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N-Capace: recensione in anteprima del film in concorso a Torino 2014

Torino Film Festival 2014: dal teatro al cinema. Eleonora Danco esordisce come regista cinematografica con N-Capace, un film curioso che unisce due generazioni romane a confronto, tra domande sulla vita, sull’istruzione e sul sesso. Con una parte “fiction” decisamente teatrale e qualche dubbio.

pubblicato 25 Novembre 2014 aggiornato 30 Luglio 2020 20:18

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Si inizia con un messicano che balla da solo in una piazza, una vecchina che canta guardando in camera, e una straniante inquadratura in cui una donna corre in spiaggia verso l’acqua chiedendo alla madre “Quanto manca a fare il bagno?”. La donna è Eleonora Danco, ha recitato in diversi film nostrani, ma è nota soprattutto per il suo lavoro teatrale.

Esordisce alla regia di un lungo cinematografico con N-Capace, un’opera decisamente curiosa che guarda a Comizi d’amore e lo mescola con il teatro. Ce lo aspettavamo che la Danco avrebbe comunque contaminato il cinema con l’arte da cui proviene: e infatti il suo debutto sta a metà tra documentario e finzione, con la seconda decisamente declinata in forme stranianti più tipiche del teatro.

La parte documentaristica è piuttosto semplice. Si tratta di diverse interviste fatte ad anziani e a giovani di Terracino e Tor Bella Monaca: la Danco parla con loro della scuola, del lavoro e dell’istruzione, chiede ai giovani come sono strutturate le proprie giornate e quali sono le loro ambizioni, chiede agli anziani di parlare del rapporto che avevano con i genitori, fa a tutti domande sul sesso.

C’è l’anziana signora che ricorda le violenze del padre e il ragazzetto del ’96 che fa il muratore. C’è l’anziano che non crede nell’Aldilà ma taglierebbe le palle ai gay e c’è il giovanissimo Francesco, che studia ma lavora la sera come pizzettaro, e si domanda perché il padre debba stare con un’altra donna che non sia la madre. E ancora un uomo di 75 anni che se li porta benissimo e ammette di aver fatto sesso per la prima volta a 12 anni, un ragazzetto strepitoso nell’imitare il saluto dei professori una volta entrati in aula, e via dicendo.

Poi c’è una persona molto importante per la regista tra gli intervistati: suo padre. Con lui potrebbe aprirsi totalmente e fargli tutte le domande che vuole, ma (giustamente?) l’uomo non se la sente di rispondere a ogni cosa. Anche se alla fine si apre, come nel momento in cui ammette che la madre lo pungeva con un ago per punirlo. E quando la figlia gli chiede di recitare qualche battuta in favore dell’economia del film, spesso si tira indietro perché non è d’accordo con il concetto che andrà a recitare.

Le interviste sono sempre interessanti, veloci, spesso e volentieri divertenti. Non mi toglierà però nessuno dalla testa che alcune domande potevano essere evitate. Mi spiego meglio con un esempio. Ad una delle ragazzine la Danco chiede cosa faccia della sua vita. Domanda lecita e risposta sincera: non fa nulla, si sveglia, esce col cane, va dal fidanzato, torna a casa e guarda la tv a guardare fiction. C’era bisogno di rincarare la dose e chiederle di raccontare con parole sue queste fiction?

È lì che mi casca un po’ l’asino: perché pare di capire che la regista voglia ottenere una risposta precisa. O se non sa esattamente la risposta, almeno immagina un qualcosa che faccia ridere il pubblico o farlo sentire più intelligente di chi in quel momento viene intervistato. Non credo sia fatto apposta, però forse c’è un po’ di superiorità insita in queste interviste, che comunque restano la cosa migliore e più genuina di N-Capace. Il vero cuore pulsante del film.

La parte fiction, invece, mi lascia piuttosto perplesso. Ne capisco le intenzioni, ma ho un po’ di dubbi che N-Capace sarebbe stato peggio o comunque incompleto senza questo contraltare di finzione. Ne sarebbe uscito un film diverso, ovviamente, ma sarei curioso di vederlo senza il personaggio di Anima in Pena, recitato dalla stessa Danco, che se ne va in giro tra Terracina e Roma.

Vediamo spesso lei su un letto in un luogo pubblico (una stazione, una piazza), la vediamo fermare una persona a caso e chiederle se si vuole sedere sul letto e comparire così nel film (sarà vero?), la vediamo rotolarsi per terra, la vediamo in scene isteriche, in vasca ricoperta di Oro Saiwa e persino spogliarsi integralmente. Vero, queste scene sono il contraltare dei concetti espressi nelle interviste e non solo: ma in più di una occasione potrebbe venire spontaneo la voglia di chiedere alla regista di spostarsi.

Voto di Gabriele: 6

N-Capace (Italia 2014, sperimentale 80′) di Eleonora Danco; con Eleonora Danco.

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