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Animali fantastici – I crimini di Grindelwald, recensione: l’estrema fatica di trovare il proprio nome

Il sequel di Animali Fantastici non fa che confermare, non senza perplessità, la dimensione da spin-off dell’intero progetto. E no, non si tratta di una conferma marginale

pubblicato 9 Novembre 2018 aggiornato 27 Agosto 2020 15:02

(Clicca sull’immagine per vedere il trailer)

Grindelwald è scappato. Siamo già immersi negli eventi del sequel di Animali Fantastici e dove trovarli, che si era per l’appunto chiuso con la cattura di Grindelwald, celatosi sin lì nei panni di Graves. Animali Fantastici – I crimini di Grindelwald si apre proprio su questa movimentata fuga, ovviamente tutt’altro che improvvisata, in cui è la magia ancora una volta a venire evocata quale elemento principe, oltre che vero ponte con la saga maggiore, ossia Harry Potter.

Newt (Eddie Redmayne) ancora una volta deve divincolarsi dalla burocrazia, che gli impedisce di lasciare Londra. Nondimeno, Silente (Jude Law) ritiene che il giovane ricercatore sia la persona adatta per portare a termine una missione fondamentale, che il seppur esperto mago non può compiere personalmente: recarsi a Parigi e scovare Grindelwald ed in qualche modo mettergli i bastoni tra le ruote, senza essere troppo specifici. Gli animali ci sono, sebbene questo seguito non trovi più in loro la propria ragion d’essere e, a parte Pickett ed il sempre simpatico snaso arraffone, una delle componenti la cui mancanza si fa maggiormente sentire sta proprio nel bestiario, qui per forza di cose striminzito.

Animali Fantastici 2 si basa volendo su uno dei topos per eccellenza in ambito fantasy, ovvero la ricerca del nome: il concetto alla base è che le parole hanno un valore e, tra queste, ancora di più i nomi propri di cose ma soprattutto persone. Una fattispecie evidentemente ben presente già in Harry Potter, vuoi per i numerosi incantesimi, che per essere compiuti necessitano appunto della pronuncia di una o più parole latine, ma anche in riferimento a quando tale rimando viene in qualche modo negato (su tutti, il «Tu-Sai-Chi» in luogo di Voldemort).

Nel sequel viene approfondito un altro po’ il retaggio di colui che, con ogni probabilità, avrà un peso dirimente nel prosieguo di questa saga nella saga, ossia Credence, il personaggio di Ezra Miller. Già in Animali Fantastici e dove trovarli si capisce che non si tratta di un mero comprimario, posto che tutti ad eccezione di Newt in fondo lo sono, ma di una pedina che alla lunga potrebbe rivelarsi fondamentale. Questa seconda iterazione, se non altro, serve proprio a rendere più chiare le gerarchie, con Newt Scamander nei panni di un nuovo, seppur sui generis, Harry Potter, e Credence in quello della sua nemesi, per ora imperfetta, inevitabilmente opaca (per cui, allo stato attuale, ogni riferimento che faccia maggior leva sul rapporto tra il maghetto e Voldemort non può che rivelarsi quantomeno forzato).

Dove questo I crimini di Grindelwald fallisce pressoché su tutta la linea sta nella sua inadeguatezza, non sapremmo dire in che percentuale derivatagli dal romanzo, in quella che è la missione principe nel genere, ossia quella di ricostruire non tanto una storia ma un vero e proprio mondo, coerente al suo interno, perciò credibile. Troppo invece grava su quanto è venuto prima, dando adito ad un’operazione che probabilmente calca la mano un pelo di troppo su certe allusioni ad un contesto sì familiare ma che s’ha da superare se si vuole dare un volto, non dico un’identità, a questo nuovo progetto.

Pur non essendo da questa parte degli estimatori del primo capitolo, va riconosciuta alla prima parte il tentativo, almeno in questo a suo modo riuscito, d’imboccare un sentiero tutto sommato non battuto, diverso. Col secondo è come se invece si ripiegasse quasi con veemenza sui fasti di un fenomeno storico che aveva come proprio centro non tanto dei personaggi quanto un luogo e relative diramazioni spaziali e temporali, ossia Hogwarts. La presenza di quest’ultimo, nella forma dell’oramai celeberrimo castello, non fa che confermare, meno paradossalmente di quanto sia lecito supporre, la dimensione dell’intera operazione Animali Fantastici, ovverosia quella dello spin-off.

