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Venezia 75, Capri-Revolution: Recensione del film di Mario Martone

Una comune naturista e pacifista nella Capri del 1914. Il nuovo film di Mario Martone è sbarcato alla Mostra del Cinema di Venezia.

pubblicato 6 Settembre 2018 aggiornato 27 Agosto 2020 16:49

3° e ultimo film italiano in Concorso alla 75esima Mostra del Cinema di Venezia, Capri-Revolution segna il ritorno al Lido di Mario Martone 8 anni dopo Noi credevamo e 4 anni dopo Il Giovane Favoloso, chiudendo di fatto la sua trilogia sull’Italia dal Risorgimento alla Prima Guerra Mondiale.

Accolto da tiepidi applausi da parte della stampa internazionale, il film è ambientato nel 1914, con il Bel Paese ad un passo dall’entrare in guerra. Siamo a Capri, isola in cui una comune di giovani nordeuropei vive in un’utopistica realtà di assoluta libertà. Una realtà inizialmente vista con timore e a seguire con curiosità da Lucia, capraia che si lascia lentamente andare alla loro rivoluzionaria visione naturista e pacifista.

Martone e sua moglie Ippolita di Majo hanno attinto da una storia vera, nella realizzazione di questo Capri-Revolution, nato dagli ideali cullati dal pittore Karl Diefenbach. Pioniere del nudismo e del movimento pacifista, Diefenbach creò a Capri nei primi del ‘900 una comune che professava una vita in armonia con la natura, il rifiuto della monogamia e della medicina tradizionale, l’alienità a qualsiasi religione, la pratica di una dieta vegetariana e il sesso libero.

Idee per l’epoca assolutamente rivoluzionarie (poi esplose negli anni ‘60) che Martone ambienta in anni di vero cambiamento, con la Grande Guerra sullo sfondo e l’elettricità finalmente arrivata sull’Isola, scoglio selvaggio che accoglie questi giovani idealisti con scetticismo.

Un’ode alla meraviglia della natura, quella dipinta dal regista, mai tanto estetizzante tra tramonti e panorami mozzafiato, segnati dai nudi corpi dei suoi protagonisti. Un viaggio iniziatico, quello percorso dalla brava Marianna Fontana (una delle gemelle di Indivisibili, ndr), che Martone fa maturare con esagerata rapidità, tramutando un’analfabeta capraia incapace di parlare persino in italiano in una divoratrice di libri che in pochi mesi impara a leggere, a filosofeggiare sul senso della vita e a conversare in inglese in abiti da dama di corte. Tutto molto eccessivo, per non dire insensato, mentre lo scontro tra tradizioni, natura e progresso si fa sempre più acceso.

Splendidamente musicato da Apparat, che aveva già composto la colonna sonora de Il Giovane Favoloso, Capri-Revolution gode poi delle coreografie di Raffaella Giordano, perché il teatro-danza irrompe su una scena che il regista fatica a bilanciare, a causa di continui scontri teorici che intasano la narrazione facendole perdere contatto con la credibilità cinematografica.

Da una parte vegetariani animalisti pacifisti e dall’altra socialisti guerrafondai, credenti e agnostici, giovani donne in cerca di libertà e giovani uomini pronti a ripudiarle, medici tradizionalisti e sostenitori dell’omoepatia, con la comune pronta ad implodere persino al proprio interno e la famiglia della capraia incapace di comprendere appieno il suo repentino cambiamento, che l’ha vista trasformarsi da ragazza in donna.

Esteticamente fascinoso (grazie anche alle scenografie naturali di Capri e del Salento) e intellettualmente interessante, Capri-Revolution inciampa sulle proprie ambizioni, esageratamente ampie per riuscire a gestire un impianto di scrittura tanto concettuale. Martone fonde arte e natura per dar vita al proprio inno alla libertà, perdendo lentamente ma inevitabilmente contatto con una narrazione che possa definirsi semplicemente concreta.

[rating title=”Voto di Federico” value=”5″ layout=”left”]
[rating title=”Voto di Antonio” value=”4″ layout=”left”]

Capri-Revolution (Ita, drammatico, 2018) di Mario Martone; con Marianna Fontana, Reinout Scholten van Aschat, Antonio Folletto, Gianluca Di Gennaro, Eduardo Scarpetta, Jenna Thiam, Ludovico Girardello, Lola Klamroth, Maximilian Dirr, Donatella Finocchiaro – dal 13 dicembre in sala