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Stasera in tv su Rai 3: “In solitario” con Francois Cluzet

Rai 3 stasera propone In solitario (En Solitaire), film drammatico del 2013 diretto da Christophe Offenstein e interpretato da François Cluzet e Samy Seghir.

pubblicato 22 Febbraio 2016 aggiornato 30 Luglio 2020 08:28

 

Cast e personaggi

François Cluzet: Yann Kermadec
Samy Seghir: Mano Ixa
Virginie Efira: Marie Drevil
Guillaume Canet: Franck Drevil
Arly Jover: Anna Bruckner
Karine Vanasse: Mag Embling

 

La trama

Yann Kermadec (François Cluzet) vede realizzarsi il suo sogno quando inaspettatamente viene chiamato a sostituire l’amico Franck Drevil (Guillaume Canet) alla partenza della Vendée Globe, il giro del mondo in barca a vela in solitario. E’ animato da un furioso desiderio di vincere ma, in piena gara, scopre a bordo la presenza di un giovane passeggero che rimetterà tutto in discussione…

 

 

La Vendée-Globe

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La Vendée-Globe è una regata per barche a vela che consiste in una
circumnavigazione completa in solitaria, senza possibilità di attracco o di assistenza esterna (pena l’esclusione).

L’iniziativa è stata fondata da Philippe Jeantot nel 1989, e a partire dal 1992 si è svolta ogni quattro anni. Per le sue evidenti restrizioni, la regata costituisce una dura prova di resistenza individuale, e viene da molti considerata come la più significativa delle competizioni in ambito velico.

La gara inizia e finisce a Les Sables-d’Olonne, nel dipartimento francese di Vendée. Il tragitto è sostanzialmente una circumnavigazione lungo la clipper route: da Les Sables-d’Olonne giù per l’Oceano Atlantico fino al Capo di Buona Speranza, dopo di che si procede in senso orario attorno all’Antartide, passando a destra di Capo Leeuwin e Capo Horn, infine di nuovo verso Les Sables d’Olonne.

La gara generalmente dura da Novembre a Febbraio: è studiata in modo che i partecipanti possano affrontare i Mari Antartici durante l’estate australe.

La gara si caratterizza come una serie di sfide di rilievo, in particolar modo per le impegnative condizioni di vento e onda nei Mari Antartici, la notevole durata di una corsa senza assistenza, e il fatto che la rotta spinga spesso i concorrenti lontano dalla portata di qualsiasi normale risposta in caso di emergenza.

Per contenere i rischi, ai concorrenti è richiesta l’idoneità a corsi di sopravvivenza e pronto soccorso. Devono altresì fornire prove attendibili di una solida esperienza acquisita in materia di navigazione, e queste consistono in due possibilità: o la partecipazione a una precedente competizione transoceanica in solitaria, oppure, naturalmente, aver preso parte a una passata edizione della stessa Vendée Globe e averla portata a termine per intero.

 

Intervista con il regista Christophe Offenstein

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In solitario e’ il suo primo film da regista, cosa l’ha spinta a fare questo passo?

Come capo operatore ho sempre avuto un rapporto privilegiato con gli attori e, per quanto strano possa sembrare, nel cinema non è la tecnica ad appassionarmi, bensì gli attori, i personaggi e la storia nella quale si muovono. D’altra parte nel compiere questo passo non sono stato lasciato solo. Ho scritto la sceneggiatura con il mio co-sceneggiatore e produttore Jean Cottin per due anni. Quanto a François Cluzet, da “Non dirlo a nessuno” e “Piccole bugie tra amici”, avevamo ormai una vera complicità ed era pronto ad accompagnarmi nei miei primi passi come regista.

Come mai ha scelto un film cosi’ «fisico» per questa prima esperienza da regista?

