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Oscar 2014, migliore sceneggiatura non originale: Before Midnight, Captain Phillips, Philomena, 12 anni schiavo, The Wolf of Wall Street

Il prossimo 2 marzo saranno annunciati i vincitori degli Oscar 2014. Scopri e vota con Cineblog tutti i candidati alla categoria Migliore sceneggiatura non originale.

pubblicato 15 Febbraio 2014 aggiornato 31 Luglio 2020 04:13

Ancora un sondaggio e un approfondimento sulle categorie Oscar in attesa il prossimo 2 marzo della consegna dei premi presso il Dolby Theatre in una speciale serata presentata dall’attrice comedy Ellen DeGeneres.

Dopo avervi proposto i candidati per la miglior scenografia, costumi, trucco, fotografia, sonoro, montaggio sonoro, colonna sonora, canzone originale, effetti speciali e sceneggiatura originale è il turno dei 5 nominati per la Migliore sceneggiatura non originale.

Quest’anno i titoli designati a concorrere in una delle due categorie dedicata agli sceneggiatori sono Before Midnight, Captain Phillips, Philomena, 12 anni schiavo e The Wolf of Wall Street.

A seguire trovate il sondaggio in cui potete esprimere la vostra preferenza sulla categoria e a seguire un approfondimento su film e sceneggiatori candidati.

Before Midnight

– Unica nomination all’Oscar per il film di Richard Linklater sequel del film Before Sunset – Prima del tramonto del 2004, preceduto nel 1995 da Prima dell’alba, primo film di questa trilogia romance.

– Linklater è autore della sceneggiatura con gli attori Julie Delpy e Ethan Hawke che sono anche protagonisti del film.

– Linklater, Hawke e la Delpy sono stati già candidati all’Oscar nel 2005 per la sceneggiatura di Before Sunset – Prima del tramonto con Hawke che può vantare anche un’ulteriore candidatura come miglior attore non protagonista per il poliziesco Training Day.

Note sul film

Linklater è autore della sceneggiatura semi-autobiografica originale (scritta con Kim Krizan). Delpy e Hawke, che interpretano Celine e Jesse, hanno contribuito a smontare e a revisionare lo script arricchendo il primo film con i loro dialoghi e con l’introspezione dei personaggi. Da allora, tutti tre si sono ritrovati ogni sette o otto anni circa, per scrivere insieme e lavorare al secondo e al terzo film della serie. «Siamo legati in una specie di riff», afferma Hawke, «un po’ come in un gruppo. Julie suona alcuni strumenti, io altri e Rick è il leader che ogni tanto ci chiama a raccolta per suonare insieme».

Avrebbero mai immaginato che il loro piccolo film indipendente sarebbe cresciuto poi insieme alla storia dei suoi protagonisti? «Certo che no, queste cose non si possono pianificare», afferma Linklater. «Non puoi mai prevedere quale sarà la chimica delle persone in un film. Ci è capitato di vivere un’esperienza speciale nel ‘94. In fondo siamo tre persone che sentono di avere ancora qualcosa da esprimere attraverso questi personaggi». Conferma Hawke: «Credo che nessuno potesse prevederlo, ma alla fine del primo film sapevo che mi sarebbe piaciuto lavorare ancora con loro. In un modo o nell’altro è successo per tre volte di fila. Ogni volta che ci penso, davvero, non so come sia potuto accadere. Non credo, però, che ci saremmo ritrovati se non avessimo nutrito un grande amore per l’intero progetto». Continua Delpy: «Ognuno di noi va avanti separatamente per la sua strada. Eppure resta nel profondo la stessa idea, per mesi e anni. Ci pensiamo e ripensiamo, e a un tratto eccoci di nuovo a scrivere insieme».

