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Torino 2014: tutti i voti ai film e considerazioni finali

Torino Film Festival 2014: concorso eterogeneo con qualche titolo ottimo, un fuori concorso ricchissimo e pieno di ottimi film, molto buon cinema di genere e qualche capolavoro. La rassegna torinese conferma la sua forza e la sua voglia di osare, ricercare… e fare critica.

pubblicato 30 Novembre 2014 aggiornato 30 Luglio 2020 20:06


Fare un festival significa anche fare critica, aveva detto Emanuela Martini durante la conferenza stampa di presentazione del programma del 32. Torino Film Festival. La trovo una frase di grande effetto, che mette in gioco talmente tante di quelle implicazioni che quasi non saprei da dove cominciare.

I piccoli, grandi festival come il TFF sono davvero territorio di “critica”: non vuol dire ovviamente solo che ci vanno i critici, che guardano i film (generalmente solo il concorso, a volte manco quello) e qualcuno poi li legge. Il TFF nel suo ha sia la fortuna che il dovere di scegliere, perché non ha lo spauracchio della prima mondiale a tutti i costi. Ciò significa che direttrice e selezionatori devono setacciare titoli per un anno intero (dal Sundance fino a Tokyo, circa) e arrivare al programma finale.

Ci sono un paio di conseguenze mica da poco, perché bisogna unire ricerca autoriale più cinefila e grandi nomi per accontentare la fetta di pubblico che al festival ci va per divertirsi; perché poi bisogna mandare dei segnali concreti, e lo si fa attraverso scelte precise. E questa è a tutti gli effetti critica cinematografica, e stampa e pubblico sono chiamati a dire se si trovano più o meno d’accordo con le scelte fatte. Magari motivando la loro posizione a riguardo.

Prendiamo soltanto il discorso sul cinema di genere, con The Babadook, What We Do in the Shadows e The Kings Surrender tutti nel concorso ufficiale e non nella bella sezione After Hours. O prendiamo Violet, messo sempre in concorso. Ecco: puntare su Violet e metterlo in concorso significa fare critica, perché si punta su uno dei titoli più difficili che vedrete quest’anno, e si crede che troverà un suo pubblico disposto a leggerlo, interpretarlo, viverlo.

Mettere i primi tre titoli in concorso significa confermare una linea artistica precisa, che non crede più nei confini netti. Discorso nato nei festival maggiori qualche annetto fa (Romero in concorso a Venezia, Refn in concorso a Cannes), ma che festival come Torino hanno il compito – se vogliono, se ci credono – di portare avanti. Perché poi capita che un pubblico eterogeneo, che magari finisce in sala per caso solo perché va a vedere un film del concorso, scopre che The Babadook è un horror (un po’ sui generis e particolare, certo) e si ritrova pure ad appassionarsi.

Mettere Jauja in Festa Mobile è fare critica. Mettere un titolo così orgogliosamente autoriale ed estremo in quello che molti riconoscono come un semplice “fuori concorso” per tutto il pubblico (mica è Onde), significa dare la possibilità a qualcuno che magari in un’altra sezione non l’avrebbe manco calcolato di scoprire una delle opere più affascinanti dell’anno. Oppure significa “soltanto” aver voglia di confrontarsi con stampa e pubblico su un film di cui i selezionatori sono fortemente convinti delle qualità. Se poi non piace “pazienza”: intanto il confronto c’è stato.

Passiamo velocemente in rassegna il concorso. Ottimi per chi scrive almeno cinque titoli, con una triade che mi ha folgorato. L’ungherese For Some Inexpicable Reason (che ha vinto tantissimi premi) è talmente inventivo, intelligente e sentito che bisogna togliersi soltanto il cappello. Il belga Violet è estremo, coerente e coraggioso, va in direzione videoarte ma trova la forza del cinema puro (immagine, suono, inquadratura…).

L’inglese The Duke of Burgundy è un bel passo in avanti per il regista di Berberian Sound Studio, che riesce a creare un mondo tutto suo e svilupparlo in modo straordinario. E non è glaciale come dicono in giro. Ottimi anche i due film dell’Oceania, l’horror australiano The Babadook e il mockumentary sui vampiri What We Do in the Shadows. Il primo è bello, intenso e davvero femminile; il secondo ha una sceneggiatura piena di trovate e una confezione impeccabile.

Bene l’indie americano in concorso, Big Significant Things, road movie molto più amaro e disilluso di quello che si potrebbe pensare. Abbastanza convincente il poliziesco tedesco The Kings Surrender, che fa un po’ di fatica a causa delle troppe svolte e dei troppi personaggi, ma si chiude mettendo a posto ogni cosa e diventando cupissimo. Ancora avanti. Il canadese Félix et Meira è un buon film, un mèlo cauto e onesto sugli opposti che si attraggono, ma forse è davvero un po’ troppo trattenuto.

Il primo film italiano in concorso, N-Capace di Eleonora Danco, funziona grazie alle sue interviste, meno nel suo contraltare di finzione e meta-teatro. Potenzialmente ottimi i due film francesi: ma Mange Tes Morts, che ha vinto come miglior film (ed è stato esaltato dai Cahiers, che però non l’hanno inserito nella Top 10 di fine anno) è più interessante che riuscito, e Mercuriales ha una partenza fenomenale ma non va avanti come potrebbe.

