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Contraband: Recensione in Anteprima

Da attore protagonista a regista del remake. Cineblog recensisce in anteprima Contraband, diretto da Baltasar Kormákur

pubblicato 9 Luglio 2012 aggiornato 1 Agosto 2020 00:18

Tratto da uno dei film più costosi nella storia della filmografia islandese, ossia Reykjavík-Rotterdam, Contraband è sostanzialmente la risposta più o meno hollywoodiana a quella pellicola ampiamente apprezzata dalla critica. Non a caso a dirigere questa sorta di remake è colui che produsse ed interpretò uno dei ruoli da protagonista in quel film, ossia Baltasar Kormákur.

Un’opera onesta la sua, che tenta di replicare (se non superare) il successo del lavoro originale, sfida apparentemente alla portata, visto e considerato il cast di tutto rispetto su cui il regista islandese ha potuto contare. Tenteremo di capire col prosieguo di questa disamina se e perché Contraband sia riuscito o meno nell’impresa, nella speranza di evidenziare i punti giusti al fine di una corretta percezione.

Ma visto che ne abbiamo già fatto cenno, introduciamo coloro che si muovono in questo teatro dell’illecito, oltre i confini della legge. Anzitutto Mark Wahlberg, meno “picchiatore” di quanto sia lecito supporre ma comunque a proprio agio in un ruolo che gli appartiene. Dopodiché Kate Beckinsale, Ben Foster e Giovanni Ribisi. Questi i volti indiscutibilmente noti.

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Le vicende prendono piede a New Orleans, dove Chris Farraday (Mark Wahlberg) crede di essere riuscito a chiudere definitivamente col proprio passato. Ex-contrabbandiere, oramai conduce una tranquilla vita nel solco della legalità, occupandosi di sistemi d’antifurto e riempiendo le proprie giornate in compagnia della stupenda moglie, Kate (Kate Beckinsale), e i suoi due figli.

Ma come sempre accade, non sappiamo se sia prima il cinema o la vita ad insegnarcelo, mai fare i conti senza l’oste. Il fratello di Kate, probabilmente intriso di idolatria per il cognato, decide di buttarsi nel traffico di droga. Sì, come fattorino però, ultimo nella scala gerarchica del contrabbando. La merce che deve trasportare “si perde” e da qui cominciano i problemi.

Come alludevamo poc’anzi, gli eventi superano la volontà dei singoli e questo episodio non può far altro che innescare un vortice di situazioni che tutti riusciamo grossomodo a prevedere, eccetto chiaramente chi ne è coinvolto. A dispetto della sua strenua riluttanza, Chris deve ancora una volta sporcarsi le mani. Come un giocatore d’azzardo che ha perso il vizio da tempo ma che conosce bene l’ebrezza di certi momenti, al povero malcapitato non resta che gettarsi a capofitto su un losco affare dal quale sa che avrebbe fatto meglio a tenersi alla larga.

Quando in apertura abbiamo evocato il concetto di onestà in relazione al lavoro di Kormákur, non l’abbiamo fatto a caso. Ogni indizio sembra condurci verso uno svolgimento scontato, a tratti banale. Ed invece, tolto il finale, quello che abbiamo è un film che, pur non facendo della suspence il proprio cavallo di battaglia, gioca a limitare le fattispecie francamente troppo eccessive. Eccessive nel loro generare un qual certo déjà vu, non tanto in relazione al film a cui manifestamente si ispira, ma a tutta quella serie di pellicole su questa stessa falsa riga.

Lo schema è quello classico, col “buono” (un tempo “cattivo”), risucchiato da alcuni “ex-colleghi”. E se gli autori non indulgono, a ragion veduta, sull’azione sfrenata, sono altre le componenti che avvicinano Contraband ad una sensibilità prettamente americana. Perché Chris, il personaggio di Wahlberg, a dispetto di tutto, oramai è pulito. Anzi, in realtà il codice del contrabbandiere gentiluomo lo ha addirittura ereditato dal padre – altro elemento sospetto ai fini di queste nostre ultime considerazioni.

A suo modo è un “eroe”, per il semplice fatto di tentare di giocare quanto più correttamente possibile nell’ambito di un contesto dove tutti giocano sporco. Sì, qualche scazzottata, qualche minaccia e addirittura un inseguimento degni di nota. Tuttavia il clima viene intelligentemente stemperato da Kormákur, che punta più sull’altro lato della medaglia. Un uomo che non riesce a liberarsi del proprio passato, tema tutto fuorché originale, ma qui proposto senza troppi fronzoli e, bisogna ammetterlo, senza ricorrere troppo superficialmente ad escamotage furbescamente funzionali.

contraband_poster-ver2 Nel seguire Contraband bisogna quindi lasciarsi trasportare dagli eventi, prendere atto del succedersi di questi ed andare avanti. E seppur la caratterizzazione dei personaggi non brilla per estro, quel che aggiungono alcuni interpreti tende ad impreziosire certi profili anziché no.

Prendiamo il personaggio di Ribisi, uno dei classici bulletti di quartiere che tenta di “sfondare” facendo fondo alla sola instintività, senza curarsi affatto di astute macchinazioni. Un ruolo apparentemente “povero”, nonostante la narrazione richieda tutt’altra rilevanza a questo suo teatrante. Ebbene, l’ottimo Ribisi (a nostro parere uno dei migliori in circolazione), dà ancora una volta prova della propria duttilità, tirando fuori una performance che non farà magari strappare i capelli, certo… ma che definire appropriata è riduttivo.

Sottotono, invece, la sempre avvenente Beckinsale, qui nel ruolo di donna forte, degna dell’uomo che ha sposato. Limitata, non tanto dalle battute o dal numero di volte che compare davanti alla macchina da presa, quanto da una veste che la rende pressoché anonima.

Il resto è tutto sommato un buon film, con un buon ritmo ed alcune trovate azzeccate. Non una pietra d’inciampo del genere per le future produzioni in quest’ambito, ma il suo lo fa. La pellicola lavora discretamente, senza lasciarci mai di sasso eppure intrattenendoci in maniera piuttosto vivace. E se non è un buon risultato questo…

Voto di Antonio: 6,5

Contraband (USA, 2012). Di Baltasar Kormákur, con Mark Wahlberg, Kate Beckinsale, Ben Foster, Giovanni Ribisi, Lukas Haas, Caleb Landry Jones, Diego Luna, J. K. Simmons, Robert Wahlberg e Adrian Martinez. Qui trovate il trailer italiano. L’uscita nelle nostre sale è fissata per il 25 Luglio.