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Torino 2012 – Maniac: recensione in anteprima

Una delle sorprese più belle del 30. Torino Film Festival. Per Cineblog, il remake di Maniac è il “Drive dei film horror”: leggi la recensione.

pubblicato 27 Novembre 2012 aggiornato 31 Luglio 2020 20:12

Ecco qui il Drive del cinema horror. Maniac è però innanzitutto, a scanso di equivoci, un film che si prende tutto o si lascia. Presentato in anteprima mondiale all’ultimo Festival di Cannes, il film di Franck Khalfoun ha fatto subito parlare di sé per la sua particolarità stilistica: è una pellicola quasi tutta interamente girata in soggettiva. Soggettiva che in questo caso appartiene al feroce serial killer.

Il film, ovviamente, è il remake dell’horror cult del 1980 diretto da William Lustig (qui omaggiato con la “ricreazione dal vivo” del poster). Si tratta di quello che viene giustamente considerato il Taxi Driver del cinema dell’orrore: in entrambi, tra l’altro, ci recitava Joe Spinell, autore riconoscibile a prima vista grazie al suo viso indimenticabile. Spinell era anche sceneggiatore e produttore, tanto da decidere in seguito di volere un Maniac 2: ma il sequel non venne mai prodotto.

Oggi Alexandre Aja, “specialista” in remake di classici americani, rimette mano ad un film all’apparenza intoccabile e irraggiungibile per sporcizia ed atmosfera. Forse però questa volta è ben conscio della difficoltà del progetto, ed opta per una scelta radicale: capovolgere l’originale, cambiargli protagonista e, mantenendo la trama di fondo, farne uscire qualcosa di esteticamente opposto.


Al posto della rozzezza e della cupezza malata del Maniac di Lustig, nella versione 2012 troviamo una elegantissima patina formale – possibile grazie ai pianisequenza ed alla formidabile fotografia di Maxime Alexandre – e una cupezza malata diversa, che entra direttamente nel cervello del suo serial killer, filtrando le immagini attraverso il punto di vista dei suoi occhi. E, attenzione, anche della sua mente.

Proprio quando le strade sembrano sicure, un serial killer con un’ossessione per il cuoio capelluto torna a cacciare. Frank è lo schivo proprietario di un negozio di manichini; la sua vita cambia quando la giovane artista Anna chiede il suo aiuto per una mostra. Con lo svilupparsi della loro amicizia, si intensifica l’ossessione di Frank…

32 anni dopo il primo Maniac, Franck Khalfoun prende in mano il timone del progetto e, clamorosamente, fa il salto di qualità che nessuno si aspettava. Nel 2007, infatti, aveva diretto il dimenticabilissimo -2 Livello del terrore, sempre sotto l’egida di Aja. E’ pazzesco pensare a quanto siano diversi (per ambizione, coraggio e resa finale) i due film, con Maniac che vince su tutto a mani basse.

Prima scelta vincente, che a qualcuno non piacerà manco dopo aver visto il film (ma francamente sono problemi suoi): è geniale il casting del protagonista. Interpretato nell’originale da Spinell, qui Frank Zito ha i tratti delicati e gli occhioni blu di Elijah Wood, il quale rende ancora più ambiguo il serial killer collezionista di scalpi femminili. Scalpi che servono per fare “parrucche” per i manichini, che costituiscono una sorta di universo femminile perfetto per Frank, che ha subìto un trauma da bambino che riguarda sua madre.

Se lo script si può raccontare su metà foglio A4, e le spiegazioni sul trauma infantile di Frank sono piuttosto risaputi, Maniac compensa tutto con una sapienza del mezzo cinematografico che lascia pienamente soddisfatti, a tratti addirittura sbalorditi. La scelta del punto di vista in soggettiva è assolutamente vincente, anche se in questo caso ci saranno i solidi detrattori a vedere l’abuso del meccanismo, in realtà in questo caso dosato ed usato con sapienza e intelligenza.


Quel che è bello, in Maniac, è che a dire il vero non c’è un rispetto totale e dogmatico di questa “regola del PDV” a tutti i costi: quando c’è un momento forte e che vale la pena di inquadrare con un campo totale, Khalfoun disancora la mdp dagli occhi di Frank e la fa vagare, in cerca del punto esterno migliore per inquadrare quel che sta succedendo. Per alcuni si tratterà di qualcosa di imperdonabile, e si tratterà anche della fine della “sfida stilistica”, ma per chi scrive è invece solo la conferma che regista e sceneggiatori sanno benissimo quel che fanno.

Sanno che stanno creando innanzitutto una potente esperianza cinematografica, un’esperienza audiovisiva come difficilmente se ne vedono in giro, soprattutto nel campo del genere. Intendiamoci, poi: questo non è un film horror che fa paura in senso stretto, e se si va in sala pensando di fare due salti sulla poltrona (o peggio farsi due risate) ci si annoierà tanto e si resterà parecchio delusi. Maniac è invece il ritratto di un personaggio sessuofobico, ed un affresco della “solidutine metropolitana” in cui sono presenti ancora schegge di problematiche sessuali e queer (Anna crede che Frank sia gay, e quando il ragazzo viene a saperlo si “difende”).

Ambientato in una Los Angeles incredibilmente patinata, notturna, “al neon” – e per questo terribilmente affascinante ed inquietante -, Maniac resta ancorato quasi al 100% per 90 minuti ad Elijah Wood. Che si vede “poco” – attraverso specchi, riflessi, ricordi ed immaginazioni -, ma si sente tanto a livello sonoro, attraverso il suo continuo respiro, il suo ansimare, e la sua voce. Una voce curiosamente impostata e poco naturale: è una scelta che si sposa con le immagini, e ne fa uscire fuori qualcosa di “onirico”, paradossalmente rarefatto e “sognante”. Come se lo spettatore fosse sotto droga (o sotto medicinali di un certo tipo…).

Dominato da una straordinaria colonna sonora decisamente eighties, composta da Rob e che ricorda appunto Drive, Maniac è un saggio fortissimo sul pianosequenza, ovviamente, e per questo forse anche teorico. Ma è soprattutto un film molto violento, che farà la gioia dei fan di certo horror (attenzione all’omicidio nel parcheggio e quello in casa della signora). Riuscirà anche ad affascinare chi dall’horror cerca un’esperienza unica. Se l’avete visto, non dimenticate affatto il film di Lustig prima di entrare sala, e capirete come entrambe le versioni possono convivere senza annullarsi. Ad oggi, Maniac è la sorpresa più bella del Torino Film Festival.

Voto di Gabriele: 8.5

Maniac (USA 2012, Horror 100′) di Franck Khalfoun; con Elijah Wood, Nora Arnezeder, America Olivo, Liane Balaban, Morgane Slemp, Sal Landi, Sammi Rotibi, Jan Broberg, Akbar Kurtha, Brian Ames, Megan Duffy – Qui il trailer.

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