Una lunga relazione L’alchimia che unisce Linklater, Hawke e Delpy, inaspettata e intermittente, prende avvio con un processo di scrittura definito “misterioso” da Hawke, “privo di ego” da Delpy e “magnetico”, dalla produttrice Sara Woodhatch. Una volta terminato Before Sunset – Prima del Tramonto, «tutti volevano sapere: “a quando il terzo? Che cosa succede poi?”», racconta Linklater. Dopo sei anni di congetture i tre erano pronti a riportare in vita Jesse e Celine. Spiega Hawke: «Funziona così: ci incontriamo per una ragione qualsiasi e cominciamo a parlare. Per qualche anno discutiamo su come i personaggi possano ritrovarsi e così prende forma una trama…». Delpy: «…E cominciamo a prendere appunti. Ethan ci invia una scena, allora io invio un monologo sulla perdita di una persona amata, morta o cosa, che alla fine potrà essere incluso nel film oppure no…». Linklater: «…Ma la cosa si è davvero consolidata solo quando siamo partiti per la Grecia, dove abbiamo trascorso sette settimane a scrivere. Un periodo di lavoro molto, molto intenso, un laboratorio nel quale abbiamo preteso il massimo da ognuno di noi». Hawke: «Alle persone piace l’idea che sia Julie a scrivere per Celine, io a occuparmi di Jesse mentre Rick è un editor o qualcosa di simile. L’idea avrebbe senso, ma la verità è che non esistono parti della sceneggiatura sulle quali Julie, io o Rick non abbiamo messo mano. Rick ha una regola: se qualcosa non piace a qualcuno, allora si elimina. Questo ci fa sentire rilassati e fiduciosi». Delpy: «Spesso ho scritto per Ethan e Ethan per me. Lavoriamo ognuno per gli altri e con gli altri. Abbiamo cercato di abbandonare ogni forma di ego, altrimenti il risultato ne avrebbe risentito».

Una volta che la scrittura di Before Midnight era ormai avviata, con la trama e l’ambientazione greca già stabilite, i produttori Christos V. Konstantakopoulos (Take Shelter, Attenberg, Somebody Up There Likes Me) e Woodhatch hanno riunito gli sceneggiatori (insieme ai fortunati consorti e figli) perché elaborassero lo script finale. «Volevamo offrire loro il migliore ambiente possibile per scrivere—una bolla, un paesaggio favoloso, idilliaco, senza distrazioni esterne. Li abbiamo mandati al Costa Navarino, lo splendido resort in Messinia nel quale sono state girate le scene in hotel presenti del film. Osservare il loro dinamismo creativo ti ipnotizza, è come se fossero legati da un elastico invisibile. Provano a turno le scene divertenti e quelle drammatiche per vedere se funzionano ed è davvero straordinario.

Captain Phillips – Attacco in mare aperto

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– Sono 6 in totale le candidature all’Oscar ricevute dal dramma di Paul Greengrass: Miglior film, attore non protagonista, montaggio, sonoro, montaggio sonoro e appunto miglior sceneggiatura non originale, nomination assegnata a Billy Ray.

– Il film racconta la vera storia del dirottamento della nave mercantile statunitense MV Maersk Alabama, avvenuto nell’aprile 2009 per mano di quattro pirati somali e il sequestro del capitano Richard Phillips. La sceneggiatura è basata sul libro autoibiografico “A Captain’s Duty: Somali Pirates, Navy SEALs, and Dangerous Days at Sea” edito in Italia con il titolo “Il dovere di un capitano” scritto da Phillips in collaborazione con Stephan Tatty.

– William “Billy” Ray, alla sua prima candidatura all’Oscar, ha iniziato a scrivere per la televisione e ha debuttato con il suo primo film per il cinema nel 1994 con la sceneggiatura del thriller Il colore della notte.

– Ray ha anche diretto due film: il thriller Breach – L’infiltrato e il drammatico L’inventore di favole.

– Tra gli altri crediti di Ray per il cinema segnaliamo Vulcano – Los Angeles 1997, Sotto corte marziale, Flightplan – Mistero in volo, State of Play e il blockbuster Hunger Games.

