata dai suoi predecessori Intervistato recentemente dal quotidiano La Stampa, ha dichiarato:

“Il vero pericolo non sono i film brutti, ma quelli della categoria più subdola: i film falsi belli. Ecco quelli a Torino non li ho mai visti… Credo che il merito sia del pubblico, lo zoccolo duro sono studenti, lavoratori, intere famiglie torinesi che prenotano le ferie apposta… Ho pensato alla mia platea ideale, quella a cui penso quando faccio un film: mia madre, mio fratello, gli amici del liceo, Laura Merana, la mia maestra. Il festival è un grande film che dura nove giorni e allora ho fatto lo stesso: ho tenuto in mente la platea dei torinesi, questo popolo così particolare.”

Il TFF, visto come un festival “proletario” contrapposto alla pompa e al blasone di Venezia o alle ambizioni di Roma:

“Qui non c’è parata, non ci sono potenti da glorificare o perditempo che smaniano di imbucarsi al party vip. Questa è una città anche burbera ma concreta, che affonda le radici in cose come il lavoro., la fabbrica, ma anche la passione per la politica, peer la filosofia e per il calcio.”

Atteggiamento da “working class hero” per Virzì che sembra voler rispolverare un atteggiamento da collettivo anni ’70. Poco male, saranno i risultati a parlare. Se sono ancora sconosciuti i titoli in concorso, sappaimo che ci sarà una retrospettiva sui miti di Hollywood, con edizioni restaurate di capolavori come Easy Rider, oppure la sezione Europop:

“Una sorta di passeggiata tra le vette del box office europeo. Il prodotto nazionale che ha molto successo in un paese non arriva in quello accanto. Noi di svedesi, irlandesi o polacchi vediamo soltanto le cose da festival: qui vedremo anche quello che vede la gente. Poi ci sarà un ciclo dedicato alla nuova televisione. E’ ora di abbattere certi confini. Certi autori per la televisione sono a tutti gli effetti grandi cineasti… Non ci sono più ghetti o confini: in questo periodo di crisi far circolare cose belle è come mettere una medicina nella testa delle persone.”

Virzì il “rivoluzionario”, in veste di sciamano curatore del popolo assetato di cose belle: il regista si sta occupando anche di problemi molto concreti, cercando di agevolare gli spostamenti per il pubblico (specialmente gli anziani) o di risolvere problemi di viabilità. Si preannuncia un Torino Film Festival “progressista”? Staremo a vedere.

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