E’ una scelta che mi somiglia e che si iscrive perfettamente nel mio percorso di vita e nel mio modo di essere. Ho partecipato a molte gare, in particolare alle prime Parigi-Dakar in moto. Quando si ha dentro la competizione, qualunque sia lo sport praticato, si ha sempre lo stesso obiettivo: la ricerca dell’eccellenza e la voglia di mettere alla prova fino in fondo le proprie capacità. E’ ciò che ho ritrovato nell’universo delle regate in mare aperto, in una forma spinta agli estremi, perché i navigatori si ritrovano soli, davanti al vuoto assoluto che può esprimere l’oceano. Girare su un veliero in mare aperto, deve essere stata un’esperienza destabilizzante, sia sul piano tecnico che sul piano artistico…A maggior ragione data la mia decisione di mantenere intatta l’imbarcazione sulla quale abbiamo girato. E’ una monoscocca che ha partecipato all’ultima Vendé e Globe, senza allestimenti o tramezzi aggiunti, la barca è rimasta com’era, nel suo stato da navigazione. Sono stato quindi obbligato a fare molto lavoro a monte, e a preparare i tagli della sceneggiatura e le inquadrature in modo molto preciso. Quanto alla posizione della macchina da presa, all’inizio avevamo previsto un carrello e dei punti di aggancio, ma ho deciso quasi subito di fare tutto con la camera a spalla, anche se c’era il rischio che si muovesse troppo. In effetti è stato, al contrario, un modo per correggere i movimenti della barca, altrimenti le immagini sarebbero state impossibili da guardare. Girare con la camera a spalla mi ha permesso inoltre di restare molto vicino agli attori, e di non rischiare inquadrature che avrebbero potuto raccontare altro.

Appunto. Come si fa, malgrado queste condizioni, a raccontare una storia intima e a dirigere gli attori?

L’avventura umana doveva prevalere sull’odissea sportiva. E per gli attori riuscire a concentrarsi in uno spazio limitato di 20 metri quadrati in mezzo a 18 persone non è stato facile. Ma al momento di girare tutti hanno fatto la loro parte con grande rispetto. Non si sentiva volare una mosca. D’altronde non abbiamo mai fatto un piazzamento senza prima concordarlo insieme. E’ stato un lavoro fatto in comune. Se c’erano delle cose che sembravano difficili a François, a causa, per esempio, di gesti tecnici da eseguire durante un dialogo, si è cercato di risolverle insieme . Non lasciavamo mai niente in sospeso, anche se questo significava perdere una mezz’ora.

 

 

Intervista con il protagonista François Cluzet

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Qual e’ stata la sua reazione dopo aver letto la sceneggiatura?

Mi sono subito chiesto se sarei stato credibile e come l’avrei fatto. Se pure fossi stato in grado di immaginarmi nel ruolo, come mi sarei comportato sulla barca, fisicamente intendo. Si tratta di uno sportivo ad alto livello, conoscere gli skipper della Vendée-Globe ce l’aveva fatto capire bene. Si preparano quattro anni per la gara, fisicamente e soprattutto mentalmente, sono molto forti. E’ in termini di concentrazione che forse ci somigliamo ed è su quello che mi sono basato. Inoltre essere un navigatore comporta la conoscenza di gesti tecnici precisi. Mi sono tuffato nell’universo della vela e la cosa mi ha appassionato. Poi, leggendo la sceneggiatura, ho capito che quello che c’era di prezioso nella storia, al di là della performance sportiva, era il rapporto tra il mio personaggio e quello dell’adolescente. Ne abbiamo discusso con Christophe Offenstein, il regista, che conosco da tanto. Bisognava scegliere un giovane attore affermato. Ci saremmo trovati di fronte a situazioni complicate e a condizioni di lavoro difficili. E’ il mare a comandare. Samy Seghir ci ha dimostrato tutto il suo talento durante le riprese. Un giorno, ad esempio, dovevo malmenarlo in cabina. L’ho avvertito dicendogli che se per lui ero troppo violento avrei potuto farlo più piano. Poi l’ho spinto, non troppo forte, e a quel punto, a rischio di farsi male, si è lanciato con violenza dall’altra parte della cabina. Questo è quello che si dice un attore generoso!