Note sul film

Greengrass voleva che il film riflettesse la fotografia completa del mondo da cui provengono i pirati. “Il libro di Phillips’ è stato scritto secondo questo punto di vista, naturalmente; sin dall’inizio, Paul voleva raccontare una storia che andasse oltre questo”, ricorda lo sceneggiatore Billy Ray. Il Coproduttore Michael Bronner, collaboratore di lunga data di Greengrass, ha scavato a fondo ricercando nella storia della pirateria Somala, gli imperativi economici che la guidano. L’impoverimento della pesca nelle acque Somale, dovuta al suo sfruttamento eccessivo, ha rappresentato uno dei fattori che ha stimolato la crescita dell’economia piratesca davanti le coste Somale, che contavano in origine sul salutare commercio interno del pescato. Bronner spiega, “La Somalia, che è stata decimata dalla guerra civile da quando la sua dittatura militare è decaduta nel 1991, ha subito, quasi nello stesso periodo, un incremento della pesca illegale, dopo che la UE ha insaprito le regolamentazioni in tal senso, facendo sì che le loro flotte si dirigessero verso nuovi territori di pesca. La pirateria Somala ha essenzialmente avuto inizio come reazione allo sfruttamento eccessivo della pesca; ex pescatori hanno iniziato ad impossessarsi di navi cargo e la susseguente richiesta di riscatto per la loro liberazione, come una nuova fonte di reddito. Quando fu chiaro che questa era un’attività proficua, i signori della guerra ne furono attratti e sotto il loro conmando, i pirati proliferarono fino a formare un’impresa transnazionale organizzata.

La pirateria Somala è una struttura criminale organizzata a livello globale, supportata da finanziatori non soltanto in Africa, ma anche in Europa e Nord America. I ragazzi che vengono spediti ad attaccre le navi cargo- come Muse e il suo equipaggio- sono solo l’anello finale di una lunga e complessa catena di attori che controllano questa ’attività’ altamente redditizia. I capi dei conglomerati pirati riescono a vivere nel lusso ostentato, in un paese dove la povertà è così estrema che le giovani generazioni prive di prospetto, rischiano letteralmente tutto quanto pur di poter assaggiare almeno un pezzettino di quel tipo di vita”. Bronner ha integrato le ricerche sulla pirateria Somala, con altre ricerche nell’ambito dell’industria delle spedizioni navali internazionali; ha condotto numerose interviste con i responsabili della Maersk e con i veri membri dell’equipaggio dell’Alabama, presenti durante il sequestro, per comprendere il modo di vivere dei marinai oltre che le leggi internazionali ed economiche che vigono sulle navi porta container. La Maersk Alabama era inerme quando fu attaccata dai pirati (così come tutte le navi commerciali a quell’epoca, in accordo con i regolamenti internazionali). Gli ufficiali di bordo hanno rivelato a Bronner— anche nei giorni e nelle settimane precedenti il sequestro della Alabama — di aver discusso su come diminuire i rischi di attacco per la Maersk, in fase di navigazione in acque pericolose. Ultimamente, l’attacco all’Alabama ha causato cambi repentini nell’industria, inducendo la Maersk ed altre compagnie di navigazione, ad ingaggiare guardie armate (molti di essi ex Navy SEALs) per la protezione delle loro navi nei tratti più pericolosi delle loro rotte.

Philomena

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– Son 4 in totale le candidature assegnate al film di Stephen Frears: miglior film, attrice protagonista, colonna sonora e appunto miglior sceneggiatura non originale a Jeff Pope e Steve Coogan che è anche co-protagonista del film..

– Il film è basato sul romanzo di “The Lost Child of Philomena Lee” scritto dal giornalista Martin Sixsmith edito in Italia da Edizioni Piemme con il titolo “Philomena”.

Note sul film

Philomena Lee è rimasta sorpresa dal successo riscosso dal libro di Martin Sixsmith che ripercorre la lunga ricerca per ritrovare suo figlio: «Non riuscivo a capacitarmi del numero di lettere che Martin aveva ricevuto dopo l’uscita del libro». Ma la sua meraviglia è aumentata quando ha saputo che il libro di Martin sarebbe stato adattato per il grande schermo. Sua figlia Jane ricorda: «Ho ricevuto una telefonata da Martin che mi ha detto che Steve Coogan era interessato ad una trasposizione cinematografica del libro. Mi ricordo di essermi detta che non me lo immaginavo in un ruolo drammatico».

