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Venezia 2015: Heart of a Dog di Laurie Anderson – Recensione in Anteprima

Biennale sbagliata per Laurie Anderson, in corsa per il Leone d’Oro con il ‘non-film’ Heart of a Dog?

pubblicato 9 Settembre 2015 aggiornato 30 Luglio 2020 12:54

L’atteso ritorno al cinema di una ‘narratrice di storie’, una performance artist, musicista e scrittrice che 29 anni dopo Home of the Brave è sbarcata al Lido con Heart of a Dog, in Concorso alla 72. Mostra del Cinema di Venezia. Il ciclone avanguardista Laurie Anderson si è abbattuto in Laguna, suscitando perplessità e pareri discordanti tra la critica internazionale.

Heart of a Dog è infatti un’opera concettuale, un film-saggio biografico e personale, un racconto di ‘storie’ che va ad esplorare temi universali come la morte, l’amore, il linguaggio. Un fiume di ricordi lasciati scorrere senza freni, con la voce della stessa Anderson in modalità narratrice. Tracce di memoria legate all’infanzia dell’artista, alla morte dell’amata madre, al decesso dell’adorato cagnolino Lolabelle, alla New York pre e post 11 settembre, tra filmati in 8mm e immagini, frasi, grafiche e disegni, sviscerando concetti tanto filosofici quanto politici.

Che abbia sbagliato Biennale, la Anderson, è un pensiero che sorge spontaneo una volta digerito questo progetto a struttura libera, slegato e costruito come una video installazione d’avanguardia. Un’opera sincera e intima, un canto d’amore sulle morti che hanno contraddistinto nel giro di pochi anni l’esistenza di Laurie, compreso l’addio all’ex marito Lou Reed, scomparso nel 2013.

Anche se mai nominato, è proprio all’ex leader dei Velvet Underground a cui la ‘poesia’ Heart of a Dog è dedicata. Un cuore di cane che diventa ‘pretesto’ per parlare di se’, della propria esistenza costellata di incidenti e dolorose perdite, tanto da meditare sul ‘bardo tibetano’, ovvero quei 49 giorni dopo la morte in cui l’identità viene disintegrata e la coscienza si ‘prepara’ a reincarnarsi.

Non a caso prodotto dal network franco-tedesco Arte, l’esistenzialista Heart of a Dog è uno di quei titoli che solitamente dividono non solo il pubblico ma anche la critica, tra chi apprezza queste ‘incursioni’ di sfacciata arte visiva all’interno della Mostra Cinematografica di Venezia (è in corsa per il Leone d’Oro…) e chi le osserva con infastidito distacco, chiedendosi se questo sia effettivamente ‘Cinema’. Chi scrive, nel caso in cui non l’abbiate capito, rientra in questa seconda categoria.

Artista a tutto tondo, tanto dall’aver spaziato tra musica, pittura, scultura e teatro, la Anderson si è concentrata su una storia di fantasmi, la sua storia, facendosi dichiaratamente guidare da nomi come David Foster Wallace, Wittgenstein e Kierkegaard. Il risultato finale si può definire a due facce, alternando poetici e sinceri ricordi personali ad altri forzati volteggi pseudo-filosofici che alla lunga, causa rappresentazione visiva graficamente ripetitiva, disintegrano chi osserva.

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Heart of a Dog (Usa, 2015, doc) di Laurie Anderson; con Laurie Anderson.

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