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Film horror e gli effetti bizzarri sul nostro cervello

Uno studio ci spiega come il nostro cervello interagisce con un film horror.

pubblicato 2 Maggio 2016 aggiornato 28 Agosto 2020 11:57

Quando ci si siede a guardare un film si ha la consapevolezza che ciò che si sta guardando non è reale. Eppure a volte, un particolare film, ci trasmette un tale senso di ansia e di tensione che alla fine saltiamo sul divano come se ciò che stessimo guardando fosse reale.

Questo è un effetto potente e galvanizzante che coinvolge quella misteriosa e meravigliosa macchina che è il nostro cervello che reagisce di volta in volta con reazioni reali ad input “fittizi” trasmessi da immagini e suoni di un film.

Michael Grabowski, un associato docente di comunicazione al Manhattan college e autore del libro di testo “Neuroscience and Media: New Understandings and Representations” ci spiega questa reazione ad una scena horror.

[quote layout=”big”]Di solito quando si sta guardando qualcosa tendiamo a spegnere le regioni motorie del cervello, eppure quegli stimoli [forniti da una scena scioccante] sono così forti che superano l’inibizione del sistema motorio.[/quote]

Saltiamo o urliamo perché un film bypassa il nostro stato di calma stimolando e attingendo ad un istinto primordiale, che è quello di reagire immediatamente per proteggere noi stessi e mettere in guardia gli altri, questo prima di prendere tempo per elaborare quello che ci ha spaventato.

[quote layout=”big”]L’urlo è un modo per avvisare gli altri nel proprio gruppo sociale e spaventare eventuali aggressori.[/quote]

Il background di Grabowski è nel cinema, ma la sua ricerca ora si concentra su un settore emergente chiamato “neurocinematics”, che si concentra sul rapporto tra la mente e l’esperienza cinematografica.

Mentre i registi sono stati in grado di evocare risposte emotive negli spettatori per più di un secolo, è solo ora che le neuroscienza moderna ci può mostrare ciò che realmente accade nel cervello di qualcuno.

Questo va oltre i film horror. Pensate all’ultima volta che avete provato un’emozione così forte durante la visione di un film da portarvi alle lacrime. Pur sapendo che un film non è reale, si percepisce come reale l’emozione che trasmette.

Uri Hasson, un ricercatore e professore all’Università di Princeton i cui campi di studio sono la neuroscienza e la psicologia, è colui che ha iniziato questo studio e che per primo ha coniato il termine “neurocinematics”, scoprendo che le persone che guardano qualcosa di spaventoso o che trasmette tensione tendono ad avere risposte particolarmente simili nel loro cervello.

Per il momento questa intuizione aiuta a capire in gran parte ciò che la paura trasmette nel cervello, ma alcuni ricercatori pensano che il cinema moderno, con una comprensione aggiornata delle neuroscienze e della psicologia, in realtà rispetto al passato è meglio in grado di attingere alle emozioni dello spettatore.

A conferma di ciò c’è uno studio olandese sui media della professoressa Patricia Pisters che ha esposto in un saggio per il sito Aeon dal titolo “Neurothriller”.

[quote layout=”big”]Nei thriller contemporanei lo spettatore ha poche informazioni come i personaggi e viene immediatamente coinvolto emotivamente e in maniera viscerale dai protagonisti. Come spettatori sperimentiamo un mondo sempre più “reale / fittizio” e abbiamo accesso diretto al dramma dai meccanismi neurali delle emozioni. Noi saliamo su una montagna russa neuronale che finirà per rivelarci la storia.[/quote]

In futuro dice Grabowski sarà possibile per i registi utilizzare spunti ancora più precisi per stimolare direttamente certe emozioni, per controllare con maggiore precisione quando il loro pubblico salterà dallo spavento e ciò che proverà.

Quando si combinano con tecnologie potenti come la realtà virtuale, cosa che rende ancora più difficile per noi discernere la realtà dalla finzione, le possibilità sono affascinanti e anche un po’ inquietanti.

E’ come il sogno di Alfred Hitchcock che la Pisters cita nel suo saggio, citato a sua volta dalla biografia del regista scritta da Donald Spoto (“The Dark Side Of Genius: The Life Of Alfred Hitchcock”). Hitchcock parlando con lo sceneggiatore Ernest Lehman si riferisce al pubblico come un gigantesco strumento musicale da accordare e suonare.

[quote layout=”big”]Il pubblico è come un organo gigante che io e te stiamo suonando. Ad un certo momento suoniamo questa nota e otteniamo questa reazione e poi suoniamo quella corda e loro reagiscono. Un giorno non avremo nemmeno bisogno di fare un film, ci saranno elettrodi impiantati nel loro cervello come nel nostro e basterà premere diversi tasti e tutti esclameranno ‘oooh’ e ‘aaah’ e noi li spaventeremo e li faremo ridere a comando. Non sarebbe meraviglioso?[/quote]

 

 

Fonte: Business Insider