Philomena Lee: «Quando abbiamo incontrato Steve da Martin, mi hanno detto che avrebbero voluto adattare il libro per farlo diventare un film. Pensa un po’: la mia storia! Non pensavo che sarebbe successo. Ma Steve sembrava davvero toccato dalla mia esperienza. Al nostro secondo incontro mi hanno detto che Judi Dench era interessata ad interpretare me. Ero al settimo cielo!»

Jeff Pope, che ha co-sceneggiato il film con Steve Coogan, ricorda: «In breve, si tratta della storia di un’irlandese che parte alla ricerca del figlio che le suore le hanno sottratto 50 anni prima. In nessun momento Steve Coogan ha avuto la tentazione di inserire una battuta. Il nostro scopo era quello di restare fedeli ai fatti, sottolineandone l’aspetto emotivo. Sapevamo che sarebbe stato interessante esplorare l’incontro di due diverse culture. Ma la cosa che mi è piaciuta di più è l’idea che ha avuto Steve di rendere Martin un personaggio. Martin non compare nel libro, e Steve ha avuto l’idea di raccontare la storia di quest’uomo della media borghesia, laureato in una prestigiosa università inglese ed un tempo addetto alla comunicazione per il governo britannico, assieme a quella di una modesta anziana signora irlandese.

L’incontro tra i due ha rappresentato il nostro punto di partenza. Martin ha accolto l’idea con entusiasmo. Ne abbiamo discusso anche con Philomena e le abbiamo detto che avremmo voluto raccontare la storia che aveva portato alla scrittura del libro. Per lei è stata un’avventura interessante. Il giorno in cui il figlio perduto compiva 50 anni, aveva confidato a sua figlia di aver avuto un bambino fuori dal matrimonio 50 anni prima, che lo aveva dovuto abbandonare e che, da allora, lo cercava. Non credo che abbia immaginato nemmeno per un attimo che la sua storia sarebbe arrivata sul grande schermo. E’ stata cresciuta nel rispetto della religione cattolica e si sente ancora molto in colpa per quello che le è capitato. Si preoccupava di sapere quello che la gente avrebbe pensato di lei. Non voleva mettere in imbarazzo la sua famiglia. Ma credo che il film le abbia permesso di prendere coscienza del fatto che ancora oggi migliaia di persone vivono la sua stessa situazione. Se parlarne permette almeno ad una madre e ad un figlio di ritrovarsi, allora, non fosse altro che per questo, ne è valsa la pena».

Martin Sixsmith dice a proposito del suo libro: «Come molte storie interessanti, anche questa è nata da una coincidenza. Una sera ho incontrato una persona che, sapendo che sono un giornalista, mi ha raccontato la storia di Philomena e del figlio perduto. Era una storia talmente commovente che ho sentito il dovere di raccontarla. Parlava di amore, di separazione, di speranza e alla fine di riscatto. Nella mia vita ho fatto molte cose – ho lavorato per il governo, per la BBC, ho lavorato come storico – ma non avevo ancora mai raccontato una storia veramente vissuta. E più Philomena ed io lavoravamo insieme, più mi sembrava che ne valesse la pena. In un certo senso era come se conducessimo un’indagine di polizia. Sapevamo cos’era successo a suo figlio: lo avevano adottato ed era partito per gli Stati Uniti, ma non sapevamo niente della sua vita. Philomena provava sentimenti contrastanti all’idea che io scrivessi il libro. Per 50 anni ha avuto la sensazione di aver fatto uno sbaglio e di doversi tenere tutto questo per sé. Ma io sono un giornalista, è la mia natura. E non sono né irlandese né cattolico, ho quindi potuto scrivere la storia con maggiore distacco».

