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Lo and Behold – Internet: il futuro è oggi – recensione del documentario di Werner Herzog

Herzog mette sotto la sua speciale lente l’Internet, osservato come se fosse un vero e proprio organismo. Ma non è solo la rete a farla da padrone in Lo and Behold – Internet: il futuro è oggi, puntuale ancorché personale sguardo su ciò che aspetta l’uomo non domani ma oggi

pubblicato 7 Ottobre 2016 aggiornato 30 Luglio 2020 05:51

Un famoso hacker, bravo a tal punto che il governo americano l’ha dovuto assumere, dichiara una verità che ai più sfugge: «il punto debole della sicurezza sono le persone, non la tecnologia». E quanto avrà apprezzato quest’annotazione Werner Herzog, che non tratta alcunché se non ha modo di approntare un discorso sull’uomo, sulle sue condizioni contingenti o spirituali. Lo and Behold – Internet: il futuro è oggi non è infatti uno spot, manca sia del pessimismo di coloro che nella rete vedono per lo più le implicazioni negative, ma rifugge al tempo stesso il non meno cieco ottimismo degli entusiasti.

Al regista tedesco interessa capire come l’organismo artificiale che definiamo Internet si relazioni con l’uomo: fino a che punto ne stravolga la natura, le facoltà, finanche le potenzialità. Sulla falsa riga de L’ignoto spazio profondo, da cui sembrano arrivare le sequenze relative alle esercitazioni della NASA, sul finire Herzog manifesta ancora una volta la sua curiosità circa le possibilità della tecnologia, sebbene sia reticente sulle probabilità di un reale miglioramento della nostra condizione qualora tale avanzamento venisse affrancato da ciò che più di ogni altra cosa ci qualifica, l’essere uomini (e donne), in altre parole l’avere accesso ad un’anima. E che il discorso, gira che ti rigira, vada a parare lì diventa chiaro quando getta lì una domanda di una profondità unica, che probabilmente solo Herzog può porre: «Internet è capace di sognare sé stesso?». La lancia quasi in forma di boutade, ma chi è tenuto a rispondere coglie subito la potenza di tale quesito, già affrontato anni addietro da Philip K. Dick col suo Ma gli androidi sognano pecore elettriche? (poi diventato Blade Runner).

Lo fa senza ricorrere ad immagini spettacolose: basta lo stupore di quegli studiosi, ricercatori ed imprenditori, alcuni dei quali stanno avendo un ruolo significativo nella costruzione del mondo che ci attende. Un mondo che è oggi, effettivamente (una volta tanto il titolo italiano illustra quanto basta e lo fa in modo arguto). Ma qual è il processo messo in atto da Herzog? Semplice, studiare l’Internet come fosse un organismo, osservandone i “comportamenti”, le peculiarità nonché, come già evidenziato, il suo relazionarsi all’uomo. Partendo davvero dall’origine, quando riuscire a trasmettere poche lettere a meno di 200 chilometri di distanza rappresentò un traguardo incredibile. E dire che stiamo parlando di meno di cinquant’anni fa.

Se vogliamo Lo and Behold è il Voyage of Time di Herzog: laddove Malick osserva sbalordito e con gratitudine la natura e la sua formazione, Herzog, più analiticamente, con quel distacco poetico che lo contraddistingue, mette la sua lente sopra lo sviluppo di questa tecnologia che ha rivoluzionato il mondo come nessun’altra negli ultimi (inserite voi un numero) anni. Non mancando di ricorrere a quel tono bonariamente canzonatorio, beffardo, come quando viene sottolineato che nella prima metà del ‘900 si fece a gara per immaginare il futuro; e si immaginarono macchine volanti, ologrammi, abitazioni sospese in cielo. Nessuno però riuscì anche solo ad avvicinarsi all’idea di Internet, restando perciò a questo folto gruppo di menti seppur brillanti irrimediabilmente preclusa qualsivoglia immagine veritiera su ciò che il nostro mondo sarebbe stato alle soglie del 2000.

Ma è evidente che la nostra epoca non finisce qui, questo è ciò che pensa Herzog alla luce del materiale che è andato raccogliendo. Elon Musk resta interdetto allorché, affermando che no, non è tanto il tempo che ci separa dal giorno in cui potremo andare fisicamente su Marte, ma che il problema sarà semmai tornare, Herzog gli replica: «Sono pronto! Non m’interessa ritornare, purché mi diate una macchina da presa. Andrò lì da poeta però, non da cineasta». Oggi tuttavia è evidente che immaginare le svolte più immediate non rappresenti un mero esercizio di predizioni, bensì è possibile arrivarci guardandoci intorno.

La Robotica, per esempio, a che punto è? C’è chi dice che allo stato attuale uno scarafaggio sia esponenzialmente più intelligente di un robot. Serve allora chiedersi se questo stesso robot sarà un giorno in grado d’innamorarsi? Chi lo sa, intanto la risposta che riceve Herzog da uno scienziato è: «Non vedo a cosa servirebbe; le farebbe piacere che la sua lavatrice facesse le bizze perché innamorata del frigorifero?». Lo and Behold allora ci conferma quale potrebbe essere il reale limite al futuro incalzante, lo stesso che ha già fatto irruzione da tempo, ossia la mancanza di poesia. Werner Herzog questo lo sa e non gli dispiace affatto condividerlo.

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[rating title=”Voto di Gabriele” value=”8″ layout=”left”]

Lo and Behold – Internet: il futuro è oggi (Lo and Behold, Reveries of the Connected World, USA, 2016) di Werner Herzog. Nelle nostre sale da giovedì 6 ottobre.