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A proposito di Davis: 5 film dei fratelli Coen da vedere prima

Arriva finalmente in sala A proposito di Davis, l’ultima fatica di Joel ed Ethan Coen. Gran Premio della Giuria a Cannes 2013, è uno dei film da non perdere dell’anno. Ma come arrivare in sala “preparati” nel migliore dei modi? Ecco 5 film dei fratelli di Minneapolis da ripassare prima di andare al cinema.

pubblicato 6 Febbraio 2014 aggiornato 31 Luglio 2020 04:32

Ne è già passato di tempo, da quando Steven Spielberg annunciava il Gran Premio della Giuria del Festival di Cannes 2013 ad A proposito di Davis dei fratelli Coen. Il film non ha poi avuto il riscontro sperato a livello di premi. I Coen se la staranno ridendo tranquilli e beati, per carità.

Noi un po’ meno, visto che vorremmo che ogni volta che lo meritano si celebrasse il loro talento come si deve. Poi va da sé, non piacciono a tutti: così geometrici, così perfettini, così calcolatori, così freddi. Ironici ma intellettuali, si divertono ma non divertono tutto il pubblico (no, non tutti adorano Il grande Lebowski).

Così l’Academy deve aver preso l’ultima fatica dei fratelli di Minneapolis. C’è chi dice che ci sia anche chi l’ha trovato noioso. Sono convinto che una buona fetta di pubblico lo penserà. Personalmente resto perplesso, e a Cannes mai avrei pensato che un film che ritengo tra i loro titoli più coinvolgenti potesse essere anche solo parzialmente rifiutato.

Ma capisco e provo quindi a “contestualizzare” il film. Non tanto per la “politica degli autori” (anche se…), ma per consigliare a chi lo vorrà giusto un paio di strumenti in più per provare a godersi A proposito di Davis. Ecco il perché di queste 5 scelte: non i loro 5 migliori film, non i 5 che per forza preferisco (adoro Fargo su tutti), ma quelli che della loro filmografia hanno dei punti di contatto più evidenti con la loro ultima fatica.

Poi andate a vederlo a prescindere, credo davvero che il film si difenda da solo. Andateci perché c’è un gatto a cui hanno rubato un Oscar come miglior attore non protagonista. Andateci per vedere perché in molti urlano allo scandalo per queste benedette mancate nomination agli Oscar 2014. Chi scrive ad esempio pensa che A proposito di Davis mangi in testa a più della metà dei candidati a miglior film.

E se siete fan dei Coen, segnatevi questa frase che dice il protagonista nel film: “If it was never new, and it never gets old, then it’s a folk song.” Se non è nuova, e se non invecchia mai, allora è una canzone folk. E A proposito di Davis ha il marchio di fabbrica stampato addosso, e non invecchierà presto. Sì: è proprio un film dei Coen.

Barton Fink – È successo a Hollywood (1991)

Barton Fink - È successo a Hollywood
Da New York a Los Angeles. Da un successo teatrale di Broadway a un’offerta di lavoro a Hollywood. Barton Fink accetta un lavoro “alimentare”, ovvero quello di scrivere una sceneggiatura per un film sul… wrestling. Si ritrova in uno squallidissimo e claustrofobico hotel popolato da strani figuri. Gli viene il blocco dello scrittore e suo malgrado si trova in una situazione sempre più assurda.

Ricatti, omicidi e chi più ne ha più ne metta: non la situazione calma e tranquilla che serve per scrivere una sceneggiatura. In più, se Fink dimostra pure di avere simpatie comuniste (sono gli anni 40)… Due film-fratelli, Barton Fink e A proposito di Davis, almeno per come i due registi descrivono l’ambiente “creativo” di due industrie, due mondi e due epoche.

Alcune atmosfere e inquadrature di A proposito di Davis sembrano uscire direttamente proprio da Barton Fink. Ma è questione di stile e poetica, va da sé. Quel che davvero accomuna i due film è l’ambiente che “opprime” e schiaccia i due protagonisti. Barton Fink, pur accettando il lavoro alimentare, finisce per vivere letteralmente l’Inferno di Hollywood. Davis, artista che non vuole svendersi e non lo fa (e passa la vita a dormire sui divani altrui), finisce a vivere un gelido inverno on the road che ha il sapore di un loop.

Il grande Lebowski (1998)

Nella scena qui sopra, il Drugo si reca da Mr. Lebowski, suo omonimo, per chiedergli un risarcimento. Due sicari che cercavano il ricco panzuto, infatti, sono entrati in casa sua pensando fosse lui “quel” Lebowski. Prima di andarsene gli hanno pisciato sul tappeto. Ora il Drugo vuole che Mr. Lebowski glielo ripaghi. Questa scena ci porta direttamente a questa:

Davis chiede al suo discografico di pagarlo, ma non ottiene nulla. Due scene simili, ma pure qui è questione di poetica: di uomini “dietro alla scrivania” (ovvero potenti) ce ne sono tantissimi, nel cinema dei Coen. Quel che però accomuna Il grande Lebowski ad A proposito di Davis è l’empatia che lo spettatore prova in modo immediato nei confronti dei due protagonisti.

Sfido a trovare nel loro cinema altri due personaggi a cui ci si affeziona in modo così veloce. Certo, a Lebowski ci si affeziona perché è un personaggio scritto e creato per essere cult. Lo è sin dalla sua filosofia rilassata: ricordi seventies, marijuana, bowling (non a caso lo sport più rilassato!), sesso. Davis è invece tratteggiato e “creato” dai Coen nel modo che non ti aspetti, visto che per lui si prova addirittura tenerezza vera.