12 anni schiavo

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– Sono 9 in totale le candidature all’Oscar assegnate al biopic di Steve McQueen: miglior film, regista, attore protagonista, attore non protagonista, attrice non protagonista, montaggio, scenografia, costumi e appunto sceneggiatura non originale a John Ridley.

– Il film è basato sul libro autobiografico “12 Years A Slave” di Solomon Northup.

– Lo sceneggiatore e scrittore John Ridley, sette i romanzi all’attivo, è alla sua prima candidatura all’Oscar, tra i suoi lavori per il cinema ricordiamo U Turn – Inversione di marcia di Oliver Stone con Sean Penn e Jennifer Lopez, la parodia Undercover Brother e l’action a sfondo bellico Three Kings.

Note sul film

Quando nel 1853 fu pubblicato, il libro “12 Years A Slave”, in cui Solomon Northup raccontava (a David Wilson) i dodici anni trascorsi in schiavitù in diverse piantagioni della Louisiana, divenne subito un best seller. Era un libro che oltre a documentare per la prima volta la vita quotidiana degli schiavi e a spiegare che cosa significasse essere proprietà di qualcuno, offriva anche un quadro complesso dell’impatto morale, emotivo e spirituale che la schiavitù – la cosiddetta peculiar institution – esercitava su tutte le persone coinvolte: dagli schiavi che provenivano da paesi diversi, ai padroni. Ma soprattutto era una
testimonianza della tenacia umana.

Scritto un anno dopo la “liberazione” di Northup, e nove anni prima della guerra civile, il libro divenne un elemento chiave nel successivo dibattito sul futuro della schiavitù, perché contraddiceva il quadro idilliaco che ne proponevano gli schiavisti. Lo stesso Northup disse che raccontando la sua storia e la varietà di personaggi e comportamenti incontrati nelle piantagioni voleva prima di tutto offrire una testimonianza diretta della schiavitù, così come l’aveva vista e vissuta in prima persona. Molti rimasero colpiti e commossi dal coraggio del protagonista, che non si era limitato solo a raccontare quello che gli era successo, ma si era soffermato a descrivere in dettaglio anche il contesto. Il grande statista americano Frederick Douglass, a sua volta autore di un’autobiografia pubblicata nel 1845 sulla sua storia di nero nato schiavo, disse di Northup: “Pensate! Un uomo vive per trent’anni con le speranze, le paure e le aspirazioni di qualsiasi altro uomo, con una moglie e dei figli, con una casa magari modesta ma pur sempre una casa: e poi, per dodici anni si ritrova a essere schiavo, valutato come un cavallo o un mulo ma trattato peggio di loro… Che orrore! Ti si gela il sangue a pensare che cose del genere accadano”.

Nonostante lo scalpore suscitato all’epoca e il suo valore storico, il libro poi è stato quasi del tutto dimenticato, ed è rimasto fuori catalogo per buona parte del Novecento. In realtà, sarebbe andato perduto per sempre se nel 1968 la storica Sue Eakin non l’avesse riproposto riportandolo al centro del dibattito sui diritti civili. La Eakin ha confermato la verità storica del racconto di Northup, documentando la sua versione dei fatti. Da allora, il libro è diventato una delle più autorevoli testimonianze storiche dello schiavismo, anche se non ha mai avuto la diffusione che avrebbe meritato.

Il regista Steve McQueen voleva far conoscere la storia di Northup al pubblico del XXI secolo, e rendere omaggio a questo eroe misconosciuto. “È una storia universale e al tempo stesso estremamente attuale, credo”, osserva McQueen. “Basta guardarsi
intorno per accorgersi che la schiavitù ha lasciato ferite ancora aperte: è come se non fosse mai del tutto finita. Ma la storia di Northup può rinfrescarci la memoria e aiutarci a capire come il passato si riflette nel presente. Un viaggio reso ancora più significativo dal fatto che Solomon Northup è ognuno di noi. Ripercorrendo la sua storia, ci identifichiamo con lui e ci chiediamo se avremmo avuto il suo coraggio e la sua dignità”.

