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Venezia 2017, Una Famiglia di Sebastiano Riso: Recensione in Anteprima

L’utero in affitto al centro del superficiale nuovo film di Sebastiano Riso, Una Famiglia, dal 28 settembre in sala.

pubblicato 4 Settembre 2017 aggiornato 28 Agosto 2020 02:34

Tre anni dopo Più buio di mezzanotte, presentato in concorso alla Semaine de la Critique al Festival di Cannes 2014, Sebastiano Riso approda in Concorso alla 74esima Mostra Internazionale del Cinema di Venezia con la sua opera seconda, Una famiglia, nuovamente interpretata dalla sua ‘musa’ (nonché amica) Micaela Ramazzotti.

Al centro della trama un argomento quanto mai attuale, quell’utero in affitto spesso a cavallo delle cronache politiche a causa di una regolamentazione ambigua e di una legge sulle adozioni quanto mai datata. Protagonisti Vincent, 50enne nato a Parigi ma da tempo in Italia, e Maria, 35enne di Ostia che ha tagliato i ponti con la propria famiglia. I due vivono una vita appartata, solitaria, nascosti dalle tende di casa e da un inconfessabile segreto: vendono i propri figli al miglior offerente. Coppie disperate e pronte a tutto pur di cullare il sogno di una paternità/maternità, con Maria stanca di vivere un’esistenza formato incubatrice, sognando una famiglia finalmente propria.

Secondo titolo italiano in corsa per il Leone d’Oro, Una Famiglia ha raccolto consensi alquanto freddi, per non dire particolarmente critici, a causa di una sceneggiatura dannatamente superficiale e di una regia tediosa, forzatamente melodrammatica e incapace di gestire un argomento tanto delicato. Riso, 34enne di Catania, eccede nei toni e nei contenuti, sovraccaricando tutti i propri personaggi, autentici mostri privi di umanità dinanzi al miracolo della vita, qui derubicato a pura e semplice compravendita.

Già mamma cieca del giovane protagonista nel primo film del regista, la Ramazzotti torna ad indossare gli abiti di una madre anche in quest’opera seconda, ma in modo decisamente più angosciante, ostentando per l’ennesima volta la maschera della disagiata cronica. La sua Maria, non a caso nome biblico che richiama ai ‘miracoli’ da lei compiuti (costruire famiglie altrui), non riesce ad uscire dalla morsa di un compagno che continua a venderle i figli, privandola della gioia di una famiglia tutta sua. Ruolo complicato ma sovrabbondante, per la Ramazzotti, di fatto in lacrime per due ore e incapace di reagire ad un uomo privo di scrupoli, spaventosamente glaciale e talmente esorbitante da non risultare mai credibile.

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Riso segue i suoi attori come un’ombra, con macchina costantemente a mano e lunghi silenzi, lacrime di dolore e colori freddi. La giungla delle adozioni illegali viene falciata dal regista e dai due co-sceneggiatori con fare approssimativo, tra genitori che pretendono la restituzione dei soldi causa morte del bimbo ‘acquistato’ ed altri che lo rispediscono al mittente, neanche fosse un giocattolo difettoso, perché malato. Non c’è distinzione tra coppie gay ed etero, giustamente, in questo sottobosco di illegalità, ma Riso si sofferma proprio su due uomini, due attori con attico sul Cupolone (non a caso il Vaticano incombe), nel rimarcare l’atrocità perpetrata da tutti i suoi protagonisti.

Il nostro non è un capriccio‘, sottolinea il più giovane della coppia alla solita devastata Ramazzotti nel motivare l’imminente acquisizione del neonato, mentre il compagno rimarca l’impossibile strada ‘legale’ delle adozioni, per 5 anni tentata ma alla fine puntualmente naufragata. Un bimbo ‘imperfetto’, però, nessuno lo vuole realmente, se non quella madre costretta alla surrogazione ma colpevolmente troppo debole per ribellarsi, per sfuggire al proprio aguzzino, per costruirsi una nuova vita. Di Maria sappiamo poco o nulla, così come di Vincent, con flebili tracce del suo passato inutilmente seminate dal regista tra le roulotte di una Roma periferica, neanche a dirlo sporca e cattiva. Una Capitale di orrori, di orchi e streghe cattive.

Un problema reale, attuale e da tempo al centro del dibattito politico, quello dell’utero in affitto, meritevole d’attenzione anche cinematografica ma da Riso ridotto ad uno sproporzionato dramma esistenziale che nella sua evoluzione si fa insostenibilmente ricattatorio.

[rating title=”Voto di Federico” value=”3″ layout=”left”]
[rating title=”Voto di Antonio” value=”2″ layout=”left”]

Una Famiglia (Drammatico, Italia, 2017) di Sebastiano Riso; con Micaela Ramazzotti, Patrick Bruel, Pippo Delbono, Fortunato Cerlino, Marco Leonardi, Matilda De Angelis, Ennio Fantastichini – In concorso – uscita in sala: 28 settembre