Home Notizie Young Pope: cinema e tv sono sempre stati larghi di braccia per i Papi, sapendo di doverli tradire

Young Pope: cinema e tv sono sempre stati larghi di braccia per i Papi, sapendo di doverli tradire

Sorrentino ha fatto uno dei suoi film curati e intelligenti: la parte iniziale di un serial che viene annunciato in dieci puntate, un lavoro kolossal, che comincia bene e sconcerta però il pubblico di Venezia

pubblicato 3 Settembre 2016 aggiornato 30 Luglio 2020 06:11

Bisogna chiedersi se gli italiani, e il miliardo di cattolici nel mondo, siano in grado di fare un film sui papi e sulla chiesa. Certo, l’elenco è lungo, ma i risultati non sono soddisfacenti. Registi e sceneggiatori non sanno entrare nel tema, peraltro complesso, e si arrendono, proponendo ritratti quasi sempre edificanti. Cito chi ha fatto meglio Ermanno Olmi, con la sua bio “E venne un uomo”, dedicata a Giovanni XXIII; e il “Galileo” di Liliana Cavani, presentato a Venezia nel ‘68, rifiutato dalla Rai che lo aveva finanziato e che non lo ha mai trasmesso: un ritratto forte del Vaticano e dei suoi interdetti pesanti, solo al grande scienziato.

Ci ha provato anche nel 2011 Nanni Moretti in Habemus Papam, ovvero Michel Piccoli, un papa che, appena proclamato, non se la sente e fugge per le vie romane, timido, spaventato, sconfitto. Una incrinautura nelle confezioni, spesso mal confezionate, delle tv pubbliche e private italiane.

Forse aveva ragione il cattolico Anthony Burgess quando mi disse che qui da noi nulla è più incompreso, dimenticato, quasi infamante, della parola “cattolico”. Burgess lo era in Inghilterra e con Hitchcock, educato dai gesuiti, sapeva di venire in Italia da un paese protestanti, protestanti ostili, gran confronto riligioso e civile con le ristrette minoranze cattoliche (si pensi alle guerre nella grande imperiale Inghilterra).

In Young Pope Sorrentino non ha paura, è un laico che “sente” il tema che affronta. Ha le sue convinzioni ed è molto serio nell’esporle per non suscitare inutili ostilità. La prima parte del suo lungo serial mette le carte in tavole. L’immaginazione guida il salto a Roma di un ragazzo orfano in America. La sceneggiatura è sorprendente e affascinante. Tutto ha uno svolgimento alto. Il giovane papa coltiva l’aspirazione di non ostentare il ruolo di rappresentante, di vicario di Cristo, quindi della Trinità, dal cielo alla terra. Lo domanda alla folla che è corsa ad applaudirlo, travolta delle emozione della fumata bianca dalla basilica del Vaticano.

Il giovane papa -bravissimo Jude Law- ragiona in una complessa e difficile mediazione. Capisce tutto del peso della missione che si è accollato, della presenza da “dilettante” nella sede pontificia in una città come Roma che da secoli l’ha al suo centro. E’ circondato da prelati che tendono a mettere in primo piano le loro prerogative, l’attaccamento al potere e ai poteri, le loro “debolezze” sessuali, l’ambizione, l’educazione alle forme ipocrite delle comunicazioni d’ogni tipo nella chiesa che li protegge e li mette sulla graticola (per l’obbligo di non sbagliare, di dover cooperare per ubbidienza). qualcosa che sentono con fede conclamata ma anche con un’autorità fatta da doppiezze e opportunismi).

Jude Law è circondato da attori scelti con cura, molto capaci; tra i quali, si distingue Silvio Orlando, il vero superpotente, un cardinale, segretario di stato, devoto, gran conversatore, desideroso di conservare il suo potere, pronto a qualsiasi scaltrezza per essere, lui, il vero capo, l’anima seconda e incisiva possente tradizione cattolica, pragmatismo, preghiera, ambizione mascherata. Uomini in mezzo agli altri uomini, calati in ruoli che li trasformano, forse, in strumenti del demonio (?).

Il film è girato alla Sorrentino. Calmo, denso, scorrevole, labirintico, a volte efficace, in altre efficacissimo; ma la materia è kolossal e il passo a poco a poco rallenta, la tensione si riduce, il pubblico (anche se esperto di cinema e di tv) sembra incerto, imbarazzato. Si conferma che anche un giovane papa attrae e aiuta, ma non apre al destino, lo mette tra la folla che lo applaude, alla folla stessa, ed è forse questa richiesta che dal delirio degli applausi lascia posto a uno sgomento gelido, sotto la pioggia, e allora, un papa a che serve? Forse, il seguito alle prossime puntate tv.