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La buca: Recensione in Anteprima

Al suo secondo lungometraggio da “solista”, torna in sala Daniele Ciprì con La buca, commedia leggera ma dai toni confusi con Rocco Papaleo e Sergio Castellitto

pubblicato 20 Settembre 2014 aggiornato 30 Luglio 2020 22:04

Armando (Rocco Papaleo) è un poveraccio appena uscito di galera dopo avere ingiustamente scontato ventisette anni di carcere; o almeno, lui dice di essere innocente. Oscar (Sergio Castellitto) invece è un avvocato farabutto che si attacca a qualunque pretesto pur di muover cause assurde e racimolare di che vivere. Sarà un cagnolino, così, per caso, a farli incontrare.

Daniele Ciprì torna dietro la macchina da presa a distanza di due anni da È stato il figlio, prima opera da solista, a seguito del divorzio con Franco Maresco. Ed è un Ciprì che questa volta sperimenta, accogliendo di buon grado rischi e pericoli che ahinoi finiscono però col materializzarsi. La buca è un film a cavallo tra la veglia e il sonno, foriero di quell’inspiegabile grottesco tanto affine a scenari onirici. Così come trasognante è la fotografia, tendenzialmente traslucida, quasi non volesse di proposito mostrarci nettamente le immagini che vanno susseguendosi.

Non a caso il periodo storico è altrettanto opaco, fino a farci dire che forse le vicende de La buca siano in fondo sospese nel tempo: tra gli anni ’40 e degli improbabili ’80, azzardiamo noi, ma si tratta tutt’al più di un’impressione. Intuizione intrigante se si pensa che in fondo la storia appare molto attuale, con Armando classico disgraziato abbandonato da tutti in un primo momento, salvo poi essere trattato come un caro defunto che risuscita nel momento in cui Oscar si accorda coi familiari per ottenere un’indennizzo per via degli anni di reclusione scontati da innocente.

C’è qualcosa del Ciprì di Cipri & Maresco, sebbene la prosa del regista e direttore della fotografia, oramai è chiaro, risulti di gran lunga più smussata, meno incline all’assurdità e agli eccessi del duo consolidato. La buca è a conti fatti una commedia, che da un certo punto in avanti vira nel giallo – altra predilezione di Ciprì, così come accaduto in È stato il figlio. Ed in una certa qual misura l’alternanza funzionerebbe pure, se non fosse per alcune scelte che vanificano anche le intuizioni più degne.

Sebbene, come già rilevato, il canovaccio sia quello della commedia dura e pura, è difficile nascondere una certa insofferenza per il tema musicale che fa da sfondo pressoché all’intero film. Un brano che troppo spesso spezza il ritmo, ma soprattutto l’atmosfera, riportando La buca su un piano sin troppo farsesco. Non una semplice nota soggettiva, poiché il ricorso a più riprese a questo motivetto ci informa di una scelta precisa da parte di Ciprì, il quale forse punta ad un maggiore effetto di straniamento. Sta di fatto che il film, in nessun caso serioso, sembra non avere mai bisogno di certi accorgimenti per essere restituito a binari più consoni: i personaggi, prima ancora che la storia in sé, sono più che sufficienti a descrivere gli intenti di Ciprì, votati alla leggerezza innanzitutto.

Ciò detto, il film può essere suddiviso in tre parti, il cui fil rouge è e rimane l’amicizia tra Armando e Oscar. Di questi il più gradevole è quello di mezzo, in cui i due, oramai fianco a fianco, conducono le indagini volte a provare l’innocenza di Armando, il quale da giovane frequentava cattive amicizie ma che in fondo è sempre stato un bravo ragazzo. Fino a quella sera, quando un concitato omicidio lo ha messo con le spalle al muro.

Tuttavia è la direzione intrapresa da Ciprì a non convincere: a cavallo tra banale commedia ed opera a suo modo sperimentale, senz’altro stralunata, La buca fluttua in una sorta di limbo intermedio, pendendo anzi a più riprese verso quel format, inflazionato dalle nostre parti, che è certo tipo di fare film tendenzialmente comici. Ed è una sensazione strana, appiccicosa, che da spettatori cerchiamo in tutti i modi di reprimere perché di argomenti validi quest’opera ne avrebbe. Il discorso si risolve allora in un mezzo pastrocchio; mezzo, perché alla base restano premesse percepibili già all’interno del film stesso. Magari rimaste inespresse, occultate dalla scelta, o forse esigenza, di appetire quanti più palati possibile. Il che è quasi impossibile, poiché certo cinema, di cui Ciprì è in fondo uno dei maggiori esponenti, mal si presta a certi aggiustamenti.

Chi in tutto ciò scorge anche solo un vago intento demolitore ai danni del “nuovo” Ciprì a vantaggio di quello “vecchio”, è fuori strada. Il nuovo corso piace nella misura in cui È stato il figlio rappresenta il punto di partenza; inizio che qui viene in parte vanificato da un film il cui tenore stipa un cinema più complesso, ma ancor più una personalità che va riconosciuta al suo autore, malgrado a questo giro finisca con l’essere soffocata. E non mancavano i presupposti, anche perché gli stilizzati Papaleo e Castellitto funzionano. Anzi, diciamo di più, sapendo di andare controcorrente probabilmente: a qualcuno certe uscite e caratteristiche dei due protagonisti potrebbero sembrare eccessive, e si potrebbe dire, specie nel caso di Castellitto, che si sia calcata troppo la mano. Ma anche da questo traiamo argomenti che confermano quanto abbiamo scritto poco sopra, ovvero che, semmai, la mano non è stata calcata abbastanza. D’altronde l’impronta del film è ben più tradizionale di così, perciò…

Voto di Antonio: 5½

La buca (Italia, 2014) di Daniele Ciprì. Con Sergio Castellitto, Rocco Papaleo, Valeria Bruni Tedeschi, Jacopo Cullin, Ivan Franek, Teco Celio e Sonia Gessner. Nelle nostre sale da giovedì 25 settembre.