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Venezia 2012 – E’ stato il figlio: Recensione in Anteprima

E’ stato il figlio è il primo italiano in Concorso a Venezia. Ecco la recensione in anteprima del film di Daniele Ciprì da Cineblog

pubblicato 3 Settembre 2012 aggiornato 31 Luglio 2020 22:34

In un ufficio postale di Palermo uno strano personaggio, Busu, raccoglie ricevute lasciategli da gente che entra ed esce con una freddezza disarmante. A Busu piace raccontare storie, tra cui c’è quella che interessa a noi. La storia della famiglia Ciraulo. Siamo negli anni ’60 e Nicola Ciraulo, da buon padre di famiglia, si guadagna da vivere saccheggiando relitti a pochi metri dalla banchina del porto.

Già questo dovrebbe farci comprendere il tono che Daniele Ciprì, qui al suo primo film da regista senza Maresco, intende conferire a E’ stato il figlio. Per forza di cose meno stravagante rispetto ai suoi precedenti lavori, ma non per questo povero di situazioni surreali ed individui assurdi. Una Sicilia pompata, perché sempre in bilico tra realtà e leggenda. Questi sono i temi cari al palermitano che siede in cabina di regia.

Eppure a quest’ultimo bisogna necessariamente riconoscere un certo estro. Le sue sono narrazioni al limite, condotte con uno stile tutto sommato originale e sopra le righe. Così come lo sono certi pagliacci che scaraventa in scena con non poca violenza. Volutamente “ripugnanti”, inadatti ad un contesto del genere. La loro presenza è un pugno nell’occhio. Siamo ben lontani dai livelli di Totò che visse due volte, senza strafare. Ma oltre a non essere un male, la scelta di non strafare si rivela azzeccata.

Ciprì ha sempre dimostrato di avere in qualche modo a cuore contesti in preda a un degrado prossimo alla putrefazione. I suoi lavori quasi celebrano la sporcizia di una collettività, quella siciliana, portatrice di (tanti) vizi e (poche) virtù – limitatamente a come la dipingono i suoi film, s’intende. Ed in tal senso anche E’ stato il figlio si adegua a un registro già conosciuto, ampiamente rodato. Vicende come quella della famiglia Ciraulo sono da sempre state circoscritte ad ambienti dove regnano miseria e povertà. In Letteratura, per esempio, ce ne parlano autori inglesi come Charles Dickens. Ma in realtà le citazioni potrebbero andare moltiplicandosi.

Residenti in un’isolata periferia di Palermo, la vacuità dei protagonisti e della loro dimensione traspare non tanto dalla totale mancanza di sfarzo, assente in maniera oltremodo netta. Perché il problema di questa parte di mondo è essenzialmente culturale.

Ad un certo punto la famiglia Ciraulo, a seguito di una truce disgrazia, si ritrova tra le mani circa 300 milioni di lire. Al che la domanda: che farne di tutti questi soldi? E come accade con l’astemio al quale gliene viene versato uno di troppo, parte l’ubriacatura molesta. Tutti i membri della famiglia in questione si lasciano trascinare dentro a una spirale di miseria dai risvolti ridicoli, eppure tremendamente reali.

Li vediamo lì a scervellarsi su come adoperare tale cifra, in attesa che chi di dovere gliela rimborsi. A questo punto tutto cambia. Davanti a una somma così ingente non si riesce a gestire la pressione, e si cede. Si cede alla tentazione di dimenticarsi da dove si viene a chi si appartiene. Regole e catalogazioni stupide, certo, ma l’appartenenza territoriale è un altro leitmotiv di primo piano.
E’ stato il figlio, però, lo dicevamo, si apre al mondo molto di più rispetto alle creazioni passate di Ciprì. Sapevamo già che fosse il film “meno italiano” tra quelli in Concorso a Venezia quest’anno, ma a dire il vero non ci aspettavamo che questo regista riuscisse a consegnarci un’opera che rompe le barriere territoriali, al tempo stesso esaltandole.

Episodi che alcuni potrebbero avvertire estranei, frutto di chissà quale congettura artistica. Ma non è così, perché quanto di buono e quanto di cattivo ci viene implicitamente riportato sulla Sicilia, viene tutt’al più da un vissuto esasperato. Preso di peso da una situazione che, magari non in toto, ma in parte rimanda ad un periodo di questa Terra non ancora del tutto trascorso.

