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Vergine Giurata: recensione in anteprima del film di Laura Bispuri in concorso a Berlino 2015

Festival di Berlino 2015: dalle montagne albanesi a Milano per ritrovare la propria identità sessuale, e non solo. Laura Bispuri segna il suo debutto nel lungometraggio di finzione con Vergine Giurata. Un film di contrasti, in cui spicca un’Alba Rohrwacher che si carica il peso del film sulle spalle in una prova magnetica. In concorso.

pubblicato 12 Febbraio 2015 aggiornato 30 Luglio 2020 18:11

Hana cresce in un paesino di montagna in Albania dove vivono ancora le vecchie tradizioni, i vecchi codici e la supremazia dell’uomo sulla donna. Riesce però a ‘fuggire’ a tutto questo applicando l’antica legge albanese, il Kanun, che prevede che una donna possa diventare ‘vergine giurata’. Significa diventare a tutti gli effetti a livello giuridico un maschio, ricevendone tutte le libertà. Ora Hana si chiama Mark. Ma dopo 10 anni decide di cambiare vita e prende un treno per Milano, dove vive da tempo la sorellastra Lila che non vede da anni..

Sorpresa: siamo ancora capaci, addirittura con un’opera prima, di fare un film dal respiro un po’ più ampio del solito, un respiro europeo. Quindi fruibile anche dai mercati esteri, e se il film è finito di colpo in concorso al Festival di Berlino un motivo doveva esserci. Ed è una bella sfida quella di Laura Bispuri, che racconta una storia locale che però tutti possono capire.

Tratto da un romanzo dell’albanese Elvira Dones, Vergine Giurata è un film di contrasti: maschile e femminile, montagne e città, l’arcaico e il moderno, gender e corpo. È soprattutto un film sul corpo, e sulla libertà del proprio corpo, il quale definisce chi siamo. Hana/Mark va in giro con uno strettissimo bendaggio per schiacciare il seno, non ha forse mai indossato un reggiseno e non si è mai truccata.

Orfana in età giovanissima, è stata portata in salvo da un uomo col quale resterà a fianco fino alla fine, mentre la sorellastra decide di fuggire non vedendo un futuro in Albania. Sin da giovane Hana ha atteggiamenti ‘da maschio’: ma l’orientamento sessuale non c’entra, c’è solo voglia di affermarsi come persona. Ma in Albania una donna non può ad esempio usare il fucile. Agli uomini del posto non sta bene che Hana abbia questi atteggiamenti, e provano pure a violentarla per darle una lezione.

Pur di ottenere la libertà che vuole – e di cui ha francamente bisogno – diventa così una ‘vergine giurata’. Però dopo anni e anni a indossare un vestito e un ruolo che non rispecchiamo la sua identità, decide che è il momento di provare a cambiare ancora. Però Lila non si aspetta il suo arrivo a Milano. I rapporti si sono raffreddati, e insersi nella sua famiglia per Hana sarà faticoso.

Lila vive col marito e con una figlia adolescente con la quale ha un rapporto piuttosto difficile. Sarcastica e un po’ arrogante, la figlia prende subito di mira Hana, e non ci mette molto a capire che di fronte non ha di certo un maschio. La ragazzina pratica nuoto sincronizzato, e per passare il tempo Hana decide di accompagnarla tutte le volte in piscina (“Ti avevo detto di non venire, mi vergogno!”, le dice la nipote).

La Bispuri parte dalle tradizioni locali per delinare un’odissea personale che tocca l’identità sessuale, i ruoli sociali e di gender, e i legami famigliari. Per questo Vergine Giurata è un prodotto non solo italiano. È molto europeo anche nello stile, che insegue un po’ il cinema dei Dardenne. La regista sa come muovere una macchina da presa e giostra bene le due linee temporali della storia. Si salta infatti dall’oggi a 10 anni prima, e il film ci guadagna pure in interesse e ritmo.

Non è privo di problemi, Vergine Giurata. Il rischio di questo stile collaudato ed ‘europeo’ è quello di raffreddare un po’ la materia, mentre i silenzi tengono subito un po’ a distanza. Non manca nemmeno qualche passaggio un po’ insitito e di cui forse si potrebbe fare a meno, come quello in cui Hana si trucca gli occhi per la prima volta davanti allo specchio nello spogliatoio in piscina.

In questo senso il film lavora come uno slowburner che comincia ad accendersi per davvero solo nell’ultima parte, quando guarda caso Hana comincia a scoprire il sesso (curioso il parallelo con Eisenstein in Guanajuato, sempre in concorso a Berlino). La (ri)scoperta dell’identità di gender passa anche attraverso la scoperta del sesso, e la Bispuri non si tira indietro (si veda la masturbazione in bagno).

Così come non ha paura di nulla Alba Rohrwacher, qui in uno dei suoi ruoli più convincenti. Nel film parla pochissimo, e parla sempre in un albanese che ci dicono essere davvero perfetto. Ha più o meno sempre la faccia triste di chi ha l’anima ferita e confusa, ha spesso la schiena curva. E ha ovviamente il magnetismo androgino perfetto per il ruolo. Bisogna dare atto che regge tutto il film sulle sue spalle.

Aiutata da una fotografia straordinaria e da una musica che funziona quando meno te lo aspetti, la Bispuri può pure un po’ peccare – come ogni debuttante – di una ricerca stilistica insistita, ma innegabilmente non le manca il cuore. Si vede che a questi personaggi ci tiene e che tifa moltissimo per Hana. Raggiunge anche un finale veloce e bellissimo, questo sì pieno di un calore che ti travolge.

Voto di Gabriele: 7

Vergine giurata (Italia / Albania / Svizzera / Albania / Germania / Kosovo 2015, drammatico 93′) di Laura Bispuri; con Alba Rohrwacher, Flonja Kodheli, Lars Eidinger, Luan Jaha, Bruno Shllaku. Uscita in sala a marzo 2015.

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