The Wolf of Wall Street

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– Sono 5 in totale le candidature assegnate al film di Martin Scorsese: miglior film, regista, attore protagonista, attore non protagonista e appunto miglior sceneggiatura non originale a Terence Winter.

– Winter è alla sua prima candidatura all’Oscar. all’attivo per lui script televisivi per I Soprano che gli sono valsi tre Emmy Awards e Boardwalk Empire serie tv prodotta proprio da Scorsese, mentre per il cinema Winter ha sceneggiato il biopic su 50 Cent Get Rich or Die Tryin’ e il crime-drama Brooklin Rules.

Note sul film

Winter negli anni ottanta aveva lavorato per Merrill Lynch, quindi era in grado di mettere assieme una conoscenza diretta del mondo finanziario, con un’inclinazione a scrivere dei pericoli di questo stile di vita. Lui ha cominciato a svolgere ricerche attingendo direttamente alla fonte, incontrando diverse volte Belfort. “Jordan è stato molto aperto”, ricorda Winter. “Il libro non nasconde nulla, ma di persona è stato ancora più onesto. E’ entrato nei dettagli dell’uso delle droghe, delle orge, dei rapporti e di tutto il resto. Era un libro aperto. In seguito ho intervistato i suoi genitori, l’ex moglie, gli agenti dell’FBI che lo hanno arrestato, le persone che lavoravano per lui e anche alcune che ha truffato”.

In breve tempo, Winter aveva un ritratto completo di Belfort nella sua testa. “La genialità di Jordan è che lui è estremamente seducente, è divertente, intelligente e anche molto autoironico. Credo che lo stesso si possa dire delle persone che lavoravano per lui. Erano così affascinanti che per un attimo ti dimentichi che stavano derubando tanta gente”. Lo sceneggiatore prosegue dicendo che “per me era interessante, perché ti faceva pensare che ‘Se non fosse per la grazia divina, quello sarei io’. Jordan era un normale ragazzo del Queens. I suoi genitori erano dei contabili e lui voleva soltanto avere successo, un desiderio comune a tutti noi, ma si è ritrovato a finire in una spirale senza controllo. Aveva delle doti naturali di venditore, ma poi è rimasto corrotto dal sistema, fino a quando non lo ha sfruttato a suo piacimento. Io ci vedevo la storia di un ragazzo onesto che si trasforma in un mostro della finanza”. Questo mostro aveva un’insaziabile fame di possedere tutti i giocattoli e i piaceri conosciuti dall’umanità. “Non è soltanto la storia di ascesa e caduta di un tipo che rubava soldi a Wall Street, ma anche quella di una persona la cui vita era piena di situazioni folli, generate dalla sua ossessione per il sesso e le droghe. Lui è diventato dipendente da qualsiasi cosa si possa essere dipendenti”, nota Winter. “Voleva sempre di più. Più droghe. Più donne. Lo yacht più grande. Case ovunque. Ed è andato completamente fuori controllo. E’ stato molto divertente cercare di ricreare questo viaggio folle sulle montagne russe”.

Winter ritiene che questo racconto sia particolarmente attuale, arrivando subito dopo la crisi economica globale che ha messo in evidenza una corruzione diffusa e ha cambiato per sempre la percezione di Wall Street. “Siamo nel 2013, cinque anni dopo il crollo della nostra economia e tante persone responsabili di questi eventi ricoprono ancora posizioni importanti”, fa notare Winter. “Insomma, è il caso di chiedersi se abbiamo imparato qualcosa”. DiCaprio era entusiasta del lavoro di Winter. “Terry ha scritto una sceneggiatura che comprendeva tutti i momenti più folli della vita di Jordan e appositamente per Martin Scorsese. Inoltre, mi ha fornito alcuni dei dialoghi più brillanti che abbia mai avuto l’opportunità di pronunciare come attore. Siamo molto grati che abbia realizzato l’adattamento del libro, perché ha inserito tante sfumature in questi personaggi e ha mostrato un grande coraggio, come nessun altro avrebbe potuto fare.

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Premio Oscar