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Self/less: Recensione in Anteprima

Tarsem Singh torna nei cinema d’Italia con Self/less, dal 17 settembre in sala

pubblicato 1 Agosto 2015 aggiornato 30 Luglio 2020 13:51

Oggi 54enne, nel lontano 2000 Tarsem Singh debuttava al cinema con fragore grazie ad un piccolo gioiello di genere come The Cell, horror sci-fi interpretato da Jennifer Lopez, Vince Vaughn e Vincent D’Onofrio che ammaliò pubblico e critica. Passati sei lunghi anni ecco arrivare il mancato bis a causa del balbettante e controverso The Fall, per poi girare improvvisamente tre film nell’arco di 4 anni. Prima il testosteronico ma deludente Immortals, poi l’infantile Biancaneve con Julia Roberts negli abiti della strega cattiva ed ora questo Self/less, altro action/thriller a tinte sci-fi con protagonisti Ben Kingsley e Ryan Reynolds, di fatto l’uno nel corpo dell’altro. L’assunto da cui sono partiti Alex Pastor e David Pastor, sceneggiatori della pellicola, è intrigante: ‘se potessimo avere più tempo da vivere, quanto saremmo disposti a pagare?’.

Un desiderio di immortalità qui portato alle estreme conseguenze, tanto da far presto scivolare l’intero progetto in un trionfo dell’assurdo. Damian Hale è un sessantenne multi-milionario. Ha costruito mezza New York, vive in una reggia con vista su Central Park, non ha uno straccio di rapporto con la figlia attivista che lo detesta e ha meno di sei mesi di vita. Un tumore se lo sta infatti lentamente mangiando. Tutto cambia quando Damian viene a conoscenza di una poco pubblicizzata e assai costosa terapia medica ‘radicale’, chiamata ‘shedding’, in grado di guarirlo. Completamente. Come riuscirci? Facile. La coscienza dell’uomo viene letteralmente ‘trasferita’ nel corpo di un 35enne fisicato e in piena salute, interamente ricostruito in laboratorio. O almeno questa è la verità che viene affidata tra le mani di Damian, che accetta il folle ‘esperimento’, ritrovandosi così di nuovo in vita. Giovane, muscoloso, fascinoso e milionario. Se non fosse che con il passare delle settimane immagini a lui sconosciute e appartenenti ad un’altra ‘vita’ affollino la sua mente, facendogli scoprire l’amara verità. Perché quel corpo che è andato sostituire il suo vecchio io malato non è stato interamente realizzato in laboratorio, come a lui assicurato, ma semplicemente preso a spalla da un ‘obitorio’. Perché il corpo nuovo e giovane di Damian ha avuto una sua vita, con tanto di moglie e figlia, per poi morire. E ‘resuscitare’ grazie alla coscienza di Hale. Scoperto l’inganno, neanche a dirlo, uno dei due è diventato di troppo.

Un soggetto affascinante anche se tutt’altro che originale, da cui una buona sceneggiatura e un regista ispirato avrebbero potuto per lo meno tirar fuori un discreto thriller. Peccato che qui non ci siano ne’ l’uno, vedi uno script decente, ne’ l’altro, leggi un Tarsem Singh ormai lontano parente di quel che fu 15 anni or sono. Perso immediatamente Ben Kingsley, poi, Self/less crolla inesorabilmente dinanzi all’impalpabile e a tratti imbarazzante prova d’attore di Ryan Reynolds, sempre più ricco mistero hollywoodiano. Perché tolti i muscoli e il bel faccino, l’ex marito di Scarlett Johansson che sarà presto Deadpool per la Fox ostenta ancora una volta tutti i propri limiti espressivi, in questo caso in perenne oscillazione tra la faccia da pesce lesso e il volto contratto dallo sforzo da ‘astinenza’ da farmaci, necessari al nuovo corpo per non lasciare spazio al vecchio io ormai deceduto. Nel momento stesso in cui Reynolds entra in pista, spassandola allegramente in quel di New Orleans con una lunga scena montata a ritmo serrato sulle note di una musica da strada, Singh perde la bussola della ragione.

Causa ‘visioni’ appartenenti al vecchio corpo, infatti, il nuovo Damian Hale inizia a porsi domande su domande condite da dubbi legati ad un ipotetico limite etico di stampo medico, fino a quel momento ovviamente mai preso in considerazione, tanto da legarsi a Madeline, vedova del ‘corpo’ di Ryan Reynolds ora ‘indossato’ da Kingsley, e a sua figlia. Costretto a combattere quella stessa organizzazione che aveva creato il ‘transferimento corporeo’, mentendo però sulle sue origini, Ryan/Ben si troverà così a dover scegliere quale strada intraprendere: continuare a prendere determinati medicinali per far completamente sparire il vecchio Reynolds, ricordi compresi, oppure abbandonare la terapia e far svanire la coscienza di Damian, dando automaticamente a Ryan la possibilità di tornare del tutto in vita. Dubbi esistenziali a cui Tersem, dal punto di vista anche limitatamente scientifico, non risponde.

Tutto ciò che avviene in Self/less dalla 2° parte in poi, infatti, ha pochi legami con la sensatezza. Singh sembrerebbe quasi guidare la propria macchina con il pilota automatico, avendo evidentemente dimenticato le fantasiose regie delle origini e senza mai lasciare realmente il segno, causa svolte scontate ed eun’voluzione della trama dannatamente banale. Il modo in cui la cinica coscienza di Hale, poi, muta improvvisamente nel momento stesso in cui capisce di aver ‘rubato’ il corpo di qualcuno, tanto da far incrociare le due esistenze, lascia interdetti, bruciando sul nascere le palpabili potenzialità di un titolo confusionario nel bilanciamento tra i generi.

[rating title=”Voto di Federico” value=”4″ layout=”left”]

Self/less (Usa, thriller, action, sci-fi, 2015) di Tarsem Singh; con Ryan Reynolds, Natalie Martinez, Matthew Goode, Ben Kingsley, Victor Garber, Derek Luke, Jaynee-Lynne Kinchen, Melora Hardin, Michelle Dockery, Sam Page – uscita giovedì 17 settembre 2015.