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Far East Film Festival: notizie da Udine parte 8

Piange il cielo per l’approssimarsi della conclusione del decimo Far East Film Festival, piange letteralmente, regalandoci momenti di poetica surrealtà. Una persona entrata in sala alle 4 di pomeriggio sfoderando improperi ingiuriosi e fantasiosi, ne esce alle sette di sera infilandosi gli occhiali da sole e spalmandosi la cremina contro le scottature per ripararsi dal

26 Aprile 2008 12:40

Fine, Totally Fine poster Piange il cielo per l’approssimarsi della conclusione del decimo Far East Film Festival, piange letteralmente, regalandoci momenti di poetica surrealtà. Una persona entrata in sala alle 4 di pomeriggio sfoderando improperi ingiuriosi e fantasiosi, ne esce alle sette di sera infilandosi gli occhiali da sole e spalmandosi la cremina contro le scottature per ripararsi dal sole cocente. E peccato che marzo è passato da un pezzo, altrimenti vi delizierei con altre amene banalità.

Che dire, altra giornata in ufficio per il Festival di quest’anno che mantiene alto lo standard fino alla fine. Addirittura si arrischia, forse inconsapevolmente, più probabilmente per sistemare i film con registi ospiti a carico in prima serata, a programmare il film migliore della giornata alle nove del mattino. E meno male che un insider ha procurato la soffiata, altrimenti difficilmente ci si sarebbe alzati a quell’ora.

Fine, Totally Fine dell’esordiente (ancora?) giapponese Fujita Yosuke è semplicemente un capolavoro nel suo genere, una commedia perfetta, senza sbavatura né cali, e priva di discese nel banale o in toni eccessivamente enfatici. La storia dei sue amici d’infanzia Teruo e Hosanobu, l’uno l’opposto dell’altro, è una bomba che piazzata alle nove di mattino ha un che di terroristico perché laddove la mente è resa perfettamente vigile dalla bellezza stordente del film, il corpo percepisce ancora la pochezza delle ore di sonno. Nonostante i conflitti d’interesse endogeni, non si può che segnalare il film di Fujita come uno dei più riusciti dell’intero Festival.

1 An Empress And The Warriors poster Ieri si parlava di Ching Siu-tung: maestro delle coreografie nelle pellicole cappa e spada cinesi e negli hardboiled honkonghesi e regista del trittico A Chinese Ghost Story, il suo film (An Empress and the Warrior) è quanto di più classico possa esistere. Il tipico film da scatola chiusa, che basta pronunciare la parola wuxiapian per sapere cosa stai per vedere. Nemmeno per un secondo originale, il film è quantomeno godibile e svelto.

Ed eccoci allo scoglio insuperabile del Festival, il director’s cut
campione di incassi del film thailandese a sua volta campione di
incassi del ventisettenne Chookiat Sakweerakul Love of Siam, pistolotto adolescenziale impossibile da biasimere perché, al di là di tutti i difetti, non rinuncia all’onestà e alla trasparenza nei confronti dello spettatore. Tra le altre cose, senza nulla togliere al pubblico thailandese che ha premiato grandemente questa pellicola, non si è capito il motivo artistico della distribuzione della versione lunga del film, che non fa altro che annacquare una trama già di per sé stiracchiata e stracolma dei classici momenti “io ti guardo con occhi lucidi, tu mi guardi con occhi da cerbiatto.

Io regista monto per dodici volte il vostro campo e controcampo”. Detto questo, non c’è dubbio che il giovane regista sappia girare e che abbia diretto questo suo film con estrema passione; la pellicola, per l’appunto, ha forti problemi nella parte centrale che va dalla scena del bacio fra i due amici all’imbocco dell’ottimo, emozionante finale.

Gachi Boy, Wrestling With A Memory Gachi Boy, Wrestling With A Memory: arriva finalmente il film sul wrestling! Presentato fastidiosamente dal secondo regista di fila affermato in patria e sotto i trent’anni (sì, rosico), Koizumi Norihiro, il film racconta le peripezie di Iragashi, un bravissimo studente di giurisprudenza che vuole iscriversi al club universitario di wrestling. Il problema è che la memoria del ragazzo, in seguito a un incidente automobilistico, viene resettata alla fine di ogni giornata. Come ogni film sportivo che si rispetti ha il suo finale da grandeur, commovente e possibilmente avvincente. Come ogni film sportivo che si rispetti punta sull’enfasi e su alcuni banali cliché. Quello che, però, da una
marcia in più a questa pellicola, è il personaggio di Igarashi, dolente, profondo, quasi stolido nella sua testardaggine che non ha niente a che vedere con l’amnesia. I Detroit7, gruppo giappotamarro che si esibirà nella festa di chiusura del Festival e presente in sala, hanno pianto come bimbi, seguiti da molti altri astanti della platea, in piedi per tributare una standing ovation al regista.

Ritorniamo seduti perché c’è qualcosa che non va. Improvvisamente ci ritroviamo catapultati nel corto di Kitano inserito in Chacun son Cinema, in cui il proiezionista pasticcione Beat bruciava la pellicola di Kids Return. I proiezionisti pasticcioni di Udine hanno, invece, bruciacchiato la pellicola del film honkonghese Run Papa Run. Ma piano con le accuse, potrebbe benissimo essere stata colpa di una copia fallace della pellicola spedita al FEFF. Non lo sapremo mai. Quello che sappiamo è che ci siamo persi qualche fotogramma del film. E nessuno ne ha sentito la mancanza.

Mad Detective Grande festa, nonostante la programmazione nottambula, per l’arrivo dell’honkonghese più amato dai furlan, il buon Johnnie To. Accompagnato da telespalla Wa Ka-fai, il To ha riportato in Italia, dopo la presenza come film a sorpresa nel concorso ufficiale della scorsa Mostra del Cinema di Venezia, il suo brillante Mad Detective.

Domani, signori e signore, è il giorno della chiusura ufficiale. I vincitori dell’Audience Award verranno annunciati dopo la mezzanotte in seguito a un feroce conteggio dell’ultim’ora. Ricordiamo anche l’aggiunta, a partire da questa edizione, del premio conseguente alle votazioni speciali degli acrreditati Black Dragon, che sicuramante sarà un premio meno popolare e più critico. Sarà interessante analizzare le differenze fra i due. La festa appena cominciata è già finita, gli amici se ne vanno e noi ci si vede l’anno prossimo. Ciao a tutti.