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Perfect Day: recensione in anteprima

Una delle commedie migliori della stagione la firma lo spagnolo Fernando León de Aranoa. Perfect Day è il bizzarro ancorché credibilissimo ritratto di un gruppo di operatori umanitari alle prese con le assurdità della guerra in Bosnia di metà anni ’90. Solo che tali assurdità non hanno nulla a che vedere con la guerra

pubblicato 7 Novembre 2015 aggiornato 30 Luglio 2020 11:14

C’è un’immagine che, su tutte, ci dà l’idea di cosa sia Perfect Day, film dello spagnolo Fernando León de Aranoa: sono questi due Suv che si muovono lentamente tra le strade sterrate a S, inquadrate dall’alto, a volo d’uccello. La beffa, l’ironia di un contesto in cui le regole, e di conseguenza qualsivoglia approccio, va ripensato. E d’altronde, come relazionarsi ad una commedia ambientata in un territorio di guerra?

1995. Siamo agli sgoccioli della guerra in Bosnia. Un gruppo di operatori umanitari sta cercando di tirare fuori da un pozzo il cadavere oramai gonfio di un uomo dall’imponente stazza, onde evitare che l’acqua venga irrimediabilmente contaminata. Un’impresa per chi è costretto a lavorare con mezzi di fortuna, senza alcun aiuto e con l’indifferenza, laddove non l’apatia, della gente locale. Mambrú (Benicio del Toro) è un po’ il leader di questa combriccola formata anche da B (Tim Robbins), Sophie (Mélanie Thierry) e Damir (Fedra štukan).

I primi venti minuti di Perfect Day sono spiazzanti, sensazione che tende a protrarsi pure più in là, salvo poi rientrare meravigliosamente non appena si è venuti a patti col tenore del film. Che è surreale pur aderendo senza alcuna concessione di sorta alla realtà di una guerra vista “di fianco”, per così dire. Il gruppo di Mambrú risolve problemi laddove l’evento, tragico o meno, si è già consumato: niente spari, né uccisioni, il che rappresenta una prospettiva interessante per una storia che rimane comunque immersa in uno scenario di guerra.

Dove però Aranoa c’azzecca alla grande è nell’intuizione di cavalcare l’assurdità della vicenda con un umorismo dignitosissimo, mai ma proprio mai fuori posto. A posteriori si resta ancora più meravigliati da come il regista spagnolo sia riuscito a non scadere nemmeno per un attimo nell’eccesso, nella parodia involontaria, nell’uscita inopportuna, rendendo credibile e funzionale persino esclamazioni come «scopatela! Fallo per i bosniaci». Il tutto tenendo sempre centrale quella che è una critica nient’affatto velata alla farraginosa macchina del supporto umanitario nelle zone di guerra.

Un Moloch di procedure, leggi e regolamenti che, a conti fatti, impediscono a chiunque di operare per il bene di chi in quelle zone ci abita, dando adito a domande del tipo: se questi non hanno modo di aiutare le persone del posto, che ci stanno a fare lì? Peggio. In alcuni casi l’iter diventa addirittura deleterio, arrecando danni che diversamente si sarebbero potuti evitare. Approntando un discorso analogo per intenti ma opposto per svolgimento rispetto a quanto visto in The Martian, dove – qui l’irrealismo hollywoodiano del film di Scott – la storia ha un lieto fine proprio in funzione della disobbedienza alla regole a beneficio dello scopo. Nulla di questo in Perfect Day, dove non ci sono eroi ma professionisti.

Perfect Day assume quindi una piega da dark comedy, che è in fondo l’etichetta più adeguata per descrivere il film tutto. Ad ogni modo rispettoso, sia della tragedia umana che della pagina di storia, sulla quale Aranoa non ha alcun interesse a speculare. Ed in tutto questo chiaramente il peso dei protagonisti diventa essenziale: tutti, nessuno escluso, riesce ad assecondare il piano del regista, che vuole il sarcasmo non come velo aggiunto ad una situazione di per sé avulsa da simili derive, bensì quintessenzialmente legato ad essa. Laddove emerge il grottesco, perciò, non è mai un’aggiunta ma una naturale evoluzione di quanto sta accadendo. B, il personaggio di Robbins, è evidentemente uno che sul campo ci ha passato troppo tempo, tanto che sotto certi aspetti ha perso i propri freni inibitori; nondimeno, non è uno stupido, e se si pensa a quanto viene lasciato intendere riguardo alla sua esperienza ci sembra già tanto che pazzo non lo sia diventato sul serio.

Mambrú è un po’ il simbolo di ciò che Aranoa intende cavare da questa tutt’altro che straordinaria giornata all’insegna dell’irrazionalità; abile, carismatico, la sua frustrazione è quella che più di ogni altra denuncia il carattere perverso di certe sovrastrutture. Stando a sentire il brano che chiude il film (a proposito, ottima colonna sonora, e pure ben sfruttata salvo forse un solo passaggio), il messaggio è tremendo ma al tempo stesso non cinico: inutile darsi pena per ciò che non è in nostro potere fare; certe cose, forse, si sistemano da sé qualora si abbia la pazienza di attendere. Nel frattempo, a spalare a sterco! Letteralmente.

È raro che una commedia riesca in quello che è il suo compito precipuo, il quale, incredibile ma vero, non è far ridere ma far riflettere. Costringendoci a tale riflessione tra un sorriso e l’altro, certo, strappando una composta risata al momento giusto, ché il ridere esasperato mal si concilia con la capacità di restare lucidi. Ecco, Perfect Day è un film lucido, piuttosto diretto in ciò che vuole dire ma non per questo maldestro oppure affannato nel suo raggiungere l’obiettivo. Purché se ne accetti il ritmo a conti fatti placido, compensato non dall’azione ma da certi botta e risposta da commedia consumata, che però non cede mai, nemmeno per un istante, al sarcasmo fine a sé stesso. Non laddove l’incazzatura viene sublimata da un’ironia oltremodo intelligente, che denota un equilibrio che è poi la cifra vera e propria di Perfect Day.

[rating title=”Voto di Antonio” value=”8.5″ layout=”left”]
[rating title=”Voto di Federico” value=”8″ layout=”left”]

Perfect Day (Un día perfecto, Spagna, 2015) di Fernando León de Aranoa. Con Olga Kurylenko, Benicio Del Toro, Tim Robbins, Melanie Thierry, Fedra štukan, Frank Feys, Antonio Franic ed Eldar Residovic. Nelle nostre sale da giovedì 10 dicembre.

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