Home Notizie Dove cominciare per raccontare i segreti di “grandi”? Dentro una mostra con Visconti, Tosi, Garbuglia

Dove cominciare per raccontare i segreti di “grandi”? Dentro una mostra con Visconti, Tosi, Garbuglia

Storie e film in un tentativo nuovo, quello di tornare sui registi e i loro coautori, scenografi, costumisti, arredatori, attraverso la collaborazione artistica, intrecci coinvolgenti, memorie emozionanti, sviluppi e risultati da record

pubblicato 12 Gennaio 2017 aggiornato 30 Luglio 2020 02:36

Ognuno dei protagonisti della Mostra (nata da Associazione scenografi costumisti e arredatori, Casa del Cinema, Centro sperimentale e Cineteca nazionale) meriterebbe non semplicemente un saggio biografico ma ben di più. Ognuno di essi riporta a romanzi personali nati separati e poi ricomposti in un appassionante kolossal dietro le quinte, nei laboratori e negli studi.

Ecco i protagonisti:

LUCHINO VISCONTI, Milano (1906-1976). Da giovanissimo conoscitore del teatro e del melodramma, appassionato di cinema, cominciò in Francia come aiuto regista di Jean Renoir, nel 1936. Tornò per il primo film “Ossessione” tratto dal romani dell’americano James Cain nel 1943, in piena seconda guerra mondiale, scenografo Gino Franz, costumi di Maria De Matteis. Dopo la Liberazione, con altri registi e sceneggiatori, ha diretto un film, “Giorni di gloria”, sugli scenari che erano stati creati dal neorealismo, con forti e personali contributi. Esperienze che ha riversato in tutte le sue opere, tra cui “Rocco e i suoi fratelli” e “Il Gattopardo”. Grandi film, contraddistinti da costanti rapporti con scenografi e costumisti. Un sistema di lavoro che il regista ha pensato con i coautori, in intrecci formali che sono parte del miglio cinema italiano.

MARIO GARBUGLIA, Fontespina, Macerata (1927-2010). Una gran coppia per progetti e costruzioni, spazi, ambienti, costumi, fu quella che si unì a Visconti; era composta da Garbuglia e Tosi che hanno dato al regista molto più che una semplice assistenza. Garbuglia, allievo del Centro sperimentale s’impegnò in molti film del regista tra cui “Vaghe stelle dell’orsa” o “Le notti bianche”, tratto da un racconto di Dostoevskij, girato al quartiere Venezia e di Livorno; “Gruppo di famiglia in un interno” (l’Italia degli anni della contestazione, sulla borghesia italiano, tratto da un libro di Mario Praz); e “L’innocente”, ultimo film di Visconti, da un romanzo di Gabriele D’Annunzio. Epoche, luoghi, ambienti: realtà, immaginazione, fantasia.

PIERO TOSI, Sesto Fiorentino (1927). “La mia educazione sentimentale alla bellezza”, così Tosi chiama il suo lavoro con Visconti, Fellini, De Sica, Bolognini. Un’attività che lo ha portato nel 2013 a ricevere un Oscar alla carriera; all’origine della quale Tosi fu allievo di Ottone Rosai a Firenze. La collaborazione, in particolare con Visconti , fu importante anche in teatro; si realizzò nello scambio di idee e sensibilità, rendendo famoso un metodo di ricerca, applicazione, definizione, dei costumi e non solo. Tosi curava ogni aspetto: comprese le pettinature, le “parrucche”, il trucco; tutto doveva essere perfetto, credibile, risultato di una documentazione filologica; tutto “vero”, chiedeva Visconti, sempre esigente. Grandi condivisioni.

La Mostra apre il 18 gennaio con la proiezione di “Senso” di Luchino Visconti alla Casa del cinema di Roma, Villa Borghese, Largo Mastroianni, 06.423601.