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Cannes 2016, Il GGG – Il Grande Gigante Gentile: recensione del film di Steven Spielberg Fuori Concorso

Festival di Cannes 2016: con Il Grande Gigante Gentile Steven Spielberg ci apre una finestra verso un futuro fatto di volti in computer grafica capaci di toccare il cuore quanto uno reale. Il resto è per lo più ordinaria amministrazione

pubblicato 14 Maggio 2016 aggiornato 28 Agosto 2020 11:24

Tutti dormono, eccetto Sophie. La piccola sa che a quell’ora non dovrebbe affacciarsi al balcone per nessuna ragione, ma è più forte di lei. Una volta tanto, però, la disobbedienza paga, malgrado all’inizio non sembri. Sophie viene infatti rapita, nel bel mezzo della notte, da un gigante. Chi è? Che intenzioni ha? Vorrà forse mangiarsela?

Niente di tutto ciò. Perché il gigante in questione è di quelli buoni, gentili. Tratto da una storia di Roald Dahl, The BFG (in italiano Il GGG – Il Grande Gigante Gentile) è una di quelle pensate, stando al suo autore, per essere raccontate ai bambini prima che si addormentino. Si parla infatti di sogni, desideri, così come di incubi, paure. Il gigante raccoglie tutte queste cose, le studia, le cataloga, perciò dispone di un’approfondita conoscenza a tal riguardo. Certo, fatica ad esprimersi correttamente, ma che bisogno c’è a fronte di tutto ciò che può mostrare?

The BFG è un racconto perfetto per il grande schermo, che, solo, riesce a materializzare con così tanta verosimiglianza la materia di cui sono fatti i sogni, le speranze. In quell’inglese claudicante, zeppo di termini inventati, strambi, vi è quasi una provocazione, per quanto dolce, nient’affatto maliziosa: esiste modo migliore delle immagini per descrivere ciò che non si può spiegare? Le storie alle quali si dedica Spielberg si muovono spesso su questa linea di confine tra l’illusione e la magia, opponendo ai disillusi quelli che sono capaci di sognare; quest’ultimi per forza di cose costantemente osteggiati, salvo poi “avere ragione” alla fine.

Non si cerchi però quel quid che rende i suoi migliori lavori tali, o per meglio dire, non nella misura in cui di volta in volta lo si pretende da uno dei più rinomati cineasti di sempre. Il che non è necessariamente un male, anzi, denota ancora una volta quanto per Spielberg elementi come stile o marchi di fabbrica ricadano per lo più nella categoria degli orpelli. Il regista aderisce in toto al senso del racconto, con l’umiltà che in fondo, da filmmaker, l’ha sempre contraddistinto, ossia il suo mettersi al servizio della storia. Perciò ne Il Grande Gigante Gentile l’unico, vero valore aggiunto è… il gigante, appunto.

Il volto caloroso, rassicurante di Mark Rylance ci convince del fatto che questa costituisce una delle scelte di casting più azzeccate di sempre. Il gigante deve avere quella faccia, deve prodursi in quelle espressioni, che dicono davvero molto più di mille parole. Il film sta tutto lì, nel suo sorriso, nella sua manona tesa verso la piccola Sophie; un misto di dolcezza e serenità che riscaldano il cuore, facendoci diventare piccoli un po’ a tutti. Anche se per poco.

Il resto è per lo più ordinaria amministrazione, al netto di una tecnica che oramai ha raggiunto livelli di fotorealismo incredibili (ricordo che The BFG è per metà live action e per l’altra metà CGI). Questo primo sforzo di Spielberg in concerto con Disney non vuole segnare alcun passaggio, né tantomeno stravolgere alcunché; si tratta solo di portare sullo schermo una storia per bambini, anche per coloro che un tempo lo erano e che ora non lo sono più. E per questo, con ogni probabilità, non poteva esserci miglior nome alla guida.

Ci sono cose di cui si avverte la mancanza, fattispecie che magari non si trovano nella DNA del racconto, ma che solitamente costituiscono ingredienti chiave dei film di Spielberg. I cattivi di turno, per esempio, non rappresentano quasi mai un pericolo reale, la qual cosa informa inevitabilmente la componente avventurosa di The BFG, a dire il vero alquanto contenuta. Ciò che non manca sono i toni umoristici, che culminano addirittura con una sequenza di flatulenze tutt’altro che moleste; perché Spielberg sa come prendere il pubblico senza eccedere.

Alla fine della fiera, però, una cosa ed una soltanto rimane impressa, e chissà per quanto, ovvero il faccione in computer grafica di Rylance. Tocca ripeterlo, perché davvero, tutto è costruito attorno a lui, come tutto sommato ammette implicitamente lo stesso Spielberg, che ci conduce verso i titoli di coda dopo averci sottoposto un irresistibile primo piano del gigante; un primo piano che per descriverlo ci vorrebbe un libro, di alta letteratura per giunta. E tutto ciò che è stato fino a quel momento, verrebbe da pensare, non è stato altro che preparazione in vista di quel momento. Tocca però aggiustare subito il tiro: se quel sorriso avesse avuto bisogno di un film per essere “compreso”, non ci scioglierebbe come di fatto succede. D’altronde chi non vorrebbe per amico un gigante?

[rating title=”Voto di Antonio” value=”7.5″ layout=”left”]

Il GGG – Il Grande Gigante Gentile (The BFG, USA, 2016) di Steven Spielberg. Con Mark Rylance, Ruby Barnhill, Bill Hader, Jemaine Clement, Penelope Wilton, Rebecca Hall, Daniel Bacon, Chris Gibbs, Adam Godley, Jonathan Holmes, Paul Moniz de Sa, Olafur Olaffson, Ólafur Darri Ólafsson, John Emmet Tracy e Michael Adamthwaite. Nelle nostre sale da domenica 1 gennaio 2017.

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