In fondo alle nostre preferenze troviamo quattro titoli. Lo svedese Gentlemen ha le stesse qualità di messa in scena di Call Girl, film precedente del regista, ma non ha la stessa scrittura adeguata per reggere il grande e inquietante affresco politico, sociale e privato che vuole raccontare. As You Were, il film di Singapore, ha fascino e intuizioni ma si perde in lunghe camminate. Il secondo film italiano, Frastuono di Davide Maldi, si perde invece negli agglomerati di frammenti, e l’argentino Anuncian Sismos ha grandi temi ma anche una forma improbabile.

Prima del TFF vi avevamo segnalato qualche titolo da non perdere, come Jauja, It Follows, Force Majeure, Whiplash o The Homesman. Non ne riparleremo, e passiamo invece agli altri film non in concorso che abbiamo amato di più e che vi invitiamo a inseguire. Sono sostanzialmente tre: P’tit Quinquin di Bruno Dumont, ’71 di Yann Demange, e Stray Dog di Debra Granik. Una mini-serie tv, un survival e un documentario, giusto per rendere l’idea della varietà di scelta che il TFF offre al suo pubblico.

P’tit Quinquin, presentato nella versione da 200 minuti vista a Cannes (e inserita al primo posto della loro Top 10 del 2014 dai Cahiers), è un capolavoro che unisce True Detective in versione strafatta e Twin Peaks à la francese, la Pantera Rosa e la comicità demenziale. ’71 parte come un film di guerra e si trasforma in un survival movie serratissimo, teso e potentissimo. Pazzesco si tratti di un’opera prima. E Jack O’Connell, al solito, è incredibile.

Stray Dog è il documentario che Debra Granik, la regista di Un gelido inverno al TFF anche in giuria, ha dedicato al biker e veterano del Vietnam Ron Hall. Con tocco semplice e osservazionale la regista ci fa amare un uomo a cui ci si affeziona in due minuti, e ci racconta di dolori, incubi, amici, amore, ricordi e un possibile nuovo inizio. Davvero un lavoro commovente e mai pesante o esagerato. Poi ovvio, ci sono loro: le versioni restaurate di Profondo Rosso e Via col Vento. Aspettatale, perché è probabile le troviate in sala il prossimo anno.

Di seguito i voti ai film visti del programma (12 titoli sono stati visionati in altri festival). Per ogni titolo in azzurro c’è un link a una recensione o un post di approfondimento. Qui il mio diario giornaliero, qui la playlist del direttore di Blogo.it Alberto Puliafito (di cui sottoscrivo tutta l’introduzione) e qui i vincitori.

Concorso Torino 32

For Some Inexpicable Reason

Anuncian Sismos – Rocío Caliri e Melina Marcow 3
As You Were – Jiekai Lia 5
The Babadook – Jennifer Kent 8
Big Significant Things – Bryan Reisberg 7
The Duke of Burgundy – Peter Strickland 9
Félix et Meira – Maxime Giroux 6
For Some Inexpicable Reason – Gábor Reisz 9
Frastuono – Davide Maldi 4
Gentlemen – Mikael Marcimain 5
The Kings Surrender – Philipp Leinemann 7
Mange Tes Morts – Jean-Charles Hue 6
Mercuriales – Virgil Vernier 6
N-Capace – Eleonora Danco 6
Violet – Bas Devos 9
What We Do in the Shadows – Jemaine Clement e Taika Waititi 8

Festa Mobile

'71

20,000 Days on Earth – Iain Forsyth e Jane Pollard 8
’71 – Yann Demange – Yann Demange 9
The Better Angels – A.J. Edwards 6
La Chambre Bleue – Mathieu Amalric 7
Diplomatie (Diplomacy – Una notte per salvare Parigi) – Volker Schlöndorff 7
The Drop (Chi è senza colpa) – Michaël R. Roskam 7
Eau Zoo – Emilie Verhamme 5
Force Majeure – Ruben Östlund 9
Gemma Bovery – Anne Fontaine 7
Gone With the Wind (Via col vento – Versione restaurata) – Victor Fleming 10
The Homesman – Tommy Lee Jones 8
Infinitely Polar Bear – Maya Forbes 5
Jauja – Lisandro Alonso – Lisandro Alonso 10
Magic in the Moonlight – Woody Allen 5
The Mend – John Magary 6
Ogni maledetto Natale – Giacomo Ciarrapico, Mattia Torre e Luca Vendruscolo 3
P’tit Quinquin – Bruno Dumont 10
Pale Moon – Daihachi Yoshida 6
Prima di andar via – Michele Placido 1
Profondo Rosso (Versione restaurata) – Dario Argento 10
The Rover – David Michôd 6
A Second Chance – Susanne Bier 2
Stray Dog – Debra Granik 9
The Theory of Everything (La Teoria del Tutto) – James Marsh 5
Whiplash – Damien Chazelle 8
Wild – Jean-Marc Vallée 7

After Hours

It Follows

The Canal – Ivan Kavanagh 5
Cold in July – Jim Mickle 7
The Editor – Matthew Kennedy e Adam Brooks 6
The Guest – Adam Wingard 8
It Follows – David Robert Mitchell 9
Life After Beth – Jeff Baena 5
M.O.Zh – The Man in the Orange Jacket – Aik Karapetian 6
Stella Cadente – Luis Miñarro 7
Tokyo Tribe – Sion Sono 7

Onde

Thou Wast Mild and Lovely

Butter on the Latch – Josephine Decker 6
La Sapienza – Eugène Green 7
Thou Wast Mild and Lovely – Josephine Decker 7

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