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Hardcore!: recensione in anteprima

Primo esempio in assoluto di videogioco trasposto sul grande schermo, Hardcore! è opera magari acerba ma allo stesso tempo pregna di quesiti le cui risposte non si possono più rimandare. Nel prendere in considerazione tali irriverenti domande, ci si lasci pure intontire da questa corsa adrenalinica e volutamente insensata verso il «boss finale»

pubblicato 8 Aprile 2016 aggiornato 30 Luglio 2020 07:15

Hardcore! è più che un film, ma allo stesso tempo è meno che un film. È un esperimento, un’esplorazione in territorio più o meno vergine, su cui perciò non si deve soprassedere. Lo impone l’epoca, ovvero la natura di questo progetto inserito nel contesto in cui ci troviamo, mentre le cicliche ed implacabili campane a morto continuano a suonare al ritmo di megaproduzioni sempre le stesse, «crisi d’idee» (ma il Cinema non è mica solo Hollywood), serie TV che incalzano e via discorrendo.

Il film di Ilya Naishuller (impostosi all’attenzione tre anni fa con il rocambolesco Bad Motherfucker), s’inserisce perfettamente in questo passaggio, una transizione che non ci ha ancora restituito una forma, per cui il settore sta mutando ad un ritmo insolitamente blando a dispetto della velocità che è matrice del nostro tempo. Un lungometraggio girato interamente in soggettiva, che è poi il motivo di tanto interesse vero questa produzione. Cominciamo però, prima di andare oltre, col mettere alcuni puntini sulle i. L’inquadratura in soggettiva non è affatto una novità per il Cinema, basti citare opere come Firebird (1937) nonché il titolo a cui “convenzionalmente” si fa risalire il primo ricorso “serio” a tale misura, ossia La fuga (1947). Potremmo anche citare il sontuoso Arca Russa (2002) di Sokurov, non solo totalmente in prima persona ma anche in pianosequenza (anche se finto); fino al Grimsby di Sacha Baron Cohen, d’imminente uscita, e che mostra delle sequenze decisamente affini a quelle che si vedono nel lavoro di Naishuller.

Sgombrato il campo da questi possibili fraintendimenti, si può entrare nel merito di Hardcore!, che un primato però ci pare averlo conseguito: è il primo videogioco trasposto sul grande schermo. Tale lo è già a partire dal titolo, comunemente usato per definire una categoria di videogiocatori (hardcore gamers), a sua volta preso in prestito da uno specifico genere nel genere porno. Attenzione però, non si tratta semplicemente della trasposizione della “storia” di un videogioco al cinema, come i vari Silenti Hill, Riddick o chi per loro, né qualcosa di vagamente simile a WarGames. Nossignore. Hardcore! è letteralmente un videogioco calato di peso nel medium cinematografico. Del videogioco adotta infatti l’unica cosa che davvero lo rende tale, ovvero la non ancora del tutto codificata sintassi. La struttura del film si basa infatti su dinamiche e meccaniche marcatamente videoludiche, per cui disponiamo già addirittura di un vocabolario, per lo più in lingua inglese; concetti come level-up, medikit, respawning, stage, boss di fine livello, headshot, modalità cooperativa, multiplayer, beat’em up, coin-op, speedrun ed altri ancora, non sono semplicemente evocati bensì strutturali. A tutto ciò va aggiunto un uso spregiudicato ma efficace di certi temi e brani musicali, tipica misura da videogioco d’azione.

Hardcore! rappresenta lo sdoganamento di una generazione cresciuta a pane e videogiochi, la cui infanzia e adolescenza è stata segnata dai meccanismi appena menzionati; che insomma parla questa lingua, un’idioma a sé, accessibile ad un circolo non poi così ristretto, che però è il solo ad avere familiarità con certe cose, riuscendo immediatamente a creare i rispettivi collegamenti. Per certi versi si potrebbe trattare di un primo passo verso quanto preconizzato in Strange Days (1995) della Bigelow, processo che dunque si pone oltre il medium cinematografico, irrompendo nella realtà.

Ridotto ai minimi termini, cos’è infatti Hardcore!? O per meglio dire, come si pone rispetto allo spettatore? Semplice. Rappresenta quanto al meglio si può attualmente fare esperienza di un atleta che pratica per lo più parkour. Non a caso, non fatevi ingannare da chi allude a questo progetto come frutto di uno che ha giocato e gioca FPS (first person shooter, denominazione del genere che descrive i cosiddetti sparatutto in prima persona). Ovviamente c’è anche quello, ma i più smaliziati s’accorgeranno subito che la fonte più accreditata sia Mirror’s Edge (2008), uno dei titoli più importanti apparsi nel corso della scorsa generazione di console.

