Home Recensioni Poli opposti: recensione in anteprima

Poli opposti: recensione in anteprima

Favola che si vorrebbe contemporanea ma che non lo è affatto, Poli opposti si sofferma su amore/odio con scarsa incisività, troppo indulgente verso le dinamiche che racconta più che mostrare

pubblicato 6 Ottobre 2015 aggiornato 30 Luglio 2020 12:08

Stefano (Luca Argentero) è uno psicoterapeuta della coppia, che a sua volta vive il paradosso di chi tenta di riappacificare partner senza però riuscire a sistemare la propria di situazione matrimoniale. La moglie, figlia di un celebre psicologo-star i cui libri stravendono nelle librerie di tutta Italia, è un’insopportabile donna viziata con la quale la convivenza, più che impossibile, è divenuta impensabile.

Armi e bagagli, Stefano si trasferisce altrove, facendo della propria abitazione il suo ufficio e viceversa. Si dà il caso che il proprietario dell’immobile sia anche un vecchio amico d’infanzia; non stupisce, a questo punto, che la sorella di quest’amico abiti proprio nello stesso pianerottolo. Parliamo di Claudia (Sarah Felberbaum), avvocato divorzista in carriera e con un figlio a carico; ma soprattutto, prima ed unica vera cotta di Stefano.

Il tono di Poli opposti spinge a tavoletta sul favolistico, facendo leva su tutta una serie di coincidenze e derive da romanzo rosa. Il punto è che il tutto lo si vuole inserito in un contesto essenzialmente realistico, dove esistono i problemi di tutti i giorni, malgrado si tratti di persone per lo più abbienti, perciò i problemi sono quelli della classe medio alta. Nulla da obiettare, ci mancherebbe, ma certe miscele sono fatte per esplodere, o peggio, per non dare nemmeno la soddisfazione di una scintilla se non sapute maneggiare.

Riprendendo leitmotiv di certo cinema hollywoodiano classico (la citazione di Audrey Hepburn non è lì per nulla), viene portato avanti un discorso francamente sterile su amore e dintorni. Claudia, che ha preso una cantonata terribile con il padre di suo figlio, odia il genere maschile, sentimento che riversa con artefatto cinismo nel suo lavoro, a conti fatti una missione pseudo-femminista (le sue clienti sono solo donne) tesa ad ottenere la rovina di tutti i mariti; hanno voglia le mogli a far notare di non voler arrivare a tanto… sono uomini, devono pagare!

Stefano è più equilibrato; alle spalle un’infanzia non esattamente da “trascinatore”, la qual cosa si lega fin troppo “bene” con la situazione che sta vivendo il figlio di Claudia. Meno disilluso rispetto all’avvocato, crede ancora nella coppia e nei benefici che ne derivano se si è in grado di venirsi incontro. Senza girarci troppo intorno, la totale scollatura dalla presunta realtà che si vorrebbe raccontare è evidente dalle primissime battute. Non soltanto la costruzione chirurgica della sceneggiatura, ma anche il movimento dei personaggi sul palcoscenico del film suscitano affettazione, inducendo ad una mancata verosimiglianza che colpisce pressoché da subito.

Verosimiglianza interna al film stesso, s’intende, perché non sta scritto da nessuna parte che una commedia romantica non debba virare alla favola. Non così però, mediante un format maneggiato in maniera talmente maldestra da respingere lo spettatore, che osserva l’evolversi della vicenda con disinteresse vieppiù incalzante. Si prova a colmare certe lacune di scrittura, che attengono principalmente ai personaggi, attraverso una scomposizione degli eventi che tenta a suo modo anche d’infliggere una lezione su apparenza e realtà: del tipo, spesso e volentieri siamo cinici e negativi per come certe cose ce le raccontiamo, quando in realtà i fatti stanno diversamente. Alludiamo praticamente al finale, perciò non andiamo oltre, chi vedrà saprà.

Un ritratto che giunge fuori tempo massimo, infarcito di cliché sul cosiddetto amore/odio, povero di argomenti ma anche di privo d’incisività nel proporci tale storia, che è poi il difetto più imponente. Quale che sia il messaggio, conta che aspettarsi che una trama come questa possa attecchire senza integrare una verve che ne giustifichi la riesumazione rappresenta di per sé un errore di giudizio notevole. Senza sfumature, piatto, entusiasta a tal punto nel voler affermare la sua tesi di fondo da non curarsi di come ci si approda, perciò del percorso. Poli opposti denota proprio questo, ovvero l’affezione per certe dinamiche sopra ogni altra cosa, finanche sui personaggi; da qui con ogni probabilità l’inefficacia narrativa con la quale si trascina fino al suo epilogo.

[rating title=”Voto di Antonio” value=”4″ layout=”left”]

Poli opposti (Italia, 2015) di Max Croci. Con Luca Argentero, Sarah Felberbaum, Giampaolo Morelli, Tommaso Ragno, Grazia Schiavo, Anna Safroncik ed Elena Di Cioccio. Nelle nostre sale da giovedì 8 ottobre.