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Suburra: recensione in anteprima del film di Stefano Sollima

Roma Capitale al centro di uno dei film italiani più significativi della stagione. Suburra di Stefano Sollima è un intenso thriller criminale che non risparmia nessuno, impreziosito da un cast notevole ed una regia azzeccata

pubblicato 9 Ottobre 2015 aggiornato 30 Luglio 2020 12:01

All’indomani delle dimissioni del sindaco di Roma, Ignazio Marino, eccoci a vedere in anteprima Suburra, uno dei titoli italiani più importanti della stagione. Un simile tempismo, evidentemente al di là della portata degli autori, rappresenta in fondo una sorta di sigillo, per chi a certe cose ci crede. Quantunque il film esca fra poco meno di una settimana, vi possiamo assicurare che fa strano assistere ad un ritratto come quello di Stefano Sollima mentre l’attualità registra l’epilogo di almeno un capitolo, brutto, della storia recente di Roma.

Suburra, un titolo di per sé eloquente, che allude a miseria, sporcizia, immoralità. La stessa che nel film la pioggia lava cadendo copiosa, perché in fondo il lungometraggio di Sollima veicola un messaggio a suo modo positivo, malgrado non in linea col cinismo generale dell’opera. Un cinismo che, guardando ai fatti, sembra addirittura contenuto, perché cambieranno nomi, situazioni e quant’altro, ma le cose stanno così, nulla di nuovo sotto il sole.

Riappropriandosi, per chi avesse nutrito qualche dubbio, dei toni della serie Gomorra, tendenti a mostrarci quanto più vividamente possibile il sottobosco della malavita, qui immancabilmente intrecciato con la politica, la finanza e finanche il Vaticano, sebbene l’entità più presente e visibile sia proprio la prima: senza eccedere nel riportare certi meccanismi e dinamiche relativi all’attività politica di quel livello, ché il rischio di cadere nel cliché o anche solo finire con un’inefficace ancorché solleticante denuncia non valeva la pena.

No, la criminalità è il fulcro di Suburra, nelle sue diramazioni odierne, che passano anzitutto da persone prima ancora che organizzazioni; queste, pur essendoci, vengono a malapena nominate, perché dietro di loro ci sarebbe poco materiale per drammatizzare una vicenda che, per l’appunto, è prettamente umana. E si ritorna al titolo del film (capite quanto è azzeccato?) anche in relazione a quella pesante cappa da basso impero che aleggia per tutto il film. Nella zona di Ostia è prevista la realizzazione di un progetto di proporzioni enormi, una sorta di Las Vegas romana. Le forze in campo affinché il tutto proceda e vada a buon fine sono trasversali e, come già accennato, partono dal basso delle bande criminali romane coinvolgendo politici, i quali hanno il compito di garantire il buon esito in Parlamento, investitori internazionali, coinvolti a livello economico, ed in generale chiunque abbia voce in capitolo in corso d’opera.

È tremenda una tale convergenza d’intenti, che unisce sotto lo stesso tetto storie e personaggi i più svariati; ma tutto ciò ha un costo, ovvero l’equilibrio forzato. Il «samurai» (Claudio Amendola), forte della propria posizione e nomea, viene scelto quale garante: spetta a lui appianare ogni divergenza, provvedere alle esigenze del progetto, costi quel che costi. In mezzo, un cast strepitoso (in cui spicca, senza voler fare torto ad alcuno, la prova dell’eccezionale Alessandro Borghi, già notevole in Non essere cattivo di Caligari), che, insieme all’asciutta ma solida regia di Sollima, riescono ad impreziosire sul serio un film su cui si può forse nutrire qualche riserva in termini di sceneggiatura, se non altro perché non allo stesso livello delle componenti appena citate.

Certe uscite, dunque, certe linee di dialogo, a momenti rischiano di ledere l’atmosfera di un film che si riscopre tale proprio quando vengono tirate fuori certe frasi ad effetto. Ma vabbè, derive a parere di chi scrive perdonabili, poiché Suburra rimane un’opera rara nel panorama nostrano, curato, incalzante – a tratti pure troppo, per via del seppur splendido tema musicale, che è praticamente sempre lo stesso brano, quello del trailer. Con le sue sparatorie, poche e ben dirette, i suoi continui campo e controcampo che di fatto portano via buona parte del film. Senza infilarci dentro chissà cosa, lavorando anzi quasi per sottrazione, Sollima descrive in maniera credibile un contesto il cui squallore è superato solo dalla realtà.

Senza lezioni, o false speranze, malgrado, come scritto in apertura, la chiusa possa essere letta in positivo, con quella implicita dichiarazione per cui in un mondo del genere, semplicemente, non esistono intoccabili. Piacerebbe davvero crederlo. Resta il fatto che, anche per la fortuita ma significativa sovrapposizione alla cronaca delle ultime ore, si avverte il peso di un progetto che ha qualcosa da dire e sa come dirlo. Centrato, non privo del giusto mood, sarebbe addirittura potuto essere ancora più imponente con una scrittura più incisiva.

Ma come già evidenziato, Suburra è un film di personaggi, maschere di altrettanti vizi che ammorbano la Capitale, e con lei il Paese tutto, fuor di alcuna metafora, s’intende. Spietato, crudo, senza addolcimenti di sorta; riuscire ad essere tutte queste cose senza sfociare nel moralismo o giustizialismo da quattro soldi, è un traguardo che dubito altri sarebbero riusciti a raggiungere, scegliendo peraltro di optare per un film praticamente di genere. Ed infatti preparatevi, perché senz’altro c’è chi avrà da ridire in questo senso. Ma se anche stavolta il politicamente corretto avrà la meglio, pazienza… vorrà dire che Suburra avrà avuto ancora più ragione, malgrado sé stesso, e che questa fase terminale, una volta di più, è proprio meritata.

[rating title=”Voto di Antonio” value=”8″ layout=”left”]
[rating title=”Voto di Federico” value=”8″ layout=”left”]

Suburra (Italia, 2015) di Stefano Sollima. Con Pierfrancesco Favino, Elio Germano, Claudio Amendola, Alessandro Borghi, Greta Scarano, Giulia Elettra Gorietti, Antonello Fassari, Jean-Hugues Anglade, Adamo Dionisi e Giacomo Ferrara. Nelle nostre sale da mercoledì 14 ottobre.