E alla fine, per motivi opposti, arrivi a pensare che quei soldi se li meritino entrambi: il Drugo se li merita per essere così sfacciato e figo, Davis perché il talento ce l’ha, e noi spettatori siamo i privilegiati che lo sappiamo!

Fratello, dove sei? (2000)

In I am a Man of Constant Sorrow, rielaborazione della celebre ballata folk ad opera del finto trio Soggy Bottom Boys, c’è un verso che fa:

It’s fare thee well my old lover [È un addio mia vecchia amata]

In A proposito di Davis, Oscar Isaacs canta Fare Thee Well (cover della canzone folk Dink’s Song). Nella canzone c’è questo verso:

Fare thee well, my honey, fare thee well [Addio, mia cara, addio]

Ovvero: il Mississipi della Grande Depressione dei ’30 e il Greenwich Village degli anni 60 uniti da un filo musicale che è innanzitutto cultura di un paese e identità di una nazione. Dal punto di vista dell’uso della musica, Fratello, dove sei? è il film più vicino ad A proposito di Davis, fosse solo per la sua ricchezza e presenza costante che diventa parte attiva della narrazione.

A lavorare sulle musiche di entrambi i film c’è T-Bone Burnett (premio Oscar per Crazy Heart), che ha collaborato coi fratelli Coen anche in altri due loro film in cui la musica gioca un ruolo primario: il già citato Il grande Lebowski (con la colonna sonora più cult della loro filmografia) e Ladykillers (dove dominano r’n’b, soul, gospel…).

Poi sono entrambi film nel segno di Omero. Fratello, dove sei? è la rilettura “sudista” dell’Odissea, ed è uno spasso vedere come i Coen abbiano saputo riscrivere un capolavoro senza tempo, plasmandolo e ripensandolo a modo loro. Il percorso di Davis è un'”odissea” come quella di molti altri personaggi coeniani, ma anche lì c’è il road movie, genere americano per eccellenza. Senza contare il nome di un certo “personaggio” che la dice lunga…

Se vogliamo finire coi rimandi musicali, in I am a Man of Constant Sorrow c’è anche questo verso qui:

I have no friends to help me now [Ora non ho amici che mi aiutino]

Il coro risponde alla voce principale:

He has no friends to help him now [Ora non ha amici che lo aiutino]

Uno contro tutti, proprio come Davis. Infine, manco a dirlo, entrambe le canzoni le inciderà in seguito Bob Dylan. Nel film c’è un suo inedito che si chiama Farewell:

Oh it’s fare thee well my darlin’ true [Oh è un addio, mio tesoro]

L’uomo che non c’era (2001)

L'uomo che non c'era
Ed Crane vive una vita monotona, annoiata, inutile e basata sulla routine. Quando c’è un’occasione per virare questa situazione, la prende al volo, scatenando la solita sequenza di eventi che lo porteranno verso l’abisso. Situazione coeniana solita e collaudata per uno dei noir contemporanei più raffinati degli ultimi anni.

Quel che è certo è che ne L’uomo che non c’era osserviamo la vita ordinaria (che prende una strana piega) di un fantasma. Un fantasma che però è presente in ogni inquadratura, così come appare praticamente in ogni inquadratura del proprio film Llewyn Davis. Destinato ad essere un fantasma della Storia, nonostante gli sforzi comunque ben diversi rispetto a quelli di Crane…

In A proposito di Davis c’è poi un altro “fantasma”: quello di Bob Dylan, che aleggia lì da qualche parte, nascosto tra i fotogrammi. Fino alla chiusa finale, vero colpo di genio. Poi il tono de L’uomo che non c’era è molto diverso da quello di A proposito di Davis, evidentemente.

Ma a legare le due opere c’è una malinconia che a tratti può pure risultare straziante. È in questi due film che i Coen rendono in modo chiaro e limpido l’impossibilità dei loro personaggi di contrastare gli eventi. E questa impossibilità non può che essere rappresentata con il bianco e nero del cinema classico o con le note dolenti di una canzone di Dave Van Ronk.

A Serious Man (2009)

A Serious Man
Un uomo ebreo sfigatissimo, Larry Gopnik, è circondato da ebrei e rabbini ostili. Con ironia al solito molto yiddish, i Coen fanno fagocitare il loro povero protagonista dagli eventi: e lui, buono, morale e serio, non può nulla contro la sfiga e gli eventi che peggiorano di minuto in minuto e mettono alla prova la sua fede e tutto ciò in cui crede.

Altro che cinismo o nichilismo: questa è praticamente la versione cinematografica del Libro di Giobbe! E A proposito di Davis ne è il suo sequel naturale. Larry è il mensch per definizione, quello che non sgarra, che ha sempre seguito quel che è giusto e non ha intenzione di cambiare questa rotta. Ma sono gli eventi stessi che lo mettono esponenzialmente in difficoltà.

Davis è l’archetipo del cantautore che non vuole perdere la propria integrità artistica: sogna solo di vedere riconosciuto il proprio talento. Che Larry e Davis siano forse in fondo arrogantelli? Oppure sono davvero proprio sfigati? O c’è un percorso già scritto per entrambi (e non è per niente buono)? Fatto sta che il controcampo dell’inquadratura finale di A Serious Man, che vedete qui sopra, mi sembra quasi questo qui sotto.

A proposito di Davis