In mezzo c’è l’avidità, l’idiozia di gente descritta come vittima e carnefice al tempo stesso. Influenzati da un ambiente che contribuiscono a loro volta a formare, questi individui si muovono sempre ai margini della civiltà, guardandosi bene dal farne parte. Scene mostruose, ma non in ogni caso “scomposte”.

Ecco allora che non si può fare a meno di sorridere assistendo alla giornata di mare di una famiglia-tipo di quel tempo – anche se succede ancora, e non solo in Sicilia. Nonni e bambini stipati in auto piccine e mal funzionanti, dagli interni ancora più stretti per via della mole di pietanze infilate a forza in ogni spazio vuoto. Pasta al forno, cotolette, panini, anguria e chi più ne ha più ne metta. Mentre certe inquadrature si soffermano su “personaggi” improponibili, strappandoci qualche risata. Così avviene nella parte in cui, all’interno della stessa cornice, appaiono, uno accanto all’altro, padre, madre e figlio, fatti con lo stampino.

Eventi surreali abbiamo detto, come quelli che coinvolgono lo strozzino al quale Nicola deve rivolgersi per far fronte ai propri debiti. Quasi recluso in un quartiere vuoto e desolato, immaginate una persona anziana dal look trasandato, che ascolta musica classica.

Eppure mai ci abbandona l’idea che Ciprì stia parlando di qualcosa che lo riguarda direttamente o quasi. Realtà con cui ha avuto modo di confrontarsi, e che mette alla prova forzandone i ricordi.

Ma uno degli aspetti a nostro parere più riusciti, risiede nel non fornici fino all’ultimo una direzione inequivocabile. In E’ stato il figlio Ciprì alterna dramma e commedia, passando per qualche timidissimo omaggio al noir. Componente che c’interessa, visto che in questo il film riesce laddove tanti altri si perdono. Riesce perché non limita il proprio discorso al solito finto interesse di certi drammoni standard o commedie totalmente prive di mordente. Ahinoi in parte slegandosi da una filmografia, la nostra, decisamente meno ispirata della sua personale.

Una storia che tiene col fiato sospeso, specie nelle ultime battute, oltre ad alcune uscite abbastanza notevoli. Un film particolare, impregnato di sarcasmo e cinico fino al midollo. Emblema di questa stoltezza potrebbe benissimo essere Nicola, qui esasperato all’inverosimile da un Toni Servillo come sempre in forma, seppur con qualche riserva. Il suo accento è fuori posto, salvo rari casi, mentre la sua è una caricatura dai tratti a nostro avviso anche sin troppo marcati.

Triste, per certi aspetti addirittura sconcertante. Ciprì fa un passo in avanti e dimostra di saperci fare anche quando si tratta di un progetto dallo spiccato vigore narrativo. Supera la prova degli scettici perché prende le distanze da certo cinema nostrano, ponendosi come ottima alternativa a tutti quei film che vengono dall’estero. Gran parte di questi buoni, ma comunque spinti da un’industria che al cinema ci crede e che quindi porta in sala le persone, anche i meno avvezzi a certi luoghi.

Esce quindi a testa alta E’ stato il figlio, a dispetto di una vigilia che non voleva Daniele quale nostro cavallo di battaglia. Quando, invece, dalle nostre parti continuiamo a riporre in questa pellicola parecchie speranze, se non altro a livello d’immagine. A chi dispera, sappia dunque che l’alternativa c’è. Basta dargli una chance. Assicuriamo amare risate e pure qualche piccolo colpo di scena.

Voto di Antonio: 7,5
Voto di Gabriele: 7

Voto di Federico: 7,5

E’ stato il figlio (Italia, 2012). Di Daniele Ciprì, con Toni Servillo, Giselda Volodi, Aurora Quattrocchi, Benedetto Ranelli, Alfredo Castro, Fabrizio Falco, Pier Giorgio Bellocchio, Piero Misuraca, Giacomo Civiletti e Alessia Zammitti. Nelle nostre sale dal 14 Settembre. Qui trovate il trailer ufficiale.