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Ecco perché Inside Out è il capolavoro che attendevamo dalla Pixar

Festival di Cannes 2015: a un giorno dalla proiezione sulla Croisette, una riflessione a freddo sulle ragioni per cui Inside Out è un capolavoro e uno dei grandi film della Pixar. E sul perché sia la casa di produzione che lo spettatore ne avevano tanto bisogno, di un film come questo.

pubblicato 19 Maggio 2015 aggiornato 30 Luglio 2020 15:46

Mi ricordo che nel 2010 avevo scritto un pezzo su Toy Story 3 in cui provavo a scrivere perché secondo me si trattava di un film così importante e riuscito. Oggi lo ritengo l’ultimo film davvero valido della Pixar. Sono seguiti tre film d’animazione che si possono apprezzare o meno, anche molto sia da una parte della barricata che dall’altra, ma che nulla aggiungono a una filmografia complessa e che ci aveva abituati fin troppo bene.

Quando la Pixar annunciò di voler fare un film ambientato all’interno della mente di una bambina, facendoci vivere le sue emozioni, la trovai non solo un’idea geniale, ma anche un’idea perfetta per Pete Docter. Il quale, per chi scrive, ha girato il film più bello della Pixar, ovvero Up. Ho pensato che tutte le potenzialità che quella breve riga di trama portava in sé potevano essere nelle corde di un regista che ci aveva fatto piangere nei primi 15 minuti di un suo film e che ci aveva portato in giro su una casa/mongolfiera-di-palloncini a vivere un’avventura entusiasmante.

Il problema era però proprio la piega intrapresa dalla Pixar. Il timore generale, che ho condiviso sin da Ribelle – The Brave, era proprio la mancanza di coraggio e la voglia improvvisa di trattenere l’ambizione. Coraggio e ambizione: qualità che la casa di produzione aveva sempre dimostrato, anche nel sottovalutato e bellissimo Cars (il primo). Non so se la Pixar si sia effettivamente presa un lungo anno sabbatico per rimettersi in prospettiva e ritrovare ispirazione, ma quel che è certo è che Inside Out è un capolavoro.

Quello che Docter è riuscito a fare assieme al co-regista Ronaldo Del Carmen ha dell’indescrivibile. E pensare che durante la prima mezz’oretta ho avuto qualche sottile timore, lo ammetto. Ci viene subito presentata la bimba protagonista, Riley, che dal momento in cui i genitori decidono di muoversi dal Minnessota a San Francisco comincia a intristirsi e a chiudersi in sé stessa.

Nella sua mente si stanno scatenando ovviamente un sacco di sensazioni e pensieri. Docter e gli sceneggiatori ci spiegano quindi come funziona ogni mente umana (e vivente). C’è una centrale in cui comandano assieme cinque emozioni: Gioia, Paura, Rabbia, Disgusto e Tristezza. Lo schema l’avevamo capito sin dai trailer, certo, ma ammetto che all’interno del film ho avuto la sensazione che lo schematismo avrebbe imbrigliato l’intero film rendendo il tutto piuttosto superficiale.

Avevo paura che la Pixar effettivamente si fosse ridotta un’altra volta a rendere le cose più semplici, credo. E non sono mai stato così contento di essere smentito in corso d’opera, trovata dopo trovata, sorpresa dopo sorpresa, e – mi sembra il caso di dirlo – emozione dopo emozione. Non oso immaginare davvero che gran lavoro avranno avuto da fare Gioia e Tristezza nella mia mente durante l’ora e mezza di proiezione…

Sostanzialmente la prima mezz’ora mette le prime carte in tavola in modo molto chiaro: è puro cinema classico. Quel che viene dopo, invece, è magia allo stato puro, in grando di stupire mescolando grandi archetipi emozionali (la paura del clown!) e archetipi cinematografici. Si pensi a tutto il cinema che ha fatto della città il corrispettivo della mente umana. Ecco: in Inside Out abbiamo proprio la mente che è costruita come una città (fantasy), con alcune similitudini con Inception.

Con questo mix tra Up e Toy Story i bambini si divertiranno molto, ma non avranno gli strumenti utili per goderselo totalmente. Inside Out è chiaramente un film che guarda ai ragazzi cresciuti, anche più che Toy Story 3, e addirittura guarda molto chiaramente anche in direzione adulti/genitori. Chi ha poi vissuto sulla propria pelle un trasloco importante come quello capitato a Riley si prepari a rivivere sensazioni ed emozioni specifiche in modo nitido.

La Pixar raggiunge le sue vette quando ovviamente riesce a parlare a tutti in modo sottile e profondissimo, ottenendo il massimo dell’emozione dopo aver accumulato indizi su indizi nel corso dei minuti. Poi certo, si ride tantissimo e ci si diverte come poche volte vi divertirete al cinema quest’anno. E vi ritroverete a ridere come pazzi anche nei soliti titoli di coda, davvero supremi e geniali.

Ma la cosa davvero più sorprendente di Inside Out è che giunge addirittura a una ‘scoperta’ assolutamente inedita nel cinema d’animazione: la Tristezza non solo fa parte della vita, ma è un’emozione naturale e persino fondamentale. Chi ha il coraggio di produrre un film d’animazione con una morale del genere al giorno d’oggi? Cento di questi Pixar, davvero.

Qui la recensione da Cannes 2015.

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