Una volta accettato di fare il film, come ha affrontato le riprese, sicuramente molto particolari?

Mi sono detto che avevamo a che fare con talmente tanti fattori imprevisti che era meglio lanciarsi nell’impresa con entusiasmo, anima e corpo. Abbiamo fatto tutti grande affidamento su Christophe, il nostro regista. Ovviamente io ero abbastanza in ansia. Sapevamo che non eravamo su una nave da crociera, che il veliero sarebbe andato a tutta velocità, che ci sarebbero stati il vento e le onde, e che saremmo stati sballottati un bel po’. Ma ho una tale fiducia in Christophe da quando l’ho avuto come capo operatore per i 2 film che ho fatto con Guillaume Canet, che ero pronto ad impegnarmi al mille per cento!

Per quanto riguarda la recitazione, e’ difficile trovarsi in uno spazio ristretto e dover fare azioni da skipper mentre si interpreta un personaggio?

In effetti tutti questi condizionamenti mi hanno spinto a fare quello che amo di più del mio mestiere d’attore: restare incollato allo spartito, evitare la performance e l’istrionismo, e restare super-concentrato. Sono un po’ in apnea quando giro un film. Quando finisce una scena mi prendo un piccolo lasso di tempo per rilassarmi, per pensare ad altro, e poi sono pronto per la scena successiva. E’ il solo modo che mi garantisca di restare nella parte. Tutto, ma mai perdere la concentrazione: dimenticare la presenza della troupe, fino a sedici persone su quella barca concepita per portarne una sola; affrontare gli elementi e tenere sotto controllo lo svolgimento e le sfumature di ogni scena e, soprattutto, la mia fortuna è stata non soffrire il mal di mare. E poi conoscevo praticamente tutti i membri della troupe, e sentivo che tra noi era nata una sorta di sfida, e che ciascuno era pronto a dare il meglio di sé. La cosa ci ha motivato molto. Non c’era spazio per l’egocentrismo. Una vera squadra.

Ha fatto dei corsi per prepararsi, ha trascorso del tempo in mare aperto, e’ stato in mare con Armel LeCleac’h. E’ diventato un po’ un velista professionista?

Sullo schermo spero di sì! Ma sulla barca a volte non è che me la cavassi così bene! Una volta o due ho pensato che sarei finito fuori bordo. Normalmente lo skipper deve indossare un gilet di salvataggio. Ma in realtà lo porta di rado. Per cui anch’io non lo portavo, per non sembrare un turista, e camminavo sulla barca con l’assillo di poter cadere in mare. Ma questo faceva parte del gioco. C’è una frase di Brel che amo molto: «Il talento è l’avere voglia». Abbiamo tutti talento dal momento in cui abbiamo voglia davvero di fare qualcosa. Sono stato felice di poter essere al fianco di Christophe Offenstein per il suo primo film e di dargli il meglio. Mi aveva scelto, e il minimo che potessi fare era cercare di essere all’altezza della sua fiducia.

 

 

La colonna sonora

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– Le musiche originali del film sono del compositore spagnolo  Victor Reyes (Buried – Sepolto, Il ricatto) scritte in collaborazione con Patrice Renson.

 

stasera-in-tv-su-rai-3-in-solitario-con-francois-cluzet-6.jpgTRACK LISTINGS

1. Wings
2. Listen
3. Somewhere
4. Hommage no 3 pour piano et orchestre
5. Wild
6. Lof
7. Promenade
8. Time
9. Les ondes
10. Reach out
11. Amusette pour piano et guitare
12. Ombre ou lumière
13. Lights
14. Sugar
15. Quelques minutes
16. The Mystic Wind
17. Time (Version Orchestra)
18. A Day With You
19. En solitaire (End credits)
20. Like a Wave – Joanna Rubio

 

 

Clip e video

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