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Leatherface: la storia vera che ha ispirato il serial-killer “Faccia di cuoio”

Il prequel horror “Leatheface” ha debuttato nei cinema italiani e Blogo vi racconta Ed Gein, la fonte d’ispirazione per il famigerato serial-killer cannibale “Faccia di cuoio”

pubblicato 16 Settembre 2017 aggiornato 28 Agosto 2020 02:10

 

Lo scorso 26 agosto il regista Tobe Hooper è scomparso all’età di 74 anni, e con il prequel Leatherface attualmente nei cinema italiani andiamo a rispolverare l’icona horror lanciata dal cult Non aprite quella porta del 1974, naturalmente stiamo parlando del famigerato “Faccia di cuoio” che in questo prequel fruirà di una nuova storia di origine, quindi i cultori dell’originale sono avvertiti.

E’ il 1974, Tobe Hooper reduce dal lungometraggio d’esordio Eggshells, per il suo Non aprite quella porta si ispira alle gesta del famigerato “macellaio del Wisconsin” Ed Gein, serial-killer cannibale con l’hobby di arredare / tappezzare la propria abitazione con i resti delle sue vittime e le cui gesta ispirarono anche il cult Psycho.

Non aprite quella porta aka The Texas Chainsaw Massacre scardinò il genere horror dalle fondamenta rendendo l’orrore oltremodo “tangibile” e particolarmente “disturbante” pescando suggestioni dalla cronaca nera americana che partoriva mostri da incubo. La forza del cult di Hooper è nell’atmosfera malata che si percepisce in ogni fotogramma, amplificata da un realismo e una fotografia che permettono di trasmettere allo spettatore la lordura ed il malessere in cui è cresciuto il deforme protagonista, il cannibale/macellaio Leatherface nutrito a carne umana dai suoi deviati e psicopatici familiari che durante il film massacreranno una comitiva di malcapitati ragazzi che finiranno letteralmente macellati in una dispensa da incubo. La pellicola per i contenuti iperviolenti e il realismo delle efferate sequenze venne inevitabilmente presa di mira dalla censura dell’epoca e in Inghilterra addirittura bandita. Costato circa 300.000$ il film incassò oltre 30 milioni e ad oggi è considerato una pietra miliare del genere horror.

Il film di Tobe Hooper presentò gli orrori della fattoria Sawyer come ispirati ad una storia vera come riportava anche la trama stampata sulla videocassetta originale.

 

Il film è un resoconto di una tragedia subita da un gruppo di cinque giovani, in particolare Sally Hardesty. Per loro un idilliaco pomeriggio d’estate diventa un incubo quando incrociano la strada con una folle e macabra famiglia di serial-killer armati di motosega. Uno per uno scompaiono per essere brutalmente macellati, ogni omicidio è più orrendo del precedente con una vittima ancora in vita appesa su un gancio per carne, un’altra intrappolata sulla sua sedia a rotelle mentre viene massacrata e il membro sopravvissuto del gruppo che tenta in un un’ultimo disperato sforzo di fuggire al culmine della mattanza.

 

 

Alcune voci che cominciarono circolare dopo l’uscita del film diedero vita ad una vera e propria leggenda urbana: la storia del “Massacro della motosega nel Texas” vista nel film era ispirata ad un terrificante e reale fatto di cronaca nera verificatosi nella cittadina di Poth in Texas. La connessione tra film e realtà già partiva con una inesattezza, perché in realtà era la cittadina di Kosciusko e non Poth che diede vita alla leggenda. Poth venne scelta come nome di riferimento perché era il luogo del ritrovamento di una vittima scampata al massacro. Quando il film uscì, i locali mormoravano tra loro che il passato segreto e oscuro di Kosciusko era stato preso da Hollywood e trasformato in un film “slasher” completo di famiglia cannibale e cadaveri macellati. In realtà si trattava solo di una mera coincidenza perché il regista Tobe Hooper ha raccontato che l’ispirazione per il film gli era venuta guardando un espositore con alcune motoseghe mentre era nel reparto ferramenta di un negozio affollato:

[quote layout=”big”]Ero nel quartiere di Montgomery in Capital Plaza. Avevo lavorato su quest’altra storia per alcuni mesi che riguardava l’isolamento, il bosco, l’oscurità e l’ignoto. Era intorno al periodo delle festività e mi ritrovai nel reparto ferramenta di Ward mentre ero ancora lì a lambiccarmi su questa idea di isolamento e cose simili. Vado sempre in questi posti che attirano grosse folle. C’erano così tante persone che passeggiavano e io ero solo in piedi davanti ad un espositore verticale con delle motoseghe. Ero concentrato su una di quelle motoseghe e l’idea è scattata. Ho detto: “Ohm, so come potrei uscire da questo posto in fretta, basterebbe avviare una di quelle cose e far sentire quel rumore”. Naturalmente non l’ho fatto. Quella era solo una fantasia.[/quote]

