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Ragazze a mano armata: Recensione in Anteprima

Con una locandina caratterizzata dai cannoli siciliani, un cast tanto improbabile e un titolo ‘geniale’, Fabio Segatori prova ad omaggiare i ‘b-movie’ all’italiana degli anni ’70

pubblicato 6 Giugno 2014 aggiornato 31 Luglio 2020 01:04

Quando si dice ‘un titolo che è tutto un programma’. Se a questo ci aggiungi un certo tipo di locandina e una trama che grida ‘eccessi’, il ‘rischio’ b-movie all’italiana è davvero dietro l’angolo. Quasi con orgoglio, potremmo dire, perché quel tipo di cinema sbeffeggiato negli anni ’70 e ’80 è poi diventato di culto nei decenni successivi, tanto da ‘formare’ un due volte Premio Oscar come Quentin Tarantino, cresciuto a pane e ‘porcate’ all’italiana. Pseudo verità che hanno alimentato non poca curiosità nei confronti di Ragazze a mano armata, action comedy al femminile diretta da quel Fabio Segatori nel 1999 nominato ai Nastri d’argento per la migliore opera prima grazie a Terra Bruciata. Passati 3 lustri, sbarcato ad Hollywood e tornato in Italia per realizzare ‘ritratti’ legati a Werner Herzog, Enzo G. Castellari e Tsui Hark per mamma Rai, Segatori è volato in Sicilia per dar vita a questo curioso progetto che solo in parte ha confermato timori e speranze della vigilia, inevitabilmente legati l’uno all’altro.

Perché in certi casi provare a rimanere con un piede in due scarpe è illogico e poco sensato, finendo così per rovinare un’idea di fondo rischiosissima eppure affascinante. Protagoniste della pellicola Emma, Gioia e Stella, studentesse di Corleone che nulla hanno a che fare con la mafia. Sono a Messina per studiare ma con pochi soldi in tasca e non si sa quante bollette da pagare, lo sfratto è dietro l’angolo. La soluzione si chiama ‘affitto di una stanza’, con un’elegante signora veneta, tale Bea, che chiede riparo per solo 10 giorni. Ma con pagamento anticipato, mensilità completata e caparra sganciata sull’unghia. La donna scappa dall’ex fidanzato, tale Michelangelo, e convince le ragazze a farsi accettare in casa. Ovviamente, neanche a dirlo, Bea non è veneta, è romana ed è una criminale. In casa nasconde un milione di euro in una borsa ma viene investita da un camion, tanto da sparire e rimanere in coma per oltre un mese. Trovata il ‘tesoro’, le 3 studentesse prima giurano a loro stesse di non sfiorarlo neanche con un dito, per poi darsi alla pazza gioia, concedersi un pomeriggio di shopping e dopo un litigio bruciarlo accidentalmente. Nulla di male se non fosse che Bea si riprenda dal coma e torni a casa con il ‘legittimo proprietario’ di quel milione, che concede alle 4 una settimana di tempo per restituire il malloppo. Le 3 giovani studentesse dovranno quindi diventare ‘rapinatrici’ di banche dal giorno alla notte… e a mano armata.

Solo 18 giorni di riprese per per un film tratto da una pièce teatrale di Paola Columba. Da qui è partito Segatori, con una troupe interamente composta da ragazzi under 30, due esordienti come co-protagoniste, un ‘mito’ come Nino Frassica nei panni di un pasticciere guest star e un volto ancora poco valorizzato dal cinema di genere nostrano, quello della verace ed esplosiva Karin Proia, sfruttato solo nella seconda parte. Ed è qui che si concretizza il primo no-sense registico. Perché Segatori concede troppo spazio e libertà ai personaggi delle 3 studentesse, provando persino a pennellarne i tratti caratteriali, scordandosi di fatto per circa metà opera le curve, la comicità (in)volontaria e la forza illuminante della Proia, che riempie di fatto lo schermo ogni qualvolta compaia. Non ci si può prendere troppo sul serio dinanzi ad una sceneggiatura simile, a battute tanto assurde e a svolte così forzate. Perché perdere tempo dietro a Pippo, ex di Emma che ci prova con Stella, quando c’è una rapina da organizzare, 3 studentesse da tramutare in ladre e una travolgente criminale da valorizzare? Perché non concentrarsi sul volto malavitoso di Piero Maggiò e sulla geniale e demenziale comicità di un malinconico Frassica? Perché forzare la mano a tutta una prima parte per poi lasciarsi finalmente andare solo con la seconda, che ricorda realmente i ‘b-movie all’italiana’, tra improbabili rapine con travestimenti alla Bagaglino anni ’90 e scenografie ‘internazionali’ che (San Francisco su tutte) trasudano di tarocco?

Un film che va contro i luoghi comuni che emergono ogniqualvolta si parla di Sicilia e di Corleone in particolare: mafia, maschilismo e arretratezza“, ha voluto precisare Segatori, per poi concedersi un finale alquanto discutibile che vede le 3 studentesse diventare decisamente ‘altro’, finendo così per confermare quegli stessi stereotipi che si volevano abbattere. Ma come, non erano brave ragazze? Omaggiando gli spaghetti western con le musiche di Fabrizio Bondi, il regista alterna buone idee a momenti di pura stanca, veri scene semplicemente riempitive per riuscire ad arrivare agli 87 minuti finali, mostrando al pubblico una Sicilia sicuramente inedita, almeno dal punto di vista paesaggistico, con citazione nei confronti del ‘vero’ bar de Il Padrino e fascinosa location sullo Stretto per la sparatoria finale.

Ma con una locandina caratterizzata dai cannoli siciliani, un cast tanto improbabile e un titolo simile, Segatori avrebbe dovuto e potuto osare molto di più, evitando di rimanere in un limbo di ‘vorrei ma non ne ho il coraggio‘ che ha inevitabilmente finito per limitare e frenare un’opera già di suo alquanto rischiosa, a conti fatti troppo folle ed assurda per risultare di fascia ‘superiore’ e paradossalmente troppo poco pazza per meritarsi l’etichetta di (s)cult, che in caso contrario avrebbe fatto sua a mani basse. Peccato.

Voto di Federico: 4.5

Ragazze a mano armata (Ita, 2014, commedia, poliziesco) di Fabio Segatori; con Karin Proia, Federica De Cola, Giovanna D’angi, Gianna Verdelli, Paride Acacia, Massimiliano Frateschi, Piero Maggiò, Ela Carnabuci, Giorgio Casella e con l’amichevole partecipazione di Nino Frassica – uscita in sala 19 giugno.