Voglio dire, non scopriamo certo l’acqua calda nel confermare che ciò che abbiamo davanti altro non è che il tentativo di dare un seguito, anzitutto in termini commerciali, ad uno dei fenomeni più rilevanti e globali di questo inizio di secolo; ciò che semmai fa specie è il modo in cui, mentre il primo in tal senso, come in parte già accennato, riusciva a contenere tale premessa, I crimini di Grindelwald ce lo urla a pieni polmoni. Uno spin-off e nulla più, questo emerge dalla visione. Una ragnatela di nomi e riferimenti che non fanno altro che appesantire un’azione già di per sé farraginosa, con qualche scena madre e twist da telenovela su cui grava sin troppo rispetto all’economia dell’intero racconto.

C’è, sì, quel senso di déjà-vu che alcuni potrebbero magari vagamente godibile, ma l’eventuale processo si consuma nel mero escamotage e nulla più, questo è il limite. Dovendo esporci, peraltro, non siamo affatto persuasi in merito alla possibilità che in Animali Fantastici – I crimini di Grindelwald alcune delle scene più carine facciano affidamento all’innegabile appeal di certe creature (voglio dire, lo snaso susciterà sempre quel misto di simpatia e dolcezza che lo contraddistingue, perciò inutile conferire alla sua introduzione e/o esposizione chissà quale merito, giunti a questo punto).

In generale si avverte perciò in maniera sin troppo netta la deficitaria gestione di tutte quelle informazioni che di fatto “sono” I crimini di Grindelwald, non che semplicemente rappresentano. Un tipo di lavoro, tuttavia, che al passaggio dalla carta allo schermo va saputo in qualche modo filtrare; filtro che a ‘sto giro s’è inceppato ed il risultato non può di conseguenza che risentirne proprio alla base. La fatica, perciò, la pesantezza che Credence sperimenta nel corso di questa spasmodica ricerca del proprio passato si fa involontariamente metafora di un processo analogo quanto a questa saga, che, al contrario, pur sapendo da dove viene non sembra avere chiaro verso dove andare.

In chiusura tocca peraltro pure dire qualcosa su Eddie Redmayne; c’è chi parlerà d‘involuzione o discorsi simili. Guardate bene: è sempre lo stesso Redmayne. Finanche l’attore che interpreta la sua versione giovane in questo sequel si è dovuto evidentemente industriare ad imitarlo, finendo col farne una parodia a tratti involontaria. C’è voluto The Danish Girl per capire che gli elogi fossero mal riposti, a prescindere dall’essere inadatto per quella parte (anche se già in Jupiter Ascending, insomma…). Animali Fantastici 2, in questo senso, non fa che confermare ulteriormente l’impressione sin qui esposta; ecco perché l’argomento sopracitato relativo alla ricerca del nome, peculiare nel genere, si risolve nel retrogusto a dire il vero insapore del Fantasy 2.0 (o chi per lui).

[rating title=”Voto di Antonio” value=”4″ layout=”left”]
[rating title=”Voto di Federico” value=”5″ layout=”left”]

Animali fantastici – I crimini di Grindelwald (Fantastic Beasts: The Crimes of Grindelwald, Regno Unito/USA, 2018) di David Yates. Con Eddie Redmayne, Katherine Waterston, Dan Fogler, Alison Sudol, Ezra Miller, Jude Law, Johnny Depp, Zoë Kravitz, Claudia Kim, Carmen Ejogo, Callum Turner, Victoria Yeates, Ólafur Darri Ólafsson, Kevin Guthrie, Fiona Glascott, Jessica Williams, Poppy Corby-Tuech, Derek Riddell, Sabine Crossen, Brontis Jodorowsky, Donna Preston, Sean Gislingham, Olwen Fouere, Ingvar Eggert Sigurðsson, David Sakurai e Johanna Thea. Nelle nostre sale da giovedì 15 novembre 2018.