Il regista Tobe Hooper e lo sceneggiatore Kim Henkel avevano sentito parlare di Ed Gein, un uomo di Plainfield nel Wisconsin, arrestato alla fine degli anni ’50 per aver ucciso il suo vicino e su cui si basava il film Psycho. Così quando hanno cominciato a scrivere Non aprite quella porta, decisero di includerci una famiglia di assassini che avevano alcune delle caratteristiche di Gein: le maschere di pelle, i mobili fatti con ossa, la possibilità di cannibalismo. Ma questo è tutto. La storia stessa è interamente inventata. Quindi non c’è mai stato un massacro nel Texas su cui il film si basava.

 

 

La leggenda urbana

 

Non aprite quella porta non aveva quindi niente a che fare con la città di Kosciusko o Poth, ma c’è ancora qualcuno che pensa che a Kosciusko ci fosse realmente la casa di un clan di cannibali che rapivano e mangiavano vittime ignare. Tornando alla leggenda urbana legata al film, poco prima che Non aprite quella porta uscisse nei cinema, un giovane uomo nudo e coperto di sangue venne trovato al posto di guida della sua auto in un parcheggio a Poth in Texas, ne uscì urlando in preda al terrore fino a che la polizia non allertò un’ambulanza che portò l’uomo in un ospedale di Floresville. Dopo averlo sedato e ripulito, le infermiere e i medici scoprirono che la carne dell’uomo era stata asportata su cosce e glutei, ma in maniera rozza, come se fosse stato utilizzato un coltello da cucina. L’uomo non aveva lingua e non poteva parlare. I suoi polsi erano lesionati gravemente e mostravano i segni di una forte legatura. Le sue caviglie erano rotte e i medici spiegarono con la forza della disperazione la capacità dell’uomo di guidare l’auto su cui era stato trovato. I detective della polizia gli diedero una penna e un foglio per scrivere cosa gli fosse accaduto, l’unica cosa che l’uomo scrisse era Kosciusko. L’uomo morì un giorno dopo il ricovero per le lesioni subite. Seguendo la parola Kosciusko, la polizia cominciò le indagini partendo dalla locale macelleria gestita da coppia di anziani, ma le indagini non portarono a nulla. I detective tornarono sul posto più volte nel corso dei mesi successivi, tentando di ottenere maggiori informazioni, ma ogni tappa nella cittadina sembrava una perdita di tempo, almeno fino a quando durante una delle visite alla macelleria, uno dei detective incontrò una ragazzina di sei anni che gelò il poliziotto raccontando dei suoi nonni intenti a friggere carne umana, e non ci volle molto a scoprire che gran parte della carne di maiale venduta nel negozio non era affatto maiale. Dopo aver scavato nell’archivio storico della città e tra i certificati di nascita per individuare l’identità della coppia di anziani i detective appresero che tutti a Kosciusko erano consanguinei. Segue la descrizione di rinvenimenti di resti umani come ossa e denti e un caso rimasto misteriosamente irrisolto. Poi il film è uscito e “Il massacro della motosega nel Texas” è diventato leggenda…urbana.

 

 

 

Ed Gein il serial-killer dietro Leatherface

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Forse non aveva una motosega come arma prediletta, ma il serial killer Ed Gein è stata un’ispirazione fondamentale per il famigerato Leatherface. Nato nel 1906 a Plainfield, Wisconsin, Ed Gein passò la maggior parte della sua vita solitaria come un recluso. Nato da un padre alcolizzato, George, e una madre religiosa fino al fanatismo, Augusta, Ed Gein subì pesanti abusi psicologici e fisici per mano dei genitori. I compagni di classe ricordano Ed come un ragazzo solitario con strane abitudini. Una delle sue abitudini più insopportabili era quella di scoppiare a ridere senza motivo, come se qualcuno avesse fatto una battuta che solo lui poteva sentire.

Alcolista e uomo severo, il padre di Ed, George, era disprezzato dalla moglie, situazione che creava una forte tensione in casa. Gli insegnamenti biblici di Augusta furono estremamente strumentali nel modellare l’atteggiamento di Ed verso le donne. Attingendo dall’Antico Testamento, Augusta instillò in Ed e suo fratello Henry la paura di Dio, nonché una fobia per la sessualità e una diffidenza generale verso le donne. Rintanati nell’isolata fattoria di famiglia a Henry e Ed era stato proibito ricevere visite e venivano puniti per il solo tentativo di stringere amicizia. Ai fratelli veniva anche ricordato quasi ogni giorno che non ci sarebbe mai stata una donna che li avrebbe potuti amare.

