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Lo stagista inaspettato: recensione in anteprima

Commedia garbata quella di Nancy Meyers, che si accosta al mondo delle start-up per soffermarsi su temi scottanti quali parità dei sessi e scarto generazionale nel modo della rete. Un film incompiuto nel suo ostentare una leggerezza che in fondo non ha. Tuttavia interessante l’alchimia tra Robert De Niro ed Anne Hathaway

pubblicato 11 Ottobre 2015 aggiornato 30 Luglio 2020 11:57

L’ultimo lavoro di Nancy Meyers è di quelli che fanno di tutto per confondere le acque, dandoti abbastanza motivi per simpatizzare con loro almeno quanti non ne diano per tenerti a distanza. Lo stagista inaspettato è a priori un film destinato a mettere sul chi va là; si parla di scarto generazionale al tempo delle start-up multimilionarie, di vecchia guardia, abituata a sgobbare, contro quella nuova, più concentrata verso il trovare l’idea vincente.

Due categorie esemplificate dai personaggi di Ben (Robert De Niro) e Jules (Anne Hathaway); il primo vedovo in pensione, piuttosto benestante ma essenzialmente annoiato, la seconda, brillante fondatrice di un sito di e-commerce che commercia in abiti femminili. La Grande Mela fa da sfondo a questa vicenda da medio-alta borghesia newyorkese, a tratti maldestra ma non di rado divertente.

Perché sì, non si può certo dire che Lo stagista inaspettato lesini scene capaci di farci sorridere, sempre con garbo, s’intende. Eppure questa sua leggerezza rappresenta croce e delizia di un’opera che, nel tentativo di non prendersi mai troppo sul serio, trova un equilibrio un po’ strano. Evitando a monte i toni della commedia sguaiata, il rischio è quello di risultare per lo più insapore: voglio dire, carine le imbeccate della Meyers, che a tutti concede il beneficio del dubbio senza scagliarsi mai contro nessuno, solo che questa sua presa di posizione mancata verso uno qualunque dei suoi personaggi acuisce il retrogusto d’incompiutezza, per lo più alla luce della tematica.

Tanto per cominciare la visione che si ha di questi ambienti di lavoro “giovani”, open space dove, sì, si lavora tanto ed il livello di stress è alto, ma che non restituisce a pieno la portata del fenomeno. E non si dica che tale approdo sia secondario, poiché la storia è totalmente immersa in un contesto lavorativo e certe caratterizzazioni appaiono limitanti anche laddove suscitano più di un semplice sorriso.

La notizia, però, sono i due protagonisti. Emerge infatti un’interessante alchimia tra De Niro e la Hathaway, sebbene la sceneggiatura non aiuti particolarmente entrambi. De Niro, grazie al cielo, riesce in qualche modo a divincolarsi dal tipico personaggio che da qualche anno a questa parte si trascina un po’ in tutti i suoi film, senza però eccedere nemmeno in positivo; la Hathaway, da par suo, è nel suo mondo quando si tratta d’interpretare donne tendenzialmente fragili, almeno all’apparenza. Non l’avremmo detto, ed invece il duo, malgrado tutto, partecipa e rende partecipi di questa parabola a sfondo edificante.

Ben decide di aderire ad un programma che l’azienda di Jules ha deciso di inaugurare per questioni d’immagine, secondo il quale vanno assunti almeno due ultra-sessantenni in qualità di stagisti. De Niro, l’unico tra gli intervenuti per il colloquio a non avere già un piede nella fossa, si mostra subito rispettoso, educato e disponibile, conquistando mediante queste qualità, oltre che alla sua etica lavorativa e da gentiluomo in generale, le simpatie di tutti i giovanissimi colleghi, per nulla abituati a certe maniere. Finché non viene assegnato ad assistere personalmente il capo, Jules, con la quale poco alla volta stringe un rapporto sempre più stretto e confidenziale.

Qualcosa del tipo maestro/allievo, con la differenza che l’allevio qui non è il solo a prendere lezioni. Una parte di mezzo che tende a risollevare le fila del discorso, debole nella prima parte così come nell’atto finale. Tra incomprensioni, scoperte e confessioni, Lo stagista inaspettato si conferma in tutto e per tutto prodotto di quell’universo che descrive, dove l’autenticità è un valore così come il lavoro, senza però dimenticare le relazioni. La Meyers ha scorto del potenziale in uno scenario che funziona attraverso certi meccanismi, e c’ha visto giusto. Se solo avesse cercato di comprenderlo meglio e portare avanti il discorso di conseguenza, con qualche preoccupazione in meno verso ciascun personaggio e ciò che rappresenta, magari saremmo qui a parlare di una commedia brillante, dai toni gradevoli. Solo che non è così purtroppo, o per lo meno non lo è del tutto. Come ho scritto in apertura, non ci sono film più impegnativi su cui discutere di quelli che si fermano a metà strada, sia rispetto alle proprie premesse che alle proprie conclusioni.

[rating title=”Voto di Antonio” value=”5.5″ layout=”left”]

Lo stagista inaspettato (The Intern, USA, 2015) di Nancy Meyers. Con Robert De Niro, Anne Hathaway, Rene Russo, Anders Holm, JoJo Kushner, Andrew Rannells, Adam DeVine, Zack Pearlman, Jason Orley, Christina Scherer, Nat Wolff, Linda Lavin, Celia Weston e Steve Voinovich. Nelle nostre sale da giovedì 15 ottobre.