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Cannes 2016, Il Cliente: recensione del film di Asghar Farhadi in Concorso

Festival di Cannes 2016: Asghar Farhadi torna al proprio Paese d’origine, l’Iran, per raccontare la storia di una coppia, entrambi teatranti, alle prese con una violenza domestica. Un passo indietro rispetto a Il passato, malgrado un’ultima mezz’ora notevole

pubblicato 22 Maggio 2016 aggiornato 28 Agosto 2020 11:05

Emad e Rana sono costretti a lasciare il proprio appartamento, solo che non sanno dove andare. Grazie ad un loro conoscente ne trovano uno in cui andare stare, non senza riserve: a quanto pare la casa è ancora abitata, vestiti di donna riempiono un’intera stanza. Ma l’amico di Emad insiste sul fatto che quella casa sia praticamente libera e che quei vestiti possano benissimo essere buttati. La coppia è un po’ restia ma alla fine si decidono, anche perché non hanno altra scelta.

La vicenda cambia radicalmente quando Rana viene aggredita da un uomo che, a quanto pare, è stata lei stessa a fare entrare. Al di là delle ferite riportate, l’impatto più provante è senz’altro quello psicologico, non solo per lei ma anche per Emad, che non riesce a darsi pace. Come è entrato l’assalitore? E perché ha aggredito sua moglie? Ma soprattuto, chi è?

Il Cliente (in originale “The Salesman”) si sviluppa a partire da quest’ultima domanda, che essenzialmente divide il film in due parti. La prima, abbastanza diluita, in cui il conflitto che riguarda in particolar modo Emad viene fuori trascinandosi; di contro vi è una seconda parte che è puro Farhadi, costruita molto bene quantunque si avverta qualche ricaduta dalla prima.

Lavorando anche sull’ambiente, per certi versi catalizzatore dell’azione, visto che Emad decide di muoversi quando ha realizzato che l’intera vicenda si presti a dicerie. Non a caso The Salesman si attarda proprio sul concetto di vergogna, dapprima quella del marito, che non è riuscito a proteggere la moglie e che adesso cerca velatamente vendetta; dall’altro l’aggressore che, una volta individuato, si preoccupa immediatamente di cosa potrebbero pensarne gli altri, in primis la sua famiglia, qualora si sapesse in giro ciò che ha fatto.

Riferimenti culturali con cui Farhadi si muove con meno agilità rispetto a quando può costruire storie più intime, per così dire: non è un caso che la prima parte soffra, in virtù del fatto che The Salesman fin qui si concentra sull’ambiente, senza approfondire più di tanto le dinamiche di coppia a seguito del misfatto. La svolta avviene nel corso di una cena, quando Emad, venuto a sapere che Rana ha fatto la spesa con i soldi che aveva lasciato per sbaglio il rapitore, blocca tutti e getta i piatti nella pattumiera. Da lì in avanti Farhadi può dare maggior sfogo alla sua vena da sceneggiatore, inanellando una serie di situazioni che danno adito a dilemmi morali forti. Una parte, quest’ultima, in cui però è percettibile una certa artificiosità, il che di solito non è mai un problema con Farhadi.

Vero è che The Salesman è un progetto più piccolo rispetto sia a Una separazione che a Il passato, ma questa diventa senz’altro la discriminante per cui è anche inferiore ad entrambi sotto più o meno ogni aspetto. Resta pur sempre un buon lavoro ma, nell’insieme, non all’altezza dell’ultima, a tratti angosciante mezz’ora purtroppo. Quando s’innesca il meccanismo il discorso ha già preso una piega diversa, e malgrado momenti più leggeri, come quando gli alunni di Emad lo fotografano dormiente durante la proiezione di un film che lui ha scelto per la classe, il tutto appare meno compiuto rispetto al livello al quale siamo stati abituati.

Un passo indietro che va comunque saputo inquadrare, dato che si tratta ad ogni buon conto di un lavoro dignitoso, capace di scuotere. Seguendo però sempre la medesima linea, qui intrapresa con meno incisività; in casi come questi si pone la questione relativa all’autore, ovvero se sia corretto o meno valutare il peso di un’opera nell’ottica di un’intera filmografia, o quantomeno degli ultimi lavori. Chi scrive opta per una visione più ampia, anche perché, forse pure egoisticamente, da registi del livello di Farhadi mi aspetto sempre qualcosa di stimolante, anche se diversa. Ciò detto, fossero tutti così gli scivoloni

[rating title=”Voto di Antonio” value=”7″ layout=”left”]

Il Cliente (Forushande, Iran, 2016) di Asghar Farhadi. Con Shahab Hosseini, Taraneh Alidoosti, Babak Karimi, Farid Sajadi Hosseini e Mina Sadati. Nei cinema italiani dal 3 Novembre 2016.

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