Home Festa del Cinema di Roma Roma 2015 – The Wolfpack: Recensione in Anteprima

Roma 2015 – The Wolfpack: Recensione in Anteprima

Sei fratelli per oltre un decennio rinchiusi in un appartamento di New York. Fuori il mondo, dentro quelle quattro mura il loro smisurato amore per il cinema. Sono The Wolfpack, il branco

pubblicato 16 Ottobre 2015 aggiornato 30 Luglio 2020 11:49

Bhagavan, Govinda, Narayana, Mukunda, Krsna e Jagadisa. Nomi in sanscrito di 6 fratelli (e una sorella, Visnu, affetta dalla sindrome di Turner e volutamente lasciata quasi del tutto in disparte) per l’intera adolescenza ‘bloccati’ in un appartamento del Lower East Side di Manhattan. L’incredibile storia vera dei fratelli Angulo è diventata documentario grazie all’esordio alla regia di Crystal Moselle, affascinata da questi ragazzi con i capelli lunghi che un giorno ha casualmente incrociato per le strade della Grande Mela. Rimasta al loro fianco per quasi 5 anni, Crystal ha così scoperto un’esistenza che ha dell’incredibile, dando poi vita a The Wolfpack, Gran premio della giuria come miglior documentario Usa al Sundance Film Festival 2015 ed ora alla Festa del Cinema di Roma nella sezione parallela Alice nella Città.

Un’opera ai limiti della realtà eppure incredibilmente veritiera, quella raccontata dalla Moselle. Perché i fratelli Angulo hanno trascorso quasi 15 anni rinchiusi in un appartamento da un padre padrone, Oscar Angulo, peruviano innamorato degli AC/DC e affascinato dagli Hare Kṛṣṇa, che ha vietato loro contatti esterni con il mondo per ‘salvaguardarli’ e mantenerli ‘puri’. A salvarli, letteralmente, la settima arte. Perché attraverso vhs, tv e dvd gli Angulo hanno imparato a conoscere quel mondo a loro totalmente sconosciuto, aiutandoli indirettamente a crearsene uno tutto loro. Un’ossessione, quella per la cinematografia, che li ha portati a ricreare meticolosamente i loro film preferiti, con scenografie elaborate fatte in casa e costumi di cartone. Un passatempo per sfuggire alla monotomia delle 4 mura e a quella finestra su New York da cui osservare con timore ‘gli altri’, per poi tornare a concentrarsi su quella scatola chiamata tv.

Entrata straordinariamente in simbiosi con questa ‘originale’ famiglia della Grande Mela, la Moselle ha finito quasi per dipingere un universo parallelo, di fatto socialmente incontaminato. Una storia di formazione al limite del possibile, diventata concreta grazie al potere del cinema nel plasmare e trasformare vite, dando loro uno scopo e la forza necessaria per ribellarsi. Attraverso filmati di repertorio che ci mostrano i ‘veri’ cult-movie riprodotti dagli Angulo, la regista mette in scena quello che è stato il mondo di questi sei ragazzi per più di 15 anni, ovvero fino a quando Mukunda, nel 2010, trovò il coraggio di scappare di casa indossando la maschera di Michael Myers. Concluso il giro dell’isolato venne arrestato, perché entrato mascherato in una banca, e portato in un ospedale psichiatrico, ma da allora la sua vita come quella dei fratelli è inevitabilmente cambiata. 3 mesi dopo, infatti, tutti e sei i ragazzi iniziarono ad uscire di casa, sempre e solo in gruppo, toccando finalmente con mano la vita ‘vera’, lontana dalla finzione cinematografica.

Nel cedere la parola ad ognuno di loro la Moselle delinea i lineamenti di un ‘branco’ cresciuto lontano dalla società civile, anche se residente nel cuore di New York. Brillanti, ambiziosi, privi di conoscenti al di fuori della propria famiglia e intelligenti, perché educati dalla sottomessa madre Susanne che troppo a lungo ha accettato senza batter ciglio le folli ossessioni dell’amato marito, gli Angulo sono di fatto ‘rinati’ solo una volta usciti da quello sporco, piccolo e triste appartamento popolare. E noi assistiamo a questa ‘rinascita’ attraverso la loro attesa prima volta in un vero cinema (per vedere ‘American Hustle) o il primo bagno a Coney Island. Vestiti come i protagonisti de Le Iene, capelli lunghissimi e occhiali scuri, Bhagavan, Govinda, Narayana, Mukunda, Krsna e Jagadisa sono maturati ammirando un mondo fittizio, di pura celluloide, tutto Tarantino, Scorsese, Lynch, Coppola e grondante sangue a causa del loro strabordante amore nei confronti dell’horror. Una (ir)realtà che ha alimentato sogni e fantasie, trascinandoli via dalla monotomia e dalla solitudine sociale in cui papà Oscar li aveva rinchiusi.

Genitori che la regista non lascia in disparte, evitando però giudizi affrettati nei confronti di entrambi. Se lui, spesso ubriaco e delirante nelle sue visioni religio-filosofiche, appare come il ‘mostro’ della situazione, in quanto violento con la moglie e autoritario con i figli, lei, la remissiva Susanne, trasuda quasi compassione perché a lungo incapace di reagire ad una tanto insostenibile situazione. Divertente grazie ai meravigliosi ‘sketch’ cinematografici riprodotti dai fratelli e al tempo stesso commovente nel dare forza al rapporto d’affetto tra madre e figli, The Wolfpack sbalordisce per la propria autenticità, che si fa quasi da subito anche ‘trionfo cinefilo’. Perché dopo averlo visto cambierà inevitabilmente la percezione che ognuno di noi ‘crede’ di avere con la settima arte, qui addirittura ‘educativa’ ed ‘essenziale’ nella formazione dei sei ragazzi. Una naturalezza espressiva, quella fatta venire a galla dalla Moselle, in grado di spaziare tra i vari stati d’animo di questa inusuale famiglia a lungo imprigionata in un’utopia esistenziale. Prima di evadere e iniziare finalmente a vivere.

[rating title=”Voto di Federico” value=”7.5″ layout=”left”]

The Wolfpack (doc, 2015) di Crystal Moselle; con Mukunda Angulo, Bhagavan Angulo, Jagadisa Angulo, Krsna Angulo, Narayana Angulo. continua» Govinda Angulo – uscita giovedì 22 ottobre 2015.

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