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La quinta onda: recensione in anteprima

Alieni che non spaventano. Alieni che s’innamorano. Alieni più credibili come umani. La quinta onda è questo ed altro ancora, inaugurando nel peggiore dei modi una trilogia cinematograficamente derivativa nell’accezione meno nobile del termine

pubblicato 22 Gennaio 2016 aggiornato 30 Luglio 2020 09:16

[quote layout=”big” cite=”Un alieno]Noi sosteniamo che l’amore sia solo un inganno per portare avanti la specie. […] Ora ho capito che non è così.[/quote]

Altro giro, altra corsa. La Twilight-mania ha generato un fenomeno che dal fantasy è passato alla fantascienza, toccando scenari post-apocalittici, distopia e affini. Un pullulare di saghe che nascono quasi tutte su carta, aventi in comune il target pre e adolescenziale. È il caso di Hunger Games, Divergent e Maze Runner, al quale ora tenta di aggiungersi La quinta onda, tratto dall’omonimo romanzo di Rick Yancey. E sì, si tratta di una trilogia.

Questa volta, però, niente vampiri, licantropi o forze oscure, poiché, come qualcuno ha scritto relativamente al libro, «La quinta onda dovrebbe fare per gli alieni ciò che Twilight ha fatto per i vampiri». Uno schema consolidato, almeno in relazione al film, con una giovane eroina invischiata in una lotta più grande di lei, ma che nonostante questo resta una ragazzina con tutti i problemi connessi all’anagrafe, primo fra tutti quello amoroso.

Cassie vive in una cittadina dell’Ohio conducendo un’ordinaria esistenza, tra amici e famiglia. Tutto cambia dal giorno in cui nel cielo appare una minacciosa nave aliena, che nel giro di poco tempo innesca una serie di calamità, cosiddette “onde”. Nella prima tutti i marchingegni elettrici ed elettronici smettono di funzionare, venendo a mancare pure l’acqua, nella seconda si registrano maremoti e via discorrendo. La quinta onda, nei piani degli alieni, dovrebbe rappresentare la soluzione finale, quella che pone fine alla specie umana.

Cassie sopravvive chiaramente a tutte, ed ha pure modo di prendersi una cotta per Evan, un altro sopravvissuto da cui è stata salvata. Il tutto sullo sfondo di quest’invasione aliena che ha messo in ginocchio l’umanità, la cui unica speranza sono oramai i più giovani – per una ragione che riteniamo sia meglio non spiegare. Un prodotto, com’è facile intuire, che un suo potenziale ce l’ha, non fosse altro per il fenomeno ampiamente rodato che ha per protagonisti dei ragazzi chiamati a compiere grandi cose, mentre al tempo stesso si confrontano con l’età che hanno, carica di per sé di sfide.

Ciò che però sulla carta può sembrare promettente, o per lo meno ben indirizzato, non lo è affatto su schermo. Non è tanto la mole del contenuto, poiché La quinta onda funge per lo più da prologo, quanto la sua gestione, didascalica, inspiegabilmente asettica. Non si dirà mai abbastanza quanto, specie in certi contesti, il saper ricreare un’atmosfera rappresenti l’impresa più stimolante, oltre che la più difficile; totalmente ripiegato sulle pagine del libro, J Blakeson non riesce ad infondere vita nella sua trasposizione. E quando alludiamo alle pagine non facciamo riferimento alla storia, di per sé accettabile, o i personaggi, piatti all’inverosimile, quanto al messaggio.

C’è questa ossessione del messaggio, che è forse ciò che i ragazzi cercano dandosi a queste letture, dato che loro, come tutti più o meno, nei libri che leggono cercano il familiare, qualcosa che li consoli o addirittura li confermi nelle loro idee così come nei pregiudizi. Perciò ne La quinta onda è tutto un gran parlare di umanità, di amore etc. Non che se ne faccia ricorso esplicitamente ogni due per tre, ma è quello il leitmotiv al quale si vuole strenuamente approdare fino alla fine, quando viene raggiunto il liberatorio apice.

Lascia peraltro perplessi questa storia del voler trattare i più giovani con un’accondiscendenza che denota distrazione prima di tutto: il film è infatti sorprendentemente prevedibile, e non agli occhi di una persona scafata, bensì a chiunque presti un minimo d’attenzione alla vicenda. Ci sono passaggi di sceneggiatura che denotano un raffazzonamento molto discutibile, come l’ingresso dei militari in un campo di rifugiati a bordo di veicoli corazzati, o il modo in cui Cassie prima perde il suo fratellino e poi lo ritrova. Molto di ciò che manca lo si deve proprio ad una simile scrittura, che non genera né stupore, né suspense, né tantomeno può quindi suscitare reazioni emotive significative.

Ma in fin dei conti tutto è fuori posto in questo film, non solo la scrittura, ma anche la povera direzione ed il rozzo montaggio. Un prodotto ben al di sotto degli standard, il che è inspiegabile se si pensa ai 38 milioni di budget. Così come non si spiega questo passo indietro della Moretz, sinceramente immaginabile, dopo non solo Sils Maria ma anche il più noto Kick-Ass. Anche su questo fronte, infatti, La quinta onda non va oltre il mediocre, sebbene, come in parte accennato, parte della responsabilità vada alla pessima regia.

Che altro aggiungere riguardo a un’opera il cui scopo principale, se non l’unico, è quello di accodarsi ad un fenomeno? La vera onda è quella che cerca maldestramente di cavalcare, credendo sul serio di poter riuscire nell’intento limitandosi a reiterare certi cliché di genere come un triangolo amoroso cui fa da sfondo la desolazione. Hunger Games, che pure ha i suoi limiti, sta comunque altrove; La quinta onda vorrebbe somigliargli, finendo con l’essere una brutta copia di un prodotto già a sua volta derivativo. E, alla lunga, quanto può mai rimanere del bagliore iniziale da cui tutto ha avuto origine?

[rating title=”Voto di Antonio” value=”2″ layout=”left”]
[rating title=”Voto di Federico” value=”3″ layout=”left”]

La quinta onda (The 5th Wave, USA, 2015) di J Blakeson. Con Chloë Grace Moretz, Maika Monroe, Maggie Siff, Liev Schreiber, Tony Revolori, Nick Robinson, Ron Livingston, Nadji Jeter, Alisha Heng, Marc John Jefferies, Terry Serpico, Alex Roe, Hunter Denoyelles, Talitha Bateman, Alex MacNicoll, Michael Beasley, Barbara Vincent, Roger Neal e Zackary Arthur. Nelle nostre sale da giovedì 4 febbraio.