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Dark Places – Nei luoghi oscuri: recensione in anteprima

Dalla scrittrice di L’amore bugiardo – Gone Girl, ecco il secondo lungometraggio tratto da un romanzo di Gillian Flynn. Dark Places – Nei luoghi oscuri scava in un passato irrisolto arrancando in corso d’opera, malgrado una brava Charlize Theron e delle meritevoli premesse

pubblicato 21 Ottobre 2015 aggiornato 30 Luglio 2020 11:40

Dopo L’amore bugiardo – Gone Girl, uno dei film migliori della scorsa annata, pensare che si potesse glissare sul secondo film tratto da un’opera di Gillian Flynn sarebbe fuori luogo. Dark Places – Nei luoghi oscuri esce infatti preceduto da questo pesante testimone, indiretto quanto si vuole ma tant’è. Non a caso il film scritto e diretto da Gilles Paquet-Brenner ha a prescindere un suo valore, ossia proprio in questo parallelo non del tutto forzato con il film di David Fincher.

Qui la protagonista è Charlize Theron nei panni di Libby Day, una donna la cui infanzia, dunque la sua vita, è stata segnata dal massacro di buona parte della sua famiglia, madre e due sorelle. Il colpevole, a quanto pare, è il fratello Ben (Tye Sheridan), ambiguo personaggio tacciato addirittura di inclinazioni a riti satanici et similia. Una storia che si svolge su un doppio binario, quello del presente narrativo, ambientato ai giorni nostri, e quello relativo al 1985, periodo in cui avvenne il tragico misfatto.

I toni sono quelli del giallo, a cui Dark Places cerca di adeguarsi specie in termini di meccanismi. Difatti è proprio l’incipit narrativo a destare curiosità se non addirittura interesse, con questa donna alla sbando che per anni ha vissuto senza lavorare, a carico di chi ha speculato sulla sua tragedia. Finché, prossima all’indigenza, non riceve la telefonata di Lyle (Nicholas Hoult), un giovane imprenditore con la passione per l’investigazione, il quale, insieme ad un gruppo di altri innamorati del rompicapo, si dice convinto che il fratello, in carcere da ventott’anni, non sia il vero colpevole. Eppure ad incriminare Ben fu esattamente la dichiarazione di Libby, che testimoniò subito ai danni del fratello.

Emergono qui le prime crepe di un progetto dalle premesse, come già scritto, accattivanti. Sebbene non ci si soffermi affatto sul periodo intercorso tra il presente del film e gli eventi dell’85, viene lasciato inferire essersi trattato di un tempo di stasi, in cui la protagonista, semplicemente, non è riuscita ad andare avanti. Ci si crede? Non ci si crede? Resta che prendere atto di come Libby abbia trascorso gli ultimi trent’anni e, soprattutto, come si dia improvvisamente a questa ulteriore inchiesta sulla vicenda tende un po’ a spezzare quel coinvolgimento che fino a lì ci ha spinto a chiederci cosa ci fosse dopo.

È vero, siamo ancora nelle prime battute, ma il punto è che da quel punto in avanti Dark Places non migliora. Anzi, più ci si avvicina alla risoluzione del caso – perché questo è, ovvero un thriller investigativo – più si accavallano svolte, anche piccole, che si distinguono per una certa forzatura. Insomma, non parte male, salvo poi perdersi nella seconda metà, che in un giallo a tinte noir è un problema non da poco. Contravvenendo peraltro ad una delle regole fondamentali del genere, per cui, non essendo esperti, ci affidiamo ad uno che se ne intendeva, ossia G. K. Chesterton. Attenzione qui, perché per alcuni si potrebbe sfociare nello spoiler. Lo scrittore inglese riteneva che mai, in nessun caso, l’assassino dovesse essere preso a caso, fuori dalla cerchia dei personaggi che abbiamo avuto per tutto il tempo sotto gli occhi. Se a questo si aggiunge la piega quasi parodistica che assume il finale, si capisce quanto sia difficile riconoscere attenuanti ad un lavoro che viene meno proprio sul più bello, nel momento in cui per nessuna ragione può sbagliare, ovvero nel tirare le somme. Fine spoiler, o qualunque cosa sia stato.

Ed è un peccato visto il notevole cast, con una Theron che regge a fronte però di una fatica immane, cercando di rendere appetibile un personaggio dal retaggio lacunoso e dalla personalità non particolarmente interessante. Nell’ambito di una storia che tende a svelare, poco alla volta, un’amara verità, che può essere interpretata in due modi tra loro diametralmente opposti: o tutti sono colpevoli o non lo è nessuno, tertium non datur. Una conclusione alla quale non si riesce a dar troppo credito non di per sé, ma poiché ci si arriva a fronte di quasi due ore in cui il meccanismo più volte s’inceppa, “merito” soprattutto del doppio binario narrativo, sempre arduo da padroneggiare.

Si torna perciò a quanto abbiamo rilevato in apertura in merito al parallelo con Gone Girl, che è un pezzo di cinema classico applicato in chiave moderna, oltremodo scorrevole e con delle intuizioni più che notevoli. Anche qui, in Dark Places, non mancano le premesse, con una Flynn ancora una volta immersa nelle dinamiche familiari, prima di coppia, ora di sangue; tuttavia manca l’eleganza e l’incisività che contraddistingue il film di Fincher, e non perché fosse lecito aspettarsi qualcosa di simile. Tale appunto serve a porre in evidenza come una mancata chiave di lettura, un’idea forte si riveli, alla fine della fiera, la reale discriminante. Al netto di come la trama di dipana attraverso i singoli episodi, Gilles Paquet-Brenner fatica a contenere e veicolare una storia dal discreto potenziale, almeno quanto ai presupposti, non riuscendo così a sublimare certe falle che magari saranno già nel testo della Flynn, può darsi, alle quali però non ci si può comunque aggrappare più di tanto.

[rating title=”Voto di Antonio” value=”5″ layout=”left”]

Dark Places – Nei luoghi oscuri (Dark Places, USA, 2015) di Gilles Paquet-Brenner. Con Charlize Theron, Nicholas Hoult, Christina Hendricks, Chloë Grace Moretz, Tye Sheridan, Sterling Jerins, Corey Stoll, Andrea Roth, Sean Bridgers, J. LaRose, Shannon Kook, Jennifer Pierce Mathus, Natalie Precht, Madison McGuire, Lori Z. Cordova, Denise Williamson, Jeff Chase e Drea De Matteo. Nelle nostre sale da giovedì 22 ottobre.