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Il cinema che arriva? Quasi un perfetto sconosciuto

Piace il cinema di ieri nelle arene, e il pubblico lo cerca; ma vuole conoscere meglio i perfetti sconosciuti spesso di successo (come Zalone o Genovese) non per incoronarli ma per capire meglio il cinema che si prepara

pubblicato 24 Luglio 2016 aggiornato 28 Agosto 2020 08:39

C’è un grande revival del cinema di ieri, ci sarà un futuro per il cinema di oggi? Il problema del cinema italiano oggi, ma non solo, è il domani. I grandi maestri italiani e stranieri tornano nelle piazze e nelle arene come avviene a Bologna dove la Cineteca di Gianluca Farinelli ha piazzato una iniziativa vincente: partire dal muto (con mostra) per infilarsi nei film del mito, ovvero del cinema d’antan che resiste non solo perchè è ben fatto ma perchè è la miniera creatività dispiegata, capace di tornare a vivere per le sue dive come Greta Garbo, con i suoi attori-registi come Erich von Stroheim, anche con i soliti Rossellini e Fellini che “soliti” non sono mai.

Per guardare al domani, non ha senso parlare di giovani in astratto. I critici e i giornalisti di cinema hanno preso l’abitudine di urlare “avanti i giovani” ogni qualche volta rischiano il coccolone di una preoccupazione che circola intensamente: che ne sarà di noi?

E’ una domanda fasulla. Bisogna che ce lo diciamo, con franchezza. Bisogna cominciare a ragionare meglio con i Checco Zalone o con i Paolo Genovese o con i Gabriele Mainetti. Sono loro che sono usciti dallo stagno, dove dormono le anatre, e hanno fatto il collo a giraffa, come ha proposto Paolo Sorrentino mettendo una simbolica giraffa nel suo film “La Grande Bellezza”.

Il 30 e 31 luglio sarò a Civitanova Marche dove si svolge da qualche anno il Festival Futura in cui confluiscono scienziati, filosofi, scrittori. Lì, in posti magnifici, si discute e si vede. A me è stata offerta l’occasione di fare conversazioni preziose-per me e per il pubblico- con Paolo Virzì, Matteo Garrone, Paolo Sorrentino. Parole e immagini evocate dedicate a una ministoria del passaggio di generazioni che si ritrova in tre piccoli libri di una serie intitolata Irruzioni, dal costo di solo 4 euro, pubblicati dall’editore Castelvecchi. Circolano e finiscono su radio che ne amplificano la diffusione, ad esempio la Radio del Corriere Tv che lavora in sinergia con il settimanale “La Lettura”.

E’ stata una bella esperienza che continuerà quest’anno con Paolo Genovese che non è più un perfetto sconosciuto, soprattutto dopo il successo del premiato, campione d’incassi: il suo “Perfetti sconosciuti”.

Ho letto una sua intervista. Beh, devo dire che rispetto ai tromboni del nostro cinema, che ne è pieno, mi ha colpito per la misura e l’ironia delle risposte. Il tempo dei padreterni è finito, anche se noi ci inginocchiamo, ringraziandoli per quello che hanno fatto e da cui abbiamo imparato molto.

Vedrò Genovese, che è romano e che non è un bambino (ha cinquant’anni), e che tuttavia è diverso rispetto ai colleghi del passato, non ha cominciato a Cinecittà, tanto per dirne una, ma sui set della pubblicità. Lo vedrò e parleremo. Lo farò dopo aver parlato a Futura del mio libro su Luca Ronconi un grande maestro negli anni dei guru, ricordata Civitanova per via di uno spettacolo da un testo di Annibal Caro, autore marchigiano del ‘500; e dopo una pausa che sto facendo nel paese col mio film 1200 km di bellezza, com’eravamo e come siamo.

Mai come oggi abbiamo la necessità di confronti. Le idee nascono da qui e dalla sensibilità per temi e tecniche che aiutano a scrollarci di dosso la colla delle abitudini pigri e di capire che siamo, tutti, perfetti sconosciuti rispetto al Futuro.