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7 Psicopatici: Recensione in Anteprima

Martin McDonagh torna al grande schermo con un film decisamente sopra le righe. Ecco la recensione in anteprima di 7 Psicopatici

pubblicato 7 Novembre 2012 aggiornato 31 Luglio 2020 20:28

Mettere piede nell’ambiente di questo nuovo film di Martin McDonagh genera un immediato senso di déjà vu. Qualcosa che va ben oltre le sensazioni provate assistendo al suo primo, intrigante In Bruges. L’impressione, praticamente da subito, è di trovarsi in un contesto decisamente familiare, folle, sopra le righe.

Il termometro sale non appena abbiamo modo di scorgere i volti di coloro che intrattengono il primo, anomalo dialogo, che di fatto apre le danze di questo strano teatrino. Tali volti corrispondono ai nomi di Michael Stuhlbarg e Michael Pitt. Giusto il tempo di elaborare qualche improvvisata associazione ed il gioco è fatto: abbiamo capito di che si tratta… ora mostraci la strada, Martin!

Da quell’esatto momento gli amanti di un certo cinema stravagante non potranno fare a meno di pendere dalle labbra di colui che ha costruito siffatto scenario. Perché con 7 Psicopatici siamo dalle parti del raffinato ma graffiante nonsense, accessibile a molti ma non a tutti. Se qualcuno può permettersi di darci in pasto citazioni in carne ed ossa come i due attori sopracitati, trattandoli a quel mondo nelle primissime battute, vuol dire che qualcosa da dire debba avercela per forza. Quali citazioni? Chi lo sa… magari andando avanti con la lettura lo scoprirete.

Marty (Colin Farrell, che al prossimo giro potrebbe a buon diritto essere consacrato quale attore feticcio di McDonagh) è uno sceneggiatore in crisi di idee, che sta attraversando un periodo alquanto delicato. Forse nel tentativo di dimostrare di non essere vittima dell’etichetta che lui stesso ha contribuito a stamparsi addosso, Marty decide di virare completamente: basta soggetti carichi di sangue, violenza e privi di qualsivoglia speranza. Sotto con qualche messaggio positivo, di quelli che non servono solo ad intrattenere.

Un tempo, magari in tono velatamente canzonatorio, qualcuno avrebbe definito tutto ciò come una sorta di “crisi mistica”. E forse in fondo lo è, solo che nell’epoca in cui viviamo funziona diversamente. Perché è bene capire che 7 Psicopatici è una di quelle opere che filtrano il postmoderno attraverso il cinema, elevandolo… non prima però di averlo esasperato. Come può, dunque, anche solo uno dei protagonisti di questa storia essere un personaggio ordinario?

E se lui non è ordinario, di certo non può esserlo tutto ciò che lo riguarda. Basti pensare a cosa lo attrae fuori da quel circolo vizioso di mancata ispirazione: l’idea di scrivere una sceneggiatura incentrata su sette psicopatici. Esatto, un film nel film, per di più lo stesso. E questi non sono che due dei più livelli su cui il lavoro di McDonagh si stratifica.

Dall’istante dell’illuminazione, non è Marty che tenta disperatamente di inseguire la propria idea: è quest’ultima che bracca il povero ma non meno colpevole sceneggiatore. Da allora è tutto un susseguirsi di capovolgimenti, depistaggi. Di storie che si accavallano e si incastrano con ricercata insensatezza. Al confine tra realtà e finzione, due dimensioni che si mescolano e si sfidano all’ultimo sangue per contendersi la palma dell’assurdità più assurda.

Vi abbiamo disorientato, vero? Una volta tanto, però, ci teniamo a non prenderci alcun merito a riguardo: è di McDonagh la colpa. Da abile e affermato commediografo qual è, il regista di origini irlandesi ridesta da un inopportuno torpore un genere la cui mancanza stava sinceramente cominciando ad indispettire. La sua eccentrica creazione è un elegante noir grottesco come non se ne vedevano da un po’; quantomeno non a questi livelli.

Pervasa da un sarcasmo sofisticato, espressione di un humor di cui solo certe figure appartenenti alla terra di Albione sembrano essere dotate, 7 Psicopatici centra in pieno il proprio bersaglio. Una commedia nera che non risparmia nessuno: film francesi, donne, cani, conigli, bandiere etc. Un’opera confezionata con uno stile impeccabile, che si spinge parecchio più in là rispetto al seppur gradevole ed efficace In Bruges (a riguardo, McDonagh afferma che 7 Psicopatici non sarebbe stato affatto possibile senza prima testare sé stesso con il suo primo lungometraggio. Molto probabile, aggiungiamo noi).

Profondamente impreziosito da un cast ragguardevole, frutto non solo di interpretazioni ineccepibili, ma anzitutto di scelte a priori che denotano una certa visione. Sam Rockwell sembra nato per il personaggio di Billy, ma tutti coloro che lo accompagnano non sono certo da meno. Farrell, Walken, Harrelson, Waits: le loro strabilianti prove incidono in maniera determinante sulla resa della pellicola, manifestando in modo piuttosto netto l’abilità di McDonagh nel trattare con gli attori.

Un film che, fedele alla propria natura, si chiude così come comincia: cinico, pulp ed irriverentemente spassoso. Espressione di un tipo di cinema che ha fatto la fortuna (beneficiandone di riflesso) di autori come i fratelli Coen: lo stile e la sostanza c’è tutta, oltre a situarsi palesemente lungo il medesimo filone. Ma limitarsi alla sola, meritoria opera dei due registi del Minnesota sarebbe ingeneroso verso McDonagh. Perché 7 Psicopatici sa essere anche freddo, di quel gelo improvviso che a tratti lo rende disturbante; come quasi tutti i film di un altro grande cineasta, ossia Haneke. Una tappa fondamentale per gli amanti del genere, dunque. Per gli altri, beh… magari una buona occasione per diventarlo.

Voto di Antonio: 8,5

7 Psicopatici (Seven Psychopaths, USA, 2012). Di Martin McDonagh, con Colin Farrell, Sam Rockwell, Woody Harrelson, Christopher Walken, Tom Waits, Olga Kurylenko, Abbie Cornish, Zeljko Ivanek, Gabourey Sidibe, Brendan Sexton III, Ronnie Gene Blevins, Sandy Martin, Jamie Noel, Joseph Lyle Taylor, James Hébert, John Bishop, Helena Mattsson e Kevin Corrigan. Qui trovate il trailer italiano. Nelle nostre sale il 15 Novembre.