Home Curiosità Be Kind Rewind – Gli acchiappafilm: recensione in esclusiva da Los Angeles

Be Kind Rewind – Gli acchiappafilm: recensione in esclusiva da Los Angeles

Be Kind rewind (Usa – 2008) di Michel Gondry, con Jack Black, Mos Def, Danny Glover, Mia Farrow.La storia ha luogo in un paesino del New Jersey, lontano dalle mete turistiche ed economiche dell’America che conta. In un’era dominata dal dvd, il signor Fletcher (Danny Glover) gestisce un negozio di rental di vhs, Be Kind

di mario
24 Febbraio 2008 09:13

be kind rewind locandina recensione Be Kind rewind (Usa – 2008) di Michel Gondry, con Jack Black, Mos Def, Danny Glover, Mia Farrow.

La storia ha luogo in un paesino del New Jersey, lontano dalle mete turistiche ed economiche dell’America che conta. In un’era dominata dal dvd, il signor Fletcher (Danny Glover) gestisce un negozio di rental di vhs, Be Kind Rewind, appunto. Costretto ad allontanarsi dalla cittadina, lascia la gestione al suo unico impegato Mike (Mos Def). Con un’unica avvertenza: non fare entrare Jerry (Jack Black), suo amico, nel negozio. Jerry è infatti un ragazzo esuberante ma con la tendenza a creare caos e danni, oltre ad essere ossessionato da manie paranoiche di cospirazioni governative.

Accade che Jerry, proprio per questa sua ossessione, venga colpito da scariche elettriche, divenendo pericoloso fattore smagnetizzante. E, neanche a dirlo, Mike non riuscirà ad impedirgli di entrare nel negozio, con le conseguenze disastrose del caso. Persi tutti i contenuti delle vhs, Mike e Jerry saranno costretti ad inventarsi un modo di far fronte alle richieste dei (pochi) clienti: rigirare tutti i film, in una versione più corta, ovviamente.

Arrivata sugli schermi americani sotto silenzio (pur godendo della calorosa accoglienza ricevuta al Sundance da regista e attori), questa commedia surreale propone la strana coppia Michel Gondry – Jack Black, due personaggi sulla carta molto diversi: Gondry regista impegnato a scandagliare i meandri del sogno e della mente con uno stile personale ma sempre misurato, Black ottimo attore dal carattere esuberante, sempre sopra le righe ed assolutamente irresistibile (diventando spesso vero punto di forza dei film in cui recita).

foto film be kind rewind

L’incontro poteva quindi creare qualche problema di amalgama stilistica. A conti fatti, però, questo problema non si presenta agli occhi dello spettatore. Il motivo è semplice: più che un compromesso tra le due personalità si è avuto un leggero mutamento nel regista. Mentre Jack Black resta debordante come sempre, Gondry rinuncia ad alcune delle sue idiosincrasie mettendosi al servizio di una storia più leggera e meno rischiosa, pur mantenendo i segni distintivi del suo pensiero autoriale.

Il film si regge su un’idea davvero simpatica e originale, e si sviluppa in un crescendo di risate e sincere, sano ed intelligente divertimento. Il tutto si regge ovviamente sulle spalle di un debordante Jack Black (davvero tra i migliori attori della sua generazione), che, ben coadiuvato dal Mos Def, si lancia in esilaranti rifacimenti di film famosi (cito solo Ghostbusters ed un 2001 Odissea nello spazio da lacrime agli occhi, per lasciarvi il gusto di scoprire i mille piccoli omaggi disseminati qui e lì durante il film).

A ben vedere, comunque, oltre la facciata comica, v’è anche un discorso più profondo sulla perdita del vero senso del fare film nell’epoca post moderna dei computer e delle multinazionali (discorso già brillantemente proposto anni fa da Andrew Niccol in S1M0NE). Gondry vuole trasmettere allo spettatore la gioia del fare film per passione e non per contratto, una gioia che sempre meno traspare dalle immagini che inondano le sale oggi.

Un ritorno con la memoria ai tempi non lontani in cui per essere filmmakers bisognava sapere utilizzare le camere tradizionali, conoscere un codice di manualità ben preciso, e non solo i programmi di editing al computer e le camere HD. Non un film antitecnologico, in ogni caso, ma una ricerca (un invito?) dell’amore per il cinema anche in una realtà dominata da blue screen e algoritmi. Un ricerca forse senza speranza, come l’agrodolce finale sembrerebbe dimostrare, ma pur sempre una ricerca che vale la pena intraprendere.

Un film per ridere (e si ride tanto) ma anche per riflettere sul destino di un’arte, di un linguaggio, di un mondo artigianale che sta scomparendo (e se siete aspiranti filmmakers è una riflessione che non potete eludere).

Voto Mario: 8
Voto Gabriele: 8
Voto Simona: 8,5
Voto Carla: 8