Lì la protagonista (peraltro doppiata da Asia Argento nella versione italiana) è un’atleta che fa parkour, ma più che essere uno sportivo, il genere al quale appartiene il gioco è action-adventure. Di rara fattura peraltro, perché inconsapevolmente anticipa, sebbene di pochissimo, il fenomeno che di lì a poco avrebbe invaso la rete (YouTube in particolar modo), ovvero quello che possiamo chiamare lo stile GoPro. Mirror’s Edge è infatti un FPS atipico, proprio perché è il primo a simulare con quel grado di realismo ed esattezza la visuale in prima persona, traguardo confermato alla grande proprio da tutti quei video girati con la minuscola videocamera da atleti nelle discipline più disparate.

Ecco allora che Hardcore!, da videogioco qual è, nel suo sconfinare in territorio cinematografico pone dei quesiti fondamentali che riguardano proprio quest’industria e non quella videoludica. Ancora meglio, il film di Naishuller mette in crisi (nell’accezione positiva del termine) proprio il linguaggio del cinema, sottoponendolo a dura prova. Ci si chiede infatti se sia o meno praticabile l’idea di inglobare fino a questo punta un’inquadratura del genere, che ha un senso in regime d’interattività (come per l’appunto nel caso di un videogioco) ma che sembra non trovare fondamento altrettanto valido nell’ambito di un action vissuto “passivamente”. Anzi, a molti tende addirittura a dare problemi, dato il numero e l’intensità di scene concitate. Se infatti, per quanto mi riguarda, non ho sperimentato alcuna sofferenza, altri colleghi mi dicono di essere giunti provati alla fine, qualcuno addirittura indisposto fisicamente.

Tutte istanze di cui bisogna tenere conto, considerato peraltro che ci troviamo a un passo da uno dei momenti più attesi e profetizzati da decenni, ovvero l’approdo su larga scala della realtà virtuale. Hardcore! è infatti un’opera destinata a quel mercato lì, quasi concepita in vista di tale transizione, come se intanto si fosse portata avanti sulla scaletta. Ed il bello è che non se ne vergogna affatto, anzi, in un periodo in cui buona parte delle major videoludiche gettano nella mischia prodotti il cui comune denominatore sta in un malcelato complesso d’inferiorità verso l’industria cinematografica ed il Cinema in generale, Naishuller alza a tutti il dito medio proponendo una sorta d’inversione di tendenza, talmente diffusa da essere oramai divenuta limitante peraltro.

Ecco allora l’incipit surreale, che dà adito ad una struttura narrativa ancora più demenziale e perciò fine a sé stessa, con Henry, il protagonista, che affronta la sua avventura al solo scopo di salvare la sua bella (come Super Mario, esatto). Il resto è uno schema fatto di livelli, con tanto di boss per ogni stage, adrenalina, splatter e rimandi. Rimandi che si sprecano, perché, pur nel suo prendersi poco o niente sul serio, Hardcore! è opera videoludicamente colta, sebbene in chiave pop: dallo Psycho Mantis di Metal Gear Solid all’estitca à la Call of Duty, passando addirittura per la Yorda di ICO (questa è sottile). Non mancando di solleticare i fan più estremi di hack ’n’ slash come la saga giapponese di Dinasty Warriors.

Ma ripeto, per quanto risulti essenziale una certa confidenza col mondo dei videgiochi, Hardcore! non si ferma lì, aprendo spiragli che danno su un territorio ancora inesplorato. Per questo non risponde pressoché a nessuna delle domande che suscita, limitandosi a stuzzicarci con le sue invettive. Tuttavia mi sembra che il problema non verta esclusivamente sullo stile, inteso come superficie. In ballo c’è uno dei possibili sviluppi di questo settore, che, in quanto tale, al momento non è destinato né ad essere predominante né minoritario. Che il risultato sia acerbo, così eccessivamente ripiegato com’è nel suo escamotage visivo, è vero. Ma meglio uno solo di questi progetti così scomposti, chiassosi e genuinamente ribelli, che cento copie conformi che non dicono alcunché nemmeno sull’originale a cui tutt’al più fanno goffamente il verso.

[rating title=”Voto di Antonio” value=”7″ layout=”left”]
[rating title=”Voto di Federico” value=”6.5″ layout=”left”]

Hardcore! (Hardcore Henry, USA/Russia, 2015) di Ilya Naishuller. Con Sharlto Copley, Haley Bennett, Danila Kozlovsky, Cyrus Arnold, Ilya Naishuller, Will Stewart e Darya Charusha. Nelle nostre sale da mercoledì 13 aprile.