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Venezia 2016, E se quello di Derek Cianfrance non fosse un passo falso?

The Light Between Oceans è film difettoso ma non per questo sterile. Dargli del “polpettone” e cassarlo come tedioso sono tentazioni alle quali bisogna perciò resistere

pubblicato 1 Settembre 2016 aggiornato 30 Luglio 2020 06:17

L’ultimo Cianfrance è il tipico film che ci vuole poco a stroncare, bisogna ammetterlo: trattasi di drammone romantico piuttosto convenzionale da kleenex in esubero. Ma chi parla di tedio temo si sia perso qualcosa strada facendo, o semplicemente l’ha lasciata lì dov’è perché non interessato. Può starci, purché però si sia altrettanto onesti nell’ammetterlo. Il vero limite di The Light Between Oceans sta nel concedersi troppo tempo per carburare, al di là del tenore a tratti smielato. D’altra parte la storia è forte. Tom Sherbourne (Michael Fassbender) è un reduce della Grande Guerra, tornato in Australia per ricominciare da capo; non a caso accetta senza esitazioni un posto come guardiano di un faro, detto Janus. Qui incontra Isabel (Alicia Vikander) e se ne innamora.

Convolati a nozze, i due vanno a vivere presso questa isoletta a largo, soli a risiederci. Malgrado i tentativi, però, la prole non arriva, la qual cosa mette in crisi Isabel, provata non soltanto fisicamente ma ancor più psicologicamente. Finché un giorno non accade qualcosa d’insolito: Tom scorge una barca che porta con sé il cadavere di un uomo ed una bimba di pochi mesi. Il dilemma perciò è se tenere o meno la piccola: lei non intende lasciarla andare, mentre lui si sente in dovere di segnalare l’accaduto alle autorità.

Si avverte l’impronta letteraria, con più di un twist, l’andamento vagamente introspettivo ed un tenore che del passaggio dalla carta alla pellicola risente un po’. Cianfrance da par suo non ha remore nel calcare la mano su questa storia d’amore, soffermandosi generosamente sui due mentre vivono l’ordinarietà di due innamorati. C’è da dire che certi brani di Desplat non aiutano ed infatti sono le sequenze in cui a farla da padrone è la musica che appesantiscono uno scenario che avrebbe senz’altro beneficiato di qualche limatura.

Si arriva così oltre la metà, poco stimolati nella misura in cui The Light Between Oceans vuole essere un film marcatamente romantico. Dopo avere però faticosamente accumulato, qualcosa all’improvviso accade: le questioni morali divengono tangibili e la loro incidenza sullo sviluppo degli eventi rinvigoriscono quella che fino a quel momento è stato un ridondante avvicendarsi di episodi romantici e conflitti. Probabilmente il meccanismo s’innesca troppo tardi, ma non appena ingrana colpisce duro.

A conti fatti The Light Between Oceans si risolve in una parabola su perdono, redenzione e dintorni, forzata limitatamente ad alcuni passaggi, ma che in tal senso riesce a lavorare dignitosamente. Non si può glissare sulla forza di certe tematiche a carattere universale, che non vengono veicolate in modo pienamente incisivo, certo, ma che toccano e di certo non lasciano indifferenti. Che poi, a ben vedere, il regista di Blue Valentine è ancora lì, in un contesto differente, con più compromessi da fronteggiare, ma sempre rivolto a certe complesse dinamiche di coppia, ancora una volta messe a dura prova dai figli, acquisiti o meno, con annesso senso di responsabilità, che c’è o manca a seconda.

Stavolta il progetto è più ambizioso e Cianfrance dimostra di dover ancora prendere le misure a questo nuovo ambiente, ma a dispetto del materiale che aveva tra le mani non si può glissare così impunemente sulla capacità che ha avuto di infondere quella scintilla, per quanto fioca.