Home Curiosità Lo sguardo di Orson Welles: trailer italiano del documentario al cinema dal 16 al 19 dicembre

Lo sguardo di Orson Welles: trailer italiano del documentario al cinema dal 16 al 19 dicembre

Lo sguardo di Orson Welles: video, trailer, poster, immagini e tutte le informazioni sul documentario di Mark Cousins nei cinema italiani dal 16 al 19 dicembre 2018.

pubblicato 17 Dicembre 2018 aggiornato 27 Agosto 2020 14:07

[Per visionare il trailer clicca sull’immagine in alto]

 

Dal 16 al 19 dicembre 2018 arriva al cinema, con I Wonder Pictures, il documentario Lo sguardo di Orson Welles del regista irlandese Mark Cousins.

Lo sguardo di Orson Welles offre un’interpretazione visionaria della carriera, della vita, delle passioni, della politica e del potere di Welles, artista e showman tra i più versatili e innovativi del ventesimo secolo. Mark Cousins, grazie all’accesso esclusivo al materiale privato di Orson Welles, si domanda: “Possiamo raccontare la sua storia in maniera differente?”. Il regista riesamina la biografia di Welles a partire dagli albori della sua carriera fino alle sue produzioni più recenti, attraverso le varie arti o attività da lui sperimentate nel corso della vita.

 

 

“Solo una persona può decidere il mio destino – e quella persona sono io.” Con questa fermezza si presentava Charles Foster Kane, indimenticabile protagonista di Quarto Potere, il film che nel 1941 sconvolse il mondo del cinema. Molti anni dopo, le stesse parole sembrano riecheggiare dietro al suo regista, sempre pronte a indicargli la via. Grazie all’accesso esclusivo al materiale privato di Orson Welles, Mark Cousins indaga una leggenda: attraverso i suoi occhi, disegnato con le sue mani, dipinto con i suoi pennelli. Prodotto da Michael Moore, The Eyes of Orson Welles riscopre uno dei più brillanti autori del Ventesimo secolo e esplora come il suo genio, trent’anni dopo la sua morte, risplenda ancora oggi nell’era di Trump.

 

NOTE DI REGIA

 

Non volevo fare un film su Orson Welles. Quando ho visto i suoi film per la prima volta, mi sono sembrati come antiche querce o gigantesche gru. Li ho amati, ovviamente, ma quando sono diventato un regista ho pensato che non avrei avuto più nulla da dire a proposito. Ci sono molti documentari su Welles e decine di libri. È un regista canonico. Nel mio lavoro ho cercato di guardare più al cinema africano o indiano rispetto ai film americani: Guru Dutt, piuttosto che Orson Welles (anche se hanno molto in comune). Ma poi ho sentito che esistevano ancora molti disegni e dipinti di Welles. Ero incuriosito. Mi piace il concetto del “tempo libero” dedicato agli schizzi, al prendersi del tempo sbarazzandosi dello stress concentrandosi su altro. Gran parte del mio lavoro negli ultimi anni si è occupato dello sguardo. Forse queste opere di Welles potrebbero aiutarmi a capire come lui guardava?

Perciò, come realizzare un film del genere? Fin dal principio sapevo che non dovevo provare a imitare lo stile di Welles – angolature dal basso, obiettivo grandangolare, grandi primi piani. Il mio film su di lui avrebbe dovuto essere distante da tutto ciò. Per un po’ di tempo me ne sono stato in un angolino, ho fatto un lavoro di osservazione senza intervenire e, ovviamente, senza intervistare. Non è difficile da fare, a dire la verità, ma la questione dell’inquadratura è di estrema importanza in questo tipo di Cinema, aspetto che mi attrae non poco. Al Traverse City Film Festival di Michael Moore ho incontrato Beatrice Welles, la figlia, e Philip Hallman del Dipartimento di Arti Audiovisive e Cultura dell’Università del Michigan, che ha acquisito la maggior parte dei lavori di Welles. Mi hanno raccontato molti aneddoti riguardo i disegni del regista, per questo motivo mi sono reso conto di dover dare al film una struttura mitica – per questo motivo la serie di capitoli intitolati Pawn, Knight, King e Joker (cambiato, successivamente, in Jester seguendo il consiglio del produttore Adam Dawtrey). I lavori di molti filmmakers sono delicati e minuziosi per un approccio registico così possente e spigoloso: il livello archetipico è dove la maggior parte dei lavori di Welles prendono vita, per questo motivo ho optato per questo approccio.