George morì il 1° aprile 1940 per un’insufficienza cardiaca legata all’alcol. Quattro anni dopo, il fratello Henry morì in circostanze misteriose legate ad un incendio della fattoria di famiglia. Anche se mai dimostrato, molti sospettarono che Ed avesse giocato un ruolo nella morte di suo fratello. Indipendentemente da ciò, Ed restò da solo a subire la folle devozione di sua madre fino alla morte di quest’ultima avvenuta il 29 dicembre 1945. Nonostante la loro relazione malsana e basata su abusi Ed fu devastato dalla morte di sua madre.

Ed rimase nell’azienda agricola di famiglia sigillando la stanza di sua madre per assicurarsi che rimanesse come l’aveva lasciata il giorno della sua morte. Confinatosi in una stanza vicino alla cucina, Ed sviluppò un ossessione per letture su nazisti e cannibali e pur svolgendo alcuni lavori saltuari rimase solitario e sospettoso verso il prossimo. L’entita di ciò che Ed custodiva nella fattoria di famiglia non sarebbe stata rivelata fino a dieci anni più tardi.

Dopo la scomparsa del proprietario del negozio di ferramenta Bernice Worden, il 16 novembre 1957, la polizia cominciò a sospettare di Ed, che era l’ultima persona ad averlo visto vivo. La polizia perquisì la fattoria di famiglia dove trovarono il corpo decapitato di Bernice appeso a testa in giù dentro il granaio. Dopo una più ampia perquisizione della proprietà, le autorità trovarono anche diversi resti umani tra cui un cestino fatto con teschio umano, sedie coperte di pelle umana e montanti del letto rsormontati da crani umani. Forse il tratto che lega principalmente Ed a Leatherface era proprio la sua voglia di trasformare la pelle umana in qualcosa da indossare. Tra gli altri resti la polizia rinvenne anche un corsetto, dei fuseaux, alcune maschere e un vestito fatto con la pelle di giovani donne.

Ed affrontò il processo il 21 novembre 1957, ma a causa della sua follia continuava a dichiararsi “non colpevole”. Trovato mentalmente inabile, Ed venne internato in un istituto psichiatrico per criminali per una perizia. Il 7 novembre 1968 i medici stabilirono che Ed era in grado di affrontare il processo e venne dichiarato colpevole il 14 novembre. Tuttavia un secondo processo concernente la sua sanità mentale lo giudicò incapace di intendere e volere e quindi non colpevole per infermità mentale. Ed venne così riportato all’istituto psichiatrico dove morì il 26 luglio 1984. il corpo di Gein è sepolto presso il cimitero di Plainfield dove la sua tomba nel corso degli anni è stata ripetutamente vandalizzata.

Ed Gein divenne fonte d’ipirazione per il romanzo Psycho di Robert Bloch adattato nel 1960 da Alfred Hitchcock nell’omonimo thriller con Anthony Perkins; per l’horror del 1974 Deranged – Il folle diretto da Jeff Gillen e Alan Ormsby, così come per gli horror La casa dei 1000 corpi e La casa del diavolo di Rob Zombie. Tuttavia, l’isolamento, la natura stravagante dei suoi genitori e il desiderio morboso di Ed per la carne umana lo rendono ideale fonte d’sipirazione per Leatherface.

 

N.B. Nella lista di film ispirati a Ed Gein non c’è “Il silenzio degli innocenti” poichè la figura del Dr. Hannibal Lecter, personaggio del romanzo di Thomas Harris adattato nell’omonimo thriller Premio oscar con Anthony Hopkins e Jodie Foster, è invece basata sul medico messicano Alfredo Ballí Treviño, ritenuto colpevole di aver ucciso un amico stretto (e amante) mutilandone il corpo, il medico era anche sospettato di aver ucciso e smembrato diversi autostoppisti durante la fine degli anni ’50 e nei primi anni ’60. Treviño fu inizialmente condannato a morte, ma la sua sentenza fu successivamente commutata a 20 anni e fu liberato nel 1981. Dopo la sua liberazione, Treviño continuò a lavorare come medico fino alla morte per cause naturali nel 2009. Altra fonte d’ispirazione per Lecter fu, in parte, anche il serial-killer Albert Fish (1870-1936) conosciuto per l’efferatezza dei suoi crimini, questo vero e proprio mostro torturava, uccideva e mangiava bambini.