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Cannes 2014: tutti i voti ai film e considerazioni finali

Festival di Cannes 2014: le proiezioni sono finite, i premi sono stati assegnati e tutti sono tornati a casa. Facciamo il punto della situazione di questi 12 giorni di film, sorprese, delusioni, chicche, tematiche e fili conduttori. Con molta speranza verso il futuro, tra tanti giovani promettenti e diversi stili che rischiano.

pubblicato 26 Maggio 2014 aggiornato 31 Luglio 2020 01:24

Il più giovane e il più anziano, premiati ex-aequo con lo stesso premio. Non c’è modo migliore di racchiudere tra questi due punti il Festival di Cannes 2014 (qui i vincitori), tra il Premio della Giuria assegnato a Xavier Dolan e il Premio della Giuria assegnato a Jean-Luc Godard. Che guardano tra l’altro entrambi al futuro del cinema: il primo col suo stile e la sua originalità, il secondo con la sua ri-partenza del 3D.

Forse l’annata 2013 ha avuto più punte e capolavori (ma ne siamo sicuri? Numeri alla mano abbiamo qualche dubbio…), ma quest’ultima edizione della rassegna è stata forse più stimolante. Facile tornare a casa contenti con metà concorso con nomi del calibro di Kechiche, i Coen, Payne, Farhadi e compagnia. Meno trovarsi sulla stessa barca ad entusiasmarsi tutti assieme per Ceylan, Assayas, Dolan, Lee Jones, Godard, che hanno messo più alla prova (e parliamo di titoli fra i più celebrati).

Certo, poi Cannes è sempre Cannes: con i Dardenne si va sul sicuro, Loach fa sempre Loach, c’è la Kawase che viene scambiata per chissà chi, le due sòle in corsa per la Palma non mancano, ecc. ecc. ecc.. Storia già vista, ma più variegata e pepata rispetto al solito. Perché mi pare che Cannes 2014 abbia deciso di puntare con precisione verso un bersaglio: magari non gli era molto chiaro quale fosse, questo bersaglio, ma intanto il vettore era indirizzato verso il rischio e il futuro.

Dolan e Godard, davvero i due più giovani del festival, hanno detto la loro con forza e personalità. La giuria del concorso in questo senso ha colto la palla al balzo per premiare Dolan e Alice Rohrwacher. E le nuove leve (alcune di loro ormai delle conferme, certo) sono quelle che forse si sono rivelate come le più interessanti dell’intera selezione, si pensi a Ruben Östlund, David Robert Mitchell, Ned Benson, Lisandro Alonso, Céline Sciamma, Jim Mickle, Damien Chazelle, il trio alle spalle di Party Girl

Insomma: a Cannes 2014 abbiamo incontrato tanti nomi nuovi o che stavamo tenendo d’occhio da un po’, e ci siamo sentiti rassicurati. Come Venezia 2013, Cannes 2014 ha fatto le sue scommesse (quanti stanno ancora spendendo fiumi di inchiostro per scrivere che Szifron non meritava la competizione?) e ha disseminato il programma di chicche, rese quasi invisibili da un calendario punitivo che ha costretto la stampa a fare i salti mortali o rinunciare direttamente a più di qualcosa di potenzialmente interessante.

Veniamo al concorso. Se ancora non si fosse capito, Mommy è il nostro preferito. Abbiamo tifato per Dolan e per questa benedetta Palma dal primo momento, con la stessa energia che il giovane regista canadese mette in tutti i suoi lavori. Si tratta del suo quinto lungometraggio, ed è il suo lavoro più sentito, toccante e commovente. Un cinema originale nella forma (quell’1:1 che serve anche a livello narrativo…) e devastante emotivamente, con due o tre scene in cui devi reprimere il magone.

Rubo una definizione letta in giro per spendere due righe su Maps to the Stars: è Cronenberg che fa un film di Solondz. Ma resta sempre Cronenberg: cambia pelle, resta freddissimo, sa costruire sotto la superficie di ghiaccio un mondo completamente aperto e vasto. Julianne Moore ha vinto la Palma come miglior attrice, battendo Marion Cotillard. Che è la terza volta di fila che non riesce a prendersi questo premio. Non ce la fa neanche col film dei Dardenne, Due Jours, Une Nuit, bellissimo, teso e umano.

Sils Maria ha purtroppo un paio di difetti di struttura che non gli permettono di spiccare il volo verso l’infinito (però bisognerà dargli una seconda chance: è stato l’ultimo del concorso). Ma una freddezza di base e una certa ripetitività non lo buttano giù, e resta un gran film. Un’elegante e malinconica mise en abîme sulla vita e sul passare del tempo, sul passaggio di testimone e sulla carriera attoriale. Il duo Juliette Binoche – Kristen Stewart fa faville, ma è soprattutto la seconda a sorprendere: si tratta per davvero della scoperta attoriale di Cannes 2014, e ci fa piacere.

Resta un gran film anche Foxcatcher, terza fatica di Bennett Miller, premiato a sorpresa con la Palma per la regia. Si tratta di un film cupo, che lavora di sottrazione e mette a disagio. Nel trattare il rapporto mentore – allievo poi sa essere spesso anche più spaventoso di The Master. Lo rivedremo agli Oscar, si spera. Winter Sleep, la Palma d’oro, mette senz’altro alla prova: 3 ore e 16 minuti di Ceylan possono intimorire, lo sappiamo. Ma questo dialogatissimo slowburner merita pazienza, e si arriva alla fine molto ripagati. Anche perché si apre al mélo.

Di Adieu Au Langage non sappiamo più che dire, visto che ci siamo già espressi e comunque ogni parola in più che si spende meriterebbe approfondimento. L’unica cosa che mi sento di aggiungere ora è che, vista la stereoscopia (non solo fondamentale, ma necessaria!), bisognerebbe vederlo solo al cinema: ma chi si prende la briga di distribuirlo in Italia, di grazia? E pensare che in Francia usciva lo stesso giorno della prima in concorso a Cannes, e molte sale erano piene…

The Homesman è un western che rispetta le regole del genere e al tempo stesso le rimescola. È dark, comico, malinconico. Ad una scena grottesca ne segue un’altra terribile. Tommy Lee Jones ci parla di una nazione cattiva e pericolosa, non ancora pronta per un ruolo forte in società della donna, e in cui solo con la follia ci si può salvare. Mr. Turner è invece il solito bel film di Leigh, un biopic che ci mette un po’ a ingranare ma che sa essere toccante, e che rilegge spesso a livello cinematografico l’arte del grande pittore. Timothy Spall ha vinto come miglior attore.

Altri film. Relatos Salvajes è fatto per chi adora il grottesco e l’assurdo di pancia, gli altri si astengano (peccato per loro). Le Meraviglie ha un suo perché, ma lo capiranno più all’estero (incominciamo a dire troppo spesso “lo capiranno più all’estero”: dovremmo porci qualche domanda, no?). Il film ha vinto il Gran Premio della Giuria. Timbuktu ha i suoi problemini, ma anche tante idee notevoli e tante scene sorprendenti (quella della partita invisibile è tra le punte della rassegna).

Meno convincenti. Piace poco il Saint Laurent di Bonello: ma dei film poco convincenti è quello che personalmente mi è più ronzato in testa. Vero: è antipatico, lungo, ripetitivo. Ma è anche un biopic come non se ne vedono in giro, quasi “avvelenato”, con idee di regia magnifiche ed un’ora finale ipnotica. E Ulliel è perfetto. Leviathan invece mi scade piuttosto in fretta: è un tipo di cinema che rispetto molto, con una bella regia e momenti molto, molto divertenti, anche inaspettatamente. Ma le simbologie, le metafore e le “spiegazioni” mi paiono troppo palesi. Però ha vinto per la miglior sceneggiatura. Bah.

Jimmy’s Hall non è brutto e ha la stessa passione del solito cinema di Loach, ma la sceneggiatura di Laverty questa volta è davvero sfacciatamente schematica, anche più del solito. Still the Water doveva essere il capolavoro della Kawase, come diceva lei stessa: è invece una cosina divisa tra molta bellezza, molta poesia, molta natura e scelte discutibili. Soprattutto pare tutto programmato per piacere al pubblico occidentale. Finiamo con le due sòle pazzesche del concorso. The Captive conferma che Egoyan si deve prendere una bella pausa, mentre The Search è una cosa abominevole, e che conferma il bluff che è Hazanavicius.

Nel fuori concorso non c’è nulla che mi abbia entusiasmato. Il migliore, per dire, è Dragon Trainer 2, che è almeno un sequel abbastanza soddisfacente e molto divertente. Grace di Monaco si commenta da sé, mentre The Rover è un tipo di cinema che mi piace ma che purtroppo tiene a distanza sin da subito. In Un Certain Regard invece c’erano almeno due grandi film: Jauja di Lisandro Alonso, un capolavoro, e Turist di Ruben Östlund, che ha cose da mandare a memoria, tra cui la scena di valanga più bella della Storia. Erano due film da concorso, e potevano benissimo sostituire Egoyan e Hazanavicius.

Infine tre consigli per i fan del cinema indie americano: segnatevi The Disappearence of Eleanor Rigby, con una Chastain meravigliosa, Whiplash, energica opera seconda di Damien Chazelle vincitrice al Sundance, e soprattutto It Follows, uno dei migliori horror degli ultimi anni. Non ho mai visto una sala così piena di pubblico eterogeneo rispondere allo stesso modo ad un film di questo genere: trattenendo il fiato per tutto il tempo e applaudendo alla fine tutti assieme. Magia, oggi più che mai, del grande schermo.

Di seguito tutti i voti (senza mezzi punti) ai film visti con i link alle recensioni. Qui trovate il resoconto di Antonio. Non dimenticate infine di recuperare il nostro diario giornaliero a quattro mani dalla Croisette.

Concorso

Mommy: recensione in anteprima del film di Xavier Dolan

Adieu Au Langage – Jean-Luc Godard
Voto: 8

Captives – Atom Egoyan
Voto: 3

Due Jours, Une Nuit – Jean-Pierre e Luc Dardenne
Voto: 8

Foxcatcher – Bennett Miller
Voto: 8

The Homesman – Tommy Lee Jones
Voto: 8

Jimmy’s Hall – Ken Loach
Voto: 6

Leviathan – Andrey Zvyagintsev
Voto: 6

Maps to the Stars – David Cronenberg
Voto: 9

Le Meraviglie – Alice Rohrwacher
Voto: 7

Mommy – Xavier Dolan
Voto: 10

Mr. Turner – Mike Leigh
Voto: 8

Relatos Salvajes – Damian Szifron
Voto: 8

Saint Laurent – Bertrand Bonello
Voto: 6

The Search – Michel Hazanavicius
Voto: 1

Sils Maria – Olivier Assayas
Voto: 8

Still the Water – Naomi Kawase
Voto: 5

Timbuktu – Abderrahmane Sissako
Voto: 7

Winter Sleep – Nuri Bilge Ceylan
Voto: 8

Fuori concorso

Dragon Trainer 2: recensione in anteprima

Coming Home – Zhang Yimou
Voto: 4

Dragon Trainer 2 – Dean Deblois
Voto: 7

Grace di Monaco – Olivier Dahan
Voto: 3

Pyo Jeok – Chang
Voto: 4

The Rover – David Michôd
Voto: 6

Un Certain Regard

Jauja

Amour Fou – Jessica Hausner
Voto: 7

Bird People – Pascale Ferran
Voto: 5

La chambre bleau – Mathieu Amalric
Voto: 7

The Disappearence of Eleanor Rigby – Ned Benson
Voto: 8

Jauja – Lisandro Alonso
Voto: 10

Incompresa – Asia Argento
Voto: 6

Lost River – Ryan Gosling
Voto: 5

Party Girl – Marie Amachoukeli, Claire Burger e Samuel Theis
Voto: 5

The Salt of the Earth – Wim Wenders e Juliano Ribeiro Salgado
Voto: 8

Snow in Paradise – Andrew Hulme
Voto: 5

Turist – Ruben Östlund
Voto: 9

White God – Kornel Mundruczo
Voto: 3

Quinzaine des Réalisateurs

Whiplash

Bande de Filles – Céline Sciamma
Voto: 8

Cold in July – Jim Mickle
Voto: 7

Non Aprite Quella Porta (versione restaurata 4K) – Tobe Hooper
Voto: 10

Queen and Country – John Boorman
Voto: 7

Whiplash – Damien Chazelle
Voto: 8

Semaine de la Critique

It Follows: recensione in anteprima del film horror

It Follows – David Robert Mitchell
Voto: 9

Più buio di mezzanotte – Sebastiano